La medicina del cuore

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Alba guardò John a terra per qualche secondo, poi rivolse il suo sguardo verso l'uomo che era seduto su una poltroncina vicino a un tavolo da tè. I loro sguardi si incrociarono parlando, con una lingua che è andata in gran parte dispersa tra gli uomini, abituati a sentire il suono di tante voci e a perdere l'abitudine di ascoltare le anime che si celano dietro gli occhi; alla fine Alba chiuse la porta della sua stanza e sospirò. L'uomo si alzò dalla sua sedia, andandosi ad accovacciare vicino a John, ancora steso a terra e con dei gesti delicati slacciò il mantello dalle spalle dell'uomo a terra, ma quando tentò di sollevarlo per poggiarlo sul letto, il tessuto risultava talmente pesante che dopo qualche secondo l'uomo dovette lasciarlo ricadere a terra. Il tessuto dalle piume nere svolazzò nell'aria leggerissimo, come se fosse fatto di Nulla, fino a ricadere a terra: l'uomo in piedi lo guardò ricadere e si guardò le mani sconcertato.

"E' assurdo. E' pesantissimo eppure sembra leggero come un velo di seta" disse l'uomo rivolgendosi più a se stesso che alla donna che gli stava di fianco. Non riusciva a capire come un semplice vestito potesse pesare così tanto e soprattutto come John fosse riuscito a portarlo sulle spalle prima di cadere svenuto sul pavimento. L'uomo si sentì scuotere da Alba e si risvegliò dal suo torpore: scosse leggermente la testa e nascose le mani incrociando le braccia.

"Portiamolo in bagno a darsi una ripulita da tutto questo sangue" disse gentilmente la donna e poi si accovacciò su John per tirarlo su, subito aiutata dall'uomo.

Quei passi furono faticosi per l'uomo; gli ricordavano dei momenti che aveva sempre voluto dimenticare e giacevano sepolti nella folta selva dei suoi ricordi. Quei momenti in cui aveva dovuto trasportare una persona che aveva sempre amato e che però non amava sé stessa, tentando di salvare una vita che non aveva mai voluto essere vissuta, solo per tenersela stretta a sé, perché era un prezzo troppo alto da pagare, una pena troppo dura da scontare, vivere senza quella persona. Sua madre era comunque morta in quella notte tempestosa, la sua vita recisa come un fiore da quel male di vivere che l'aveva infettata molto tempo prima,un male che non le aveva mai impedito di volere bene ai suoi figli e di volere che fossero felici, solo sapeva che non avrebbe mai dovuto fare parte della loro vita, l'avrebbe rovinata, sgretolata come argilla secca e non voleva. Aveva deciso così di fare l'unica cosa che avrebbe potuto garantire ai suoi figli una vita migliore: eliminarsi. Non aveva mai considerato però che cosa pensassero i suoi figli della sua vita e di quello che loro provarono per lei: per questo motivo quel piccolo bambino di 11 anni la stava trascinando, con tutta la forza che aveva in corpo verso il bagno, per tentare di farla stare bene, così come lei aveva fatto tante volte per lui. Non sapeva ancora cosa volessero dire le parole vita, amore, dolore, immortalità, ma le stava sentendo tutte dentro di lui. Ma non era mai stato solo, sua sorella era sempre stata lì con lui: non l'aveva mai sentita piangere, aveva sempre pensato che lo avesse fatto da sola nella sua camera; era lì a trasportare la mamma, con la fatica dei suoi 13 anni, ma non aveva pianto; era stata forte per tutti e due. In quella camera d'albergo l'uomo rivisse quei momenti che aveva spesso cercato di rimuovere: i piedi nudi di quell'uomo che scivolavano sul parquet gli ricordavano i piedi di sua madre mentre strisciavano sulla moquette verso la vita, senza mai raggiungerla. Ma anche quella volta non era solo: sua sorella era sempre lì accanto a lui, che sosteneva quel corpo insieme a lui. La sua fronte era corrucciata nello sforzo e il vestito sfiorava il pavimento: non le era mai sembrata così bella.

"Grazie" mormorò l'uomo a denti stretti quando posarono John all'interno della vasca che era stata riempita d'acqua calda. Sua sorella si girò verso di lui e gli sorrise con il sorriso più dolce che avesse mai visto. La donna si alzò dal fianco dell'uomo nella vasca e fece qualche passo indietro e guardò suo fratello negli occhi come lo guardava da piccola. L'uomo sapeva che ora toccava a lui: prese una spugna e si avvicinò al corpo nella vasca; si sentiva lo sguardo di sua sorella che lo incoraggiava e piano piano, insieme alla pelle di John stava lavando via il senso di colpa per non aver salvato la vita alla persona che aveva amato così profondamente, salvando un'altra vita da una morte molto peggiore di quella del corpo, la perdita della propria umanità. Quella sera quei due erano di nuovo bambini, si guardavano negli occhi e perdonavano tutti i dispiaceri che avevano passato insieme quella vita, si guardavano davvero.

Stesero John sul letto di Alba, pulirono per terra, Alba fece un tè e si misero a berlo con calma, chiacchierando come non avevano mai fatto da un sacco di tempo e quando si fece veramente tardi e le palpebre stavano per chiudersi da soli, la donna salutò il suo fratellino minore, che era ritornato il bimbo di 11 anni, almeno per una notte, lo accompagnò fino alla sua stanza e si abbandonò per qualche secondo al suo abbraccio.

"Buonanotte sorellina" disse l'uomo.

"Buonanotte..." disse Alba, staccandosi dall'abbraccio e guardando il fratello negli occhi.

"André..."

L'uomo si girò, fermato con la mano sulla maniglia della porta e un piede già all'interno della sua stanza.

"Ci sarò sempre"

L'uomo le sorrise e sparì dentro la sua stanza.

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