Quelle pareti dorate gli erano ormai diventate famigliari, in qualche modo lo proteggevano da quello che stava succedendo fuori. Pazzia. John era ancora confuso dai pensieri che prima gli avevano sconvolto la mente: davvero era solo questo che gli uomini desiderano? Aveva visto i loro sguardi vuoti, gli occhi senza sentimento, la vita solo come strumento. La donna al contrario era piuttosto tranquilla; era appoggiata compostamente a un angolo dell'ascensore, mettendo in evidenza il fianco prosperoso e con la mano sinistra si stava massaggiando distrattamente il seno. John la fissò per qualche istante, almeno fino a che le porte dell'ascensore si aprirono scorrendo silenziosamente sui loro binari.
Il piano era completamente deserto, tutti gli ospiti erano chiusi nelle loro camere. In fondo a un corridoio piuttosto lungo c'era un portone in legno massiccio, che incuriosì molto John. Natasha, dopo essersi ricomposta, si tolse le scarpe e si avviò cin passo deciso nel corridoio. L'uomo rimase piuttosto confuso e stette a lungo a guardarla raggiungere il portone in fondo al corridoio, girarsi e guardarlo fisso come se lo stesse aspettando. John si tolse le scarpe e appoggiò i piedi nudi sulla moquette rossa, che era estremamente morbida, e lentamente mosse qualche passo in direzione della donna; solo allora si accorse che le pareti delle camere erano completamente trasparenti e dentro di esse, uomini e donne nudi che si baciavano con trasporto. John si sentì in imbarazzo nello spiarli in quel modo, ma quando si accorsero di lui, questi uscirono dalle camere e, vedendolo camminare, gli si avvicinarono, gli accarezzarono le braccia e il viso, sorridendo. In un attimo da tutte le stanze uscirono persone che gli andavano incontro per toccarlo, senza mai ostruirgli il passaggio. John notò che le pareti delle camere, all'inizio completamente trasparenti, si stavano scurendo lentamente, come vetro bruciato, fino ad arrivare a un nero vetroso in fondo alla sala. Da una di quelle porte uscì una donna bellissima, indossava un kimono lungo fino alle caviglie e uno chignon spettinato, che lo guardò a lungo senza mai avvicinarsi o toccarlo come gli altri.
Quando John giunse davanti al portone in legno massello, Natasha aprì le due porte, svelando un'ampia sala circolare, che assomigliava per certi versi a un antico teatro romano. Dalla parte opposta all'entrata c'era un trono di velluto rosso sul quale giaceva una prosperosa donna dai capelli castani; mangiava dell'uva rossa sangue da un piattino d'oro che le veniva offerto da un ragazzo muscoloso. Tutte le persone che aveva prima incontrato lungo il corridoio, ora, chi tenendosi per mano, chi abbracciati, si incamminavano oltre quella soglia, ridendo e conversando amabilmente. Si fermarono in centro alla sala, in uno spazio sotto elevato con attorno numerosi cuscini colorati e dei puff. La donna sul trono li guardò tutti, scorrendo con uno sguardo indifferente su tutti loro; poi si alzò in piedi e fece scivolare sul suo corpo la tunica che aveva addosso, rimanendo completamente nuda. John rimase attratto dal seno della donna, era enorme mentre i suoi capezzoli turgidi erano piccoli e lucidi. Dopo quell'atto tutte le persone iniziarono a baciare il vicino, fino a iniziare la più grande orgia che John avesse mai visto. L'uomo era rimasto ancora sulla soglia e Natasha gli sussurrò all'orecchio 'Soddisfali' e lanciò un'ultima occhiata alla massa di carne che si muoveva a ritmo di una danza tribale antica millenni, il suono della passione e dell'istinto umano che risuona nelle viscere e che in quegli atti prendeva corpo. Dopo di che se ne andò verso l'ascensore e sparì dietro le porte dorate. John rimase ammaliato dalla vista che gli si parava davanti e si girò un'ultima volta verso il corridoio ormai deserto, o quasi. La donna con il kimono era ancora in piedi a guardarlo fisso; appena si accorse che John la stava guardando gli sorrise misteriosa e appena prima di rientrare nella sua camera nera come la pece disse all'uomo stranito ed eccitato che aveva davanti: "Buona fortuna".
John annuì e varcò la soglia.
Fece qualche passo all'interno della stanza e due donne si staccarono dalla massa per andargli incontro; lo baciarono e lo spogliarono, mentre John si abbandonava al piacere e all'eccitazione. Una prese in mano il suo sesso, ormai eretto, e con calma lo leccò e lo prese in bocca come il dolce più squisito, mentre la seconda donna lo baciava appassionatamente; le mani di John erano impegnate nella esplorazione del corpo delle donne; la sua mente invece vagava nell'oscurità di un oblio dolce. Lentamente John e le sue amanti divennero un tutt'uno con la massa e l'uomo si lasciò trascinare nella danza dai ritmi travolgenti, unendo anima e corpo nel piacere del momento, abnegandosi completamente. Il suo corpo venne poi sollevato e trascinato dalla massa al cospetto della donna sul trono, della regina.
La donna era talmente bella e fascinosa che John riuscì a stento a guardarla negli occhi. Quella, gli accarezzò la guancia e con uno sguardo lascivo squadrò il corpo di John, soffermandosi a lungo sul suo pene eretto; poi lo baciò appassionatamente e strinse nelle sue mani il sesso dell'uomo e lo massaggiò, lo accarezzò e infine lo prese dentro di lei, gemendo forte. John era estasiato dal suo abbraccio e le afferrò i fianchi, facendo in modo che lei si stringesse a lui con le cosce; le afferrò i capelli e la baciò con violenza, possedendola. Quando il vigore di John sciamò, la regina si allontanò da lui, ma lui la trattenne per un braccio. Voleva ancora i suoi abbracci e la sua pelle calda a contatto con la sua.
"Resta" le chiese con un filo di voce.
La regina scoppiò a ridere e, con uno strattone, si liberò dalla sua presa. Lo spinse leggermente verso la massa ondeggiante e si coprì la boca con il dorso di una mano, nascondendo una risata sarcastica.
"Non sei così importante, caro" disse infine tornandosi a sedere sul trono, dove tre pretendenti già la aspettavano.
John si sentì allora estremamente solo e disgustato da sé stesso; si allontanò velocemente dal centro della sala e spinse il portone di legno. Appena uscito si accasciò vicino al portone in legno, ancora nudo, sentendosi un verme, depredato della propria dignità di uomo da un peccato deprecabile. Dalla camera più mera della pece uscì la donna con il kimono, che aveva un mano una tazza di tè bollente che stava sorseggiando piano piano. L'uomo nudo non si preoccupò affatto della propria nudità di fronte a quella donna e continuò a fissare il vuoto di fronte a lui.
"Benvenuto all'inizio della fine" disse con noncuranza. Poi vide che l'uomo era ancora fermo lì e sospirò.
"Non ti disperare: ora sei triste, ma domani tornerai a fare ciò che hai fatto oggi. È così che si fa qui..."
La donna dal kimono colorato gli gettò addosso degli abiti puliti.
"Vai a dormire... Buonanotte"
John in realtà non aveva idea di dove avrebbe dormito. Si sentiva di nuovo come quando era arrivato per la prima volta in quell'hotel, sperduto e abbandonato da tutti. Fu allora che si ricordò di suo figlio e di quanto gli mancasse. Camminò lentamente lungo il corridoio, poi si ricordò che le sue scarpe erano ancora nell'ascensore e decise per qualche oscuro motivo di andarle a recuperare, per riprendersi almeno qualche cosa di quello che era prima.
Aprì le porte dell'ascensore e vi trovò le proprie scarpe con dentro una chiave con un portachiavi di velluto con sopra il numero 6. Ripercorse tutto il corridoio fino a trovare una stanzetta dal numero 6 inciso sulla porta. Aprì la porta e vi entrò. La stanza era arredata sobriamente, con pareti tinte pastello e mobili di legno molto pregiati ma nulla di sfarzoso. La normalità di quell'ambiente lo fece rilassare e si buttò tra le coperte e cadde in un sonno profondo.
Tutto cominciò da lì.
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Sin Hotel
FantasyQual è il nostro limite? In che modo si sfugge al peccato? Esso si infila tra gli abiti come un amante segreto e poi ti pugnala appena non stai guardando.