Chapter two

2.8K 185 80
                                    

Daniel

Dire che ero al settimo cielo era un eufemismo. Quando me ne andai dal parco, camminai saltellando con un sorriso ebete stampato in faccia fino a casa. Non c'era più bisogno di nascondersi e non vedevo l'ora di poterle parlare a scuola il giorno successivo.

Quella mattina ero palesemente distratto, Derek continuava a blaterare riguardo Lila, ma io non lo ascoltavo. Non mi importava granché. Una cosa orribile da dire se si parla del proprio migliore amico, ma dovevo ammetterlo, il mio cervello era sul pianeta Vis e non aveva intenzione di tornarmi in testa.

"Ed è per questo che le devo parlare" concluse il moro al mio fianco. Annuii distrattamente, mugugnando in assenso, cercando i suoi capelli castani in mezzo alla folla di studenti.

"Amico ma mi stai ascoltando?" ripeté scocciato.

"Mh mh" mugugnai ancora, sistemandomi lo zaino sulla spalla.

"Quella lì ti ha fottuto il cervello" affermò ridendo.

"Oh andiamo, è da stamattina che parli di Lila senza freno. Datti un contegno, fratello" dissi ironico battendogli una mano sulla spalla. Scoppiammo a ridere, proprio quando la chioma corvina della protagonista della nostra chiacchierata ci si parò davanti. 

Ci guardò dritti negli occhi, poi riprese a correre verso la classe in cui aveva la prima lezione. 

"Non mi vuole parlare. Perfetto" annunciò sconsolato il mio migliore amico.

"Magari non è giornata, lascia che passi qualche ora e parlale a pranzo" gli consigliai.

"Giusto" rispose annuendo. Io invece mi chiesi perché Vis non fosse con lei.
La campanella interruppe i miei pensieri, dovetti salutare frettolosamente Derek e correre verso la mia classe.

Per il resto della giornata continuammo a incrociare Lila per i corridoi, a pranzo si era rifiutata di parlare con il moro. Notai che era davvero giù di morale, anche se cercava di non darlo a vedere. Mi chiesi più di una volta per quale motivo, anche se non ebbi molte occasioni di chiederglielo.

Vis non venne a scuola neanche il giorno dopo, e neanche quello dopo ancora. Ormai era passata una settimana e non si era ancora fatta vedere in giro. Iniziavo a preoccuparmi su cosa potesse esserle successo; mi ripetei più volte che magari non si sentiva bene o che aveva prolungato le vacanze. Nessuna delle ipotesi che però creavo per poter mettere a freno la mia preoccupazione sembrava convincermi.

Iniziai ad andare in ansia ogni volta che, sullo scuolabus, mi giravo per guardare il posto che dall'inizio del liceo occupava ogni singolo giorno e lo trovavo vuoto; ogni volta che vedevo girare come un'anima in pena la sua migliore amica per i corridoi della suola; ogni volta che non la vedevo a ricreazione intenta a svuotare le macchinette e quando ogni giovedì, per due ore consecutive, il suo banco nell'aula di storia era vuoto o occupato da qualcuno che non fosse lei. 

Entrai in paranoia, chiedendomi cosa le fosse successo di tanto terribile per saltare un mese di scuola. Mi immaginai le cose peggiori che un adolescente innamorato potesse immaginarsi non vedendo la sua cotta girare per scuola e non avendo sue notizie. Passavo alcune notti insonni, altre facendo tremendi incubi. Non avevo trovato la forza di chiedere in giro sue notizie, mi ero direttamente scavato la fossa pensando al peggio. 

Dopo un mese e una settimana di pura sofferenza, decisi che dovevo chiedere a Lila dove diamine era andata a cacciarsi la sua migliore amica, perché se non avessi avuto una risposta sarei sicuramente impazzito.

Forse la scuola non era il luogo adatto per chiederglielo, in più dovevo accumulare coraggio, anche sapevo il motivo di tanta insicurezza, data la determinazione con cui bramavo una risposta.

