Le volanti della polizia arrivarono verso la sera, illuminando il piccolo quartiere di periferia con le luci rosse e blu. Margot Smith era in cucina a lavare le ultime stoviglie usate quella sera, mentre la sua mente era completamente assorbita dalla lettera che giaceva ancora aperta sul tavolo di legno. Il suo ex marito non si era presentato all'ultima udienza dal giudice e anche il suo legale non riceveva più notizie da lui da quando aveva saputo che era stato licenziato dalla banca a causa di una drastica riduzione di fondi per il personale. A questo punto - pensò la donna- sarebbe anche inutile chiedere il mantenimento. Il moccioso mangia sempre di più e non so come possiamo vivere con il mio misero stipendio. Al piano di sopra, il piccolo Jonathan era avvolto nelle sue coperte e stava dormendo un sonno incerto, la testa poggiata sul cuscino ormai zuppo di lacrime e i segni anche troppo evidenti delle botte che sempre più spesso riceveva dalla mamma ogni volta che si arrabbiava. Suo padre se n'era andato troppo tempo prima per lasciare anche una minima speranza del suo ritorno, ma da qualche parte annidato nel cuore del bambino c'era il sentimento che qualcosa sarebbