Capitolo 15

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Sono sempre stata una perdente.
Fin dalla mia tenera età ho sempre perso e mai vinto.
E come tutti i bambini mi arrabbiavo e chiedevo il motivo di questa sfortuna.
Sapevo fin dall' inizio che se provavo a giocare a qualcosa o a fare delle scommesse avrei dal principio perso e fatto vincere il mio avversario.
Perché? Me lo chiedo ancora adesso.
Sembra quasi una sciocchezza, ma quando sai che tu sarai la prossima a giocare a palla avvelenata o a palla tabellone faresti bene a fare finta di stare male, se non vuoi finire ogni volta in infermeria.
Tutti a scuola mi prendevano in giro e nessuno mi voleva nelle squadre, tranne Abe.
Fu in quell'esatto momento che la conobbi.
Eravamo in seconda elementare e, lei, era quella che doveva comporre la squadra di pallavolo e visto che ero sempre emarginata dagli altri mi chiamò per prima dicendomi che non le importava se ero brava o meno.
Da quel momento non ci siamo più divise, fino a poco tempo fa dove nei bagni della Forbes è stata crudelmente uccisa.
Era speciale, sempre solare e mai arrabbiata.
Sapeva come aiutarti nelle difficoltà nonostante fosse solo una giovane ragazza. Uno degli episodi più divertenti è stato quando, con la cioccolata, abbiamo macchiato la moquette di sua madre.
E per colpa di entrambe siamo dovute rimanere per cinque ore a grattarla, nella speranza di riuscire a togliere la grossa macchia marrone.
Ricordare questi momenti mi rende consapevole di quanto sia stata importante nella mia vita.
Ed è per questo che mi odio.
Perché è stata solo colpa mia se è morta.
Al funerale di mio padre mi disse di non versare lacrime sulla sua tomba, poiché non è essa a farne la memoria.
Forse aveva ragione o magari no.
Ma di una cosa sono sicura, che Abe è stata come la luce in un mondo di oscurità.
E senza quella luce so per certo, che il mio mondo cadrà.




: "Una nuova mattina da affrontare.
Un nuovo giorno per cambiare" dissi prima di alzarmi e raccogliere la lettera che era stata appoggiata sul pavimento.
Ancora stanca e con la testa che pulsava, andai in bagno nella speranza di riuscire a fare una doccia.
Così presi l'accappatoio e le ciabatte.
Mentre mettevo il bagnoschiuma sul mio corpo, pensai alle ultime parole che aveva detto Chris.
Perché dovevo tenere nascosto quello che avevo fatto?
Alla fine la Direttrice mi voleva aiutare, allora perché nasconderle qualcosa?.
Ma come sempre, le risposte non arrivavano ed io continuai a lavarmi.
Stavo per prendere lo shampoo quando notai una cicatrice percorrermi il palmo sinistro.
La toccai, vedendo che i tanti piccoli segni sembravano formare una lettera.
Rimasi stupita, quasi ammaliata da questo strano segno così reale.
Sperai con tutta me stessa che quello che era successo il giorno precedente non mi procurasse nuovi problemi.
Anche perché di cose da risolvere erano molte e avere nuove complicazioni, non era proprio nei miei piani.
Magari era già stato tutto risolto, forse non era stata solo colpa mia eppure qualcosa mi diceva il contrario.
Dopo aver finito di lavarmi, presi dei vestiti dall' armadio per poi avvicinarmi, con ancora
addosso l'asciugamano sui capelli, alla scrivania.
Aprii la busta.
Era stata scritta a mano, con una penna nera e un foglio un po' ingiallito.

" Salve cara Arya;
Le ho scritto questo messaggio, perché vorrei riceverla nel mio studio.
Non allarmatevi, sarà una breve chiacchierata su quello che è successo ieri.
Verrà a chiamarvi Chris tra qualche ora.
Spero siate già sveglia e pronta.

La Direttrice."

Pure lei.
Dovevo aspettarmelo.
La Direttrice poteva sembrami maleducata, severa e senza cuore, ma era anche l'unica persona che mi conosceva così bene.
