Chapter ten

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Daniel

Era da tempo che non le parlavo, da quella telefonata. Lila mi aveva raccontato del concorso che stava facendo in Spagna, con la possibilità di vincere una borsa di studio a Boston. Da come la sua migliore amica ne parlava sembrava si fosse appassionata alla fotografia davvero moltissimo negli ultimi tempi.

Ero felice per lei e per l'opportunità che le era stata data, speravo vincesse, o almeno questo era quello che diceva il mio cervello. Il mio cuore sperava che non ce la facesse e che tornasse da me. Più volte avevo provato a farlo ragionare, ma non c'era stato verso. Era una cosa davvero inutile sperare che tornasse a New York, ed era brutto da parte mia anche solo pensare che perdesse un'occasione del genere.

Mi alzai dal letto con un fastidioso mal di testa, dirigendomi al piano di sotto imponendomi di non pensare più a lei almeno per dieci minuti di seguito. Ma ormai non c'era nulla da fare, era diventato il mio primo pensiero la mattina e l'ultimo la sera, occupava i miei sogni la notte.

Quando arrivai in cucina trovai mia madre che preparava la colazione con un sorriso a trentadue denti stampato in volto e mio padre nascosto dietro il suo enorme quotidiano.

"Buongiorno" salutai con la voce impastata dal sonno, crollando sulla sedia della cucina.

"Ciao tesoro" disse mia madre con un tono allegro, troppo forse.

"Daniel" rispose mio padre, immerso nella lettura delle notizie.

"Come mai tutta questa allegria?" chiesi piatto a mia madre portandomi una forchettata di uova strapazzate alla bocca, mentre lei riponeva la padella nel lavello canticchiando.

"Oh nulla" disse civettuola, continuando il suo lavoro. Alzai le spalle poco curante e finii di mangiare nel silenzio più assoluto, spezzato solo dal canticchiare di mia madre.

"Torno di sopra" mi alzai da tavola, andando verso la mia camera da letto. Oggi era sabato, ma il coach aveva comunque convocato la squadra per un allenamento mattutino.

Preparai il borsone, buttandoci dentro la divisa e le scarpe svogliatamente, mi cambiai e lavai ed infine uscii di casa, avvisando che sarei stato a scuola per le prossime ore.

Mentre camminavo non potei tenere a bada i miei pensieri, che ovviamente andarono dritti a lei. Mi chiedevo cosa stesse fotografando di bello, cosa avesse mangiato per colazione, com'erano i suoi amici, se stesse provando a vincere il concorso.

Derek mi aspettava davanti al campo da calcio, già in divisa.

"Sei in ritardo come sempre" si lamentò non appena gli arrivai vicino.

"E tu sei il solito scassa palle" dissi mentre mi dirigevo allo spogliatoio. Infilai la divisa il più veloce possibile tra le lamentele del mio amico e quelle del coach. Non avevo proprio la testa per giocare.

Mentre correvo in compagnia di Derek e del resto della squadra intorno al capo come allenamento, mi sentii chiamare dalla possente e severa voce del coach. Sbuffai rumorosamente fermandomi e lasciando passare avanti gli altri, per poi girarmi e dirigermi verso di lui.

"Jefferson ha intenzione di impegnarsi? Le ricordo che ha fatto domanda ad una delle università con indirizzo sportivo fra le migliori" mi rimproverò non appena lo raggiunsi. "Inoltre siamo vicini alla fine del campionato ed è come se ci fosse un bamboccio inanimato in campo al posto suo!" mi sbraitò contro infine. Se questa era psicologia inversa nel tentativo di motivarmi, beh, ha fallito miseramente.

"Lo so coach" sbuffai. Mi rendevo conto che non ero nelle condizioni di potergli sbuffare in faccia, ma ormai era tardi.

A quel punto si strofinò gli occhi con una mano e sospirò arreso.

"Senta Jefferson" cominciò serio. "Se mi fa il piacere di tirare fuori il capitano che la squadra aveva eletto a voto unanime a inizio anno le sarei grato" fece una pausa, guardando i ragazzi dietro di me che avevano continuato l'allenamento. "Loro credono in lei" disse infine, sorpassandomi e attirando l'attenzione della squadra con un fischio.

Mi fermai un attimo a pensare. Era l'ultimo anno nella squadra, l'ultimo anno di liceo e l'unica cosa che riuscisse a distrarmi dal pensiero fisso che occupava la mia mente ogni giorno tutti i giorni. Dopotutto Vis sta cercando di vincere il concorso per ciò che le piace fare- pensai. E con questo in mente decisi che forse era il caso di tornare ad impegnarsi.


Angolo autrice
HEYLA! Okay, non sono riuscita ad aggiornare sabato, btw eccovi qui un capitolo dal pov di Daniel, era da un po' che non ce ne era uno eh? Spero non abbia deluso le vostre aspettative e vi sia piaciuto.
Cactus a tutti

-e

close as strangers [sequel of burn it down]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora