Capitolo 15. "Reasons to stay, reasons to go."

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Capitolo 15.


Giorno 6016.


Il dolore alle tempie quando mi sveglio è così forte da annebbiare il resto dei miei pensieri. Capisco di non essere più nel mio corpo e tento un accesso nella persona in cui mi trovo, ma vengo ricompensata con una potente sensazione di nausea che s'irradia dappertutto.

Lo stomaco mi si stringe dolorosamente e sento il bisogno urgente di vomitare.

Provo ad aprire gli occhi, ma sono troppo debole e la luce proveniente dall'esterno mi rende cieca per diversi secondi.

La mente della persona in cui mi trovo è completamente buia, gli spiragli di luce non riescono a penetrare per il momento, così cerco di far subentrare la mia, ma è un compito difficile e non ho la concentrazione necessaria per riuscirci con efficacia.


In qualche modo alla fine riesco a schiarire un po' quelle tenebre, ma non appena lo faccio l'istinto di correre in bagno è più forte di ogni altro dolore che pervade il mio corpo. Non il mio... ma non sono ancora abituata a pensarla in questo modo. Oggi è questo il mio corpo, e la mia missione è riuscire a portarlo integro fino al termine della giornata, poi non sarà più un mio problema.


Una volta in bagno riverso tutto ciò che c'è nel mio stomaco, e non sembra esserci molto. Il bruciore alla gola è quasi insopportabile. La sensazione di voler vomitare ancora e ancora è presente, come se non avessi già buttato via tutto. La sopprimo in qualche modo e mi rimetto in piedi. Barcollo un paio di volte ma al terzo tentativo ci riesco.


Vado al lavandino, di fronte allo specchio, non ho intenzione di guardarmi in queste condizioni. Mi sciacquo il viso con l'acqua ghiacciata e questo mi aiuta un po' a riprendermi. Il martellio alle tempie è ancora presente ma più lieve. So che mangiare qualcosa mi aiuterebbe, ma il solo pensiero di dover ingerire del cibo fa riapparire la sensazione di nausea.


Chi sono? Quanto accidenti deve aver bevuto questa persona ieri per ridursi in queste condizioni?


Tre colpi alla porta della mia stanza mi fanno sobbalzare.


<< RACHEL >> una voce, che suppongo essere quella di mia madre, mi chiama.


Rachel. D'accordo. Oggi sono Rachel. Questo è già più di quanto io sia riuscita a racimolare nell'ultima manciata di minuti.


Per quale motivo ti sei ridotta così Rachel?


Ho l'impressione che Rachel non possa darmi una risposta oggi.


Atri colpi, questa volta con più insistenza.


<< Rachel vuoi alzarti? >> non è una vera domanda, è più un ordine.


Mi avvio verso la porta e con un cigolio la apro. Mi madre è lì con le braccia incrociate al petto e un'espressione severa dipinta in volto.


<< S-sono sveglia >> la mia voce è roca e il solo parlare fa ripartire il bruciore alla gola.

<< Beh finalmente, non pensare di cavartela in questo modo. Ti do cinque minuti, poi devi scendere in cucina, io e tuo padre vorremmo parlarti >>.

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