Sapeva tutto su di me, la mia famiglia, la mia infanzia, le persone che frequentavo e forse era anche per quel motivo che avevo paura di lei.
Il suo sguardo così privo di emozioni, la sua voce nervosa e dal tono alto mi rendevano ogni volta incapace di reagire.
Ecco perché preferivo starle lontana.
Immersa ancora nei miei pensieri dimenticai che ero ancora con in capelli umidi, con le ciabatte e l'accappatoio, così ritornai in bagno a finire la mia preparazione sperando, allo stesso tempo, che Chris non arrivasse.
Alla fine optai per una semplice gonna nera a vita alta e le abituali Converse bianche.
Dopodiché fonai i capelli, per poi fare una coda alta.
finalmente pronta, sentii bussare alla porta.
L'aprii : "Buongiorno"
: "Ciao Arya" disse inarcando un sopracciglio.
: "Ecco, ehm..." ero imbarazzata.
: "Ti senti meglio?" : "Sì, almeno credo..." gli risposi cercando di uscire dalla stanza.
Chris rimaneva fermo sulla soglia, non capivo che cosa volesse fare.
E fu solo dopo diversi secondi di silenzio, che disse : "Forse è meglio se ci avviassimo verso lo studio della Direttrice"
: "Credo sia meglio" risposi, continuando a trattenere lo sguardo fisso sui miei piedi.
Mentre camminavamo per i corridoi notai che i quadri erano stati cambiati, spostati.
Stavo riflettendo quando Chris iniziò a parlare con il suo solito tono : "Allora tra pochi minuti entrerai nell' ufficio della Direttrice e dovrai dire, senza mentire, quello che è accaduto ieri...ricordati quello che ti ho detto, perché se mostrerai anche solo un segno di debolezza continuerà fino a quando non avrà avuto le sue risposte"
: "Ma..."
: "Ci siamo intesi?" : "Sì, ma anche tu verrai sottoposto a delle domande?"
: " Probabilmente."
Salimmo due rampe di scale, svoltammo a destra per poi continuare a proseguire per altri quattro corridoi.
E solo dopo aver fatto quattro piani, fummo arrivati al suo studio.
Chris bussò alla porta una sola volta.
Successivamente al suo gesto, la sentimmo dire :"Avanti".
Così entrammo.
Senza farsi tradire della sue emozioni, posò lo sguardo su Chris e in seguito su di me.
Era seduta su una sedia girevole e una grande scrivania separava il mio corpo dal suo.
: "Chris tu aspetta fuori, mentre io parlo con la signorina".
Mi fece segno di sedermi su una delle due sedie presenti all' ingresso.
: "Immagino abbiate letto la lettera che le ho fatto mandare stamattina e quindi sapete di che cosa parleremo, giusto?"
: "Sì"
: "Eccellente"
Mi sembrava troppo gentile e calma per essere lei.
Cercavo in tutti i modi di indagare il suo sguardo, ma qualcosa mi diceva che non dovevo farlo.
: "Quello che è successo ieri è stato un pericolo per tutti, l'infermeria è stata tutta bruciata e i pazienti sono stati spostati in un'altra sede, quello che non mi torna è il fatto che non c'è niente che abbia potuto provocare un incendio così disastroso ".
Stavo andando già nel panico.
Per non farle vedere il mio nervosismo, smisi di toccarmi le mani e cominciai a parlare in modo coinciso e serio.
: "Non starete pensando che sia stata io"
: " Niente è escluso" si era alzata in piedi e lentamente si stava avvicinando a me.
: "Io non potrei mai causare un incendio" dissi stupita.
Mi aveva preso il mento con il pollice e l'indice e con una espressione seria mi disse, fissandomi negli occhi : "Perché non mi dice la verità? Sappiamo entrambe che chi ha causato l'incendio siete stata voi"
Stavo per confermare, quando ricordai le parole di Chris: non dire a nessuno che cosa hai fatto...nemmeno alla Direttrice, perché questo va oltre alle sue conoscenze.