"Ce la puoi fare amico" mi assicurò Derek "Non è più così intrattabile come a inizio semestre" disse riferendosi a Lila. Per un intero mese aveva rifiutato qualsiasi contatto con il mondo esterno, chiudendosi in se stessa e buttandosi a capofitto nello studio. Il moro era riuscito a parlarle solo agli inizi di febbraio, riferendomi che era semplicemente molto triste e che non voleva parlare con nessuno. 

Per tutto il giorno mi ripetei che ero pronto a chiederle dove era finita Vis, capendo finalmente perché ero tanto spaventato di domandarlo; avevo paura della risposta. Dopo più di un mese passato a ripetermi che non poteva essere morta, sicuramente i giornali ne avrebbero parlato, mi aspettavo solo il peggio. 

Quando anche l'ultima campanella suonò, schizzai fuori dall'aula e mi lanciai all'inseguimento di Lila. Sfortunatamente lei era stata più veloce di me.

Chiesi a Derek dove abitava e mi ci feci accompagnare.

Attraversai lentamente il vialetto, salii uno per volta i gradini che portavano alla veranda e suonai il campanello avvicinando la mano ad esso con la velocità di una lumaca. 

Ad aprirmi fu una domestica in tenuta di servizio, una donna sulla cinquantina passata, con i capelli grigiastri.

"Desidera?" chiese con un sorriso stampato in faccia.

"Salve, sono un amico di Lila, vorrei parlarle" risposi restando il più calmo possibile, stringendomi nel mio cappotto.

"Ma certo, è nella sua stanza, al piano di sopra. Prima porta a destra" disse spostandosi dalla soglia per farmi passare.

"Grazie" le sorrisi riconoscente e salii le scale due gradini per volta. Mi ritrovai davanti ad una porta bianca con sopra una L in nero. Doveva essere quella. Bussai.

"Avanti" la risposta arrivò quasi subito. Aprii la porta e sbirciai dentro, trovandoci Lila intenta a scrivere qualcosa alla scrivania, probabilmente compiti. Si girò verso di me e mi fece cenno di entrare nella sua stanza. Mi raggiunse; avvicinandosi mi scrutò attentamente, ricordandomi Vis la prima volta che mi vide. Il suo ricordo mi provocò una piccola fitta al cuore.

"Sei Daniel giusto?" chiese davanti a me, incrociando le braccia.

"Già" risposi ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Mi aspettavo una tua visita prima o poi. Non mi aspettavo ci mettessi tanto" si girò andandosi a sedere sul letto. Io rimasi impalato dov'ero.

"So cosa vuoi chiedermi" riprese dopo qualche momento di silenzio, con la voce carica di tristezza. Feci un passo avanti, avvicinandomi al letto, e notai che i suoi occhi azzurri si erano velati di uno strato di lacrime. La risposta non mi piacerà, pensai.

"Lei è..." inspirò profondamente, mentre espirava finì la frase con una semplice parola. "Partita" chiuse per un attimo gli occhi e ripeté, gliene fui grato perché speravo con tutto il cuore che si fosse sbagliata.

"Lei è partita e non tornerà" disse ancora. Avevo capito bene. Sentii qualcosa dentro spezzarsi, non ci potevo credere.

"Cosa?" chiesi con voce più acuta del dovuto.

Lei annuì semplicemente, confermando quello che aveva detto. 

"Grazie" sussurrai. Mi sorrise debolmente, cercai di ricambiare, ma non ci riuscivo. 

Uscii da quella casa a pezzi, iniziai a camminare senza una meta precisa. Il vento freddo e pungente mi colpiva la faccia, così mi nascosi dietro la sciarpa di lana avvolta al mio collo.

Lei è partita e non tornerà. 
Quelle parole continuavano a frullarmi in testa e non sapevo come farle uscire. 

Mi lasciai cadere su una panchina, realizzando di avere le gambe in fiamme. Chiusi gli occhi ed inspirai l'aria fredda. Lei è partita. Espirai. E non tornerà.

Angolo autrice

Mah god, burn it down è a più di novemila visualizzazioni, non ci credo. Seriamente, siete fantastici.

Questo è il primo capitolo in assoluto dal punto di vista di Daniel, vi piace? Spero di si

Alla prossima

-e


close as strangers [sequel of burn it down]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora