Il bambino che imparò a colorare il buio

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A Liam e a Zayn, grazie.

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"La nostra felicità dipende in gran parte dalla visione che abbiamo di noi stessi e del mondo che ci circonda."

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Tornare alla vita di tutti i giorni dopo aver passato una sera in compagnia della famiglia Payne è complicato. Non avrei mai pensato di legarmi così tanto a qualcuno in un tempo così breve eppure dopo la conversazione con Liam sul suo passato, una volta tornati in mezzo agli altri, è stato come vivere per la prima volta la sensazione di appartenere a qualcuno. Magari per come sono abituato io non riuscirei a condividere tutto come fanno tra di loro eppure c'è un calore tra le mura di quella casa che pensavo non esistesse. Quando Karen prima di andare via mi ha stretto in un abbraccio materno ho ricambiato con la stessa intensità promettendole di farle visita di nuovo appena possibile. E non mentivo quando le ho detto che farò il possibile per tornare.

La famiglia è uno dei valori che una persona non dovrebbe mai perdere, non c'è uno stampino predefinito, si litiga e si fa pace come in tutti gli altri rapporti ma quello che non dovrebbe mai mancare è quell'affetto genuino che ti fa sentire amato.

Purtroppo le mie sono solo belle parole, mi piacerebbe che fosse così per tutti ma ci sono tante persone nel mondo che vivono tutto in modo decisamente diverso. Chiudo gli occhi e lascio che il leggero venticello agiti l'amaca del mio giardino e mi culli avanti e indietro. Gioco con i jeans strappati e controllo ogni tanto il cellulare in attesa di un nuovo messaggio. E' venerdì mattina, c'è il sole e mi manca Liam.

Il locale è chiuso ma domani devo lavorare e la voglia di farlo è decisamente minima, vorrei passare le ore a guardare il mio bel dottore, magari baciarlo e oltrepassare quel limite che ci siamo imposti senza un apparente motivo.

Mi fa bene stargli accanto, frequentare i posti che frequenta lui e passare le giornate a casa sua, con il suo profumo. Fa stare bene il mio corpo e fa stare bene la mia mente.

In questi giorni ho scritto tanto, ho buttato giù una trama per il romanzo, ho strutturato i primi capitoli e ho girato per le strade di New York attraverso il mio computer per farmi un'idea ben precisa dei luoghi che dovrò descrivere.

Sento qualcosa di strano nel petto quando penso alla mia storia e se penso a come velocemente ho aggiunto dettagli mi viene da ridere, alcune volte una cosa ci sembra così difficile da affrontare che finiamo per accantonarla poi invece basta parlare con le persone giuste e sembra che tutto cambi prospettiva.

Ho immaginato il personaggio che incarna Liam, quello che però porta il mio nome nella stesura, come un ragazzo coinvolto nella malavita del Bronx... idea nata per caso da una battuta sciocca di Niall al nostro rientro da Londra: "Ci eravate mancati, siete fuggiti senza dire niente, guardate che noi siamo un piccolo clan dove tutti devono sapere tutto."

Lì su due piedi abbiamo riso, con Harry che rideva insieme a noi e Louis che ci lanciava patatine addosso ripetendo "Spero abbiate soddisfatto i vostri bisogni fisici perché non ne posso più di trovarvi avvinghiati in ufficio" e "Sono serio", poi però quell'idea si è annidata nella mia mente per tutto il resto della serata fino a quando ho deciso di darle ascolto.

E' una casualità se mi sono ritrovato a fare ricerche sui clan esistenti la notte stessa, dopo aver salutato Liam con un bacio che non mi andava proprio di finire. Ho visto nei suoi occhi la voglia di chiedermi di andare con lui ma non potevo, dovevo dare spazio alla mia fantasia o tutto sarebbe svanito di colpo.

Il cellulare vibra sullo sterno e mi affretto a sbloccare lo schermo: "Come procede la giornata mio piccolo artista?"

Sorrido nel leggere il modo in cui mi ha chiamato e digito subito una risposta: "Sono sulla mia amaca, tu quando smetti di visitare persone e esci a goderti questa giornata di sole?"

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