: "Le ho detto che non ho causato io l'incendio"
: "E allora chi l'ha spento?"
Stavo tremando e sentivo gocce fredde scendere dalla mia fronte.
: "Perché me lo chiedete?" : "Perché io so che cosa avete fatto anche se lo volete nascondere, Chris pensa di avere la situazione in pugno, ma si sbaglia"
E in quello stesso istante vidi per pochi secondi le pupille della Direttrice cambiare.
: "E voi? Credete che minacciandomi avrete delle risposte?"
: "Se non adesso tra un po'. Arya non mettetevi contro di me"
: "Altrimenti?" : "Non sfidatemi se tenete a voi stessa, è un consiglio" mi disse prima di risiedersi sulla sedia girevole.
: "Avete finito?" : "Potete andare" rispose mostrando un lieve sorriso.
Mi alzai e frastornata uscii dalla stanza.
Mi girava la testa e sentire le sue domande accusatorie rendevano la verità ancora più difficile da mantenere.
: "Sei stata brava" mi sussurrò Chris vicino all'orecchio.
Mi toccò la mano sinistra per poi entrare, a sua volta, in quell' ufficio.
Restai fuori dalla porta ad aspettarlo.
Udivo alcuni pezzi di dialoghi, la Direttrice sembrava molto più calma, cordiale ed io sapevo che stava solo cercando di estorcergli la verità.
Fu solo dopo alcuni minuti di silenzio che sentii Chris alzare la voce.
: "Ho fatto quello che mi avete chiesto! E adesso cosa volete?"
: "Il Legame, entrambi avete il Legame".
Che cosa significava?.
Perché stavano litigando? Che cosa ero io?
: "Impossibile!"
: "Chris se mi deludete un' altra volta..." ma poi tutto d' un tratto non udii più niente, a parte le lancette dell' orologio di fronte a me.
Mi sentivo umiliata, presa in giro dalle uniche persone che conoscevo in questo stupido Istituto.
Volevo andarmene e non tornare mai più, ma sapevo che mi era impossibile.
La Direttrice mi odiava, voleva distruggermi mentre Chris sembrava volermi proteggere da qualcosa che non ne ero a conoscenza.
Il loro discorso era senza senso, la verità stessa appariva come una bugia.
Ed era forse per quel motivo che non dovevo credere a nessuno.
La mia vita era cambiata e magari era per colpa di quel cambiamento.
Volevo rompere tutto e concludere la mia esistenza in questo posto maledetto.
Ma sapevo che mi era impossibile.
La morte mi era nemica.
La vita mi era avversaria.
Ed io sola in questa interminabile storia.
Ormai sicura che la loro discussione sarebbe andata avanti ancora per un po', decisi di uscire e andare nell' unico posto che sapevo mi avrebbe aiutata.
Così corsi, corsi fino a quando i miei piedi non furono esausti.
A quel punto mi trovai di fronte al giardino.
Non mi interessava se c'erano centinaia di ragazzi che mi osservavano o se qualcuno stava facendo riferimenti a quello che era successo in infermeria.
Poiché il mio obbiettivo era un altro.
Ecco perché quando lo vidi, ci andai.
Il Salice piangente sembrava osservarmi, come se anch'egli fosse vivo.
Entrando, sfiorai con le spalle le foglie cadenti mentre con gli occhi vidi che vi era qualcun' altro.
: " Che cosa ci fai qui!? Questo è il mio posto e ti ringrazierei se te ne andassi" dissi, quando lo vidi girarsi nella mia direzione.
: "E tu saresti?"
Aveva i capelli biondi, occhi verdi smeraldo e la pelle pallida.
: "ah ah spiritoso, adesso però vattene"
: " Da quando questo "è il tuo posto"?" mi chiese inarcando un sopracciglio e sorridendo.
: " Da...da quando sono arrivata qui...e...il tuo sorriso non mi impedirà di riprendermelo"
: "Il mio sorriso, io cercavo solamente di capire come mai una ragazza come te è così arrabbiata e isterica" disse ridendo.
: "Beh non sono fatti tuoi, però adesso levati" gli risposi.
: "Io non mi sposto, non vedo scritto il tuo nome"
: "Sai non sei per niente simpatico, anzi..." : "Guarda che non volevo sembrare simpatico" disse prima di alzarsi e avvicinarsi sempre di più a me.
Era altissimo e vicino a lui sembravo veramente bassa.
Indossava dei jeans bianchi, una polo bianca con il bordo del collo azzurro e un paio di mocassini.
: "Drake"
: "Scusa?" :"Mi chiamo Drake, tu invece?"
: "Ma sei sordo?"
: "Julia, Hannah, Sarah?" : "Arya" risposi seccata.
Sembrava non volermi ascoltare, così smisi di parlare.
Andai a sedermi sulla panchina dietro di lui.
Si girò per poi osservarmi con uno sguardo strano.
Dopo diversi minuti di silenzio, capii che rispondere acidamente a una persona non era stato uno dei miglior modi per fare amicizia con qualcuno.
: " Scusami se ti ho aggredito verbalmente è solo che oggi non è il miglior giorno di sempre"
: "Non ti preoccupare, a tutti capita di avere la luna girata"
Sorrisi e anche lui ricambiò.
: " Di che anno sei, voglio intendere, che corso frequenti?"
: "Sono appena arrivata e dovrei ancora iniziare,tu?"
: "Quello base... non sono uno studioso".
Ridemmo.
: "Ti è ritornato il sorriso!".
Diventai quasi paonazza da quella affermazione.
: " Quanti anni hai?"
: "Sedici"
:"Diciotto fra una settimana".
: "Rispondi anche senza domande, vedo" gli dissi sorridendo
Aveva un accento diverso da quello inglese.
Inizialmente non riuscivo a distinguerlo, ma poi, dopo svariati tentativi di riconoscerlo, arrivai al punto di intuire che arrivasse dal Canada.
: "Vieni dal Canada?"
: "Sì, come hai fatto a saperlo?" mi domandò stupito.
: "L'accento" sorrisi.
: " Tu invece..."
: " Dai è semplice...".
Stava ancora meditando.
: "Ti do un indizio... abitavo in un quartiere molto conosciuto..."
: " Ehm..."
: "Secondo indizio, c'è anche un' università... sempre molto famosa in tutto ilmondo..."
: "Oxford?"
: "Esatto...signor Drake visto la vostra lunga riflessione le do una F-''.
E dopo questa affermazione esplodemmo in una lunga ed interminabile risata.
Mi sembrava strano aver fatto amicizia al di fuori di me stessa..
Era iniziata con una litigata per poi finire con tante risate.
Era incredibilmente bello e diverso dagli altri.
: "Quindi spero di incontrarti domani a lezione" mi disse prima di alzarsi e andare via.
Ci salutammo, notando che tutti gli studenti che erano fino a pochi minuti fa sul prato, non c'erano più.
In pochi secondi il giardino era diventato deserto ed io era l'unica persona presente.
Pensai che tra poco sarebbe arrivato Chris, anche se con il passare del tempo mi resi conto che non sarebbe venuto.
Volevo scomparire, andare via e ritornare dalla mia famiglia.
Mi mancava un casino e non vedere mia madre, Eaten e Giulia mi faceva sentire ancora più sola.
Dicevano che non dovevo preoccuparmi per loro, che erano al sicuro.
Chris cercava di spiegarmi che non li era successo niente, che ero io l'unica in pericolo.
In un certo senso volevo credergli, anche se sapevo che non l'avrei mai fatto.
Alcune mi sembrava che ci fossimo già incontrati, come se la nostra pelle si fosse già toccata e le nostre labbra baciate.
Cambiava il mio modo di percepire le cose.
Portava il mio essere a uno stato superiore a quello che normalmente siamo abituati ad avere.
Era in qualche modo il mio mentore.
E stavo comprendendo che di lui mi potevo fidare, che potevo dargli accesso al mio cuore.
Ma qualcosa mi vietava di farlo.
Forse la mia anima.
Forse il mio passato.

L' ultimo Respiro  {Breathed} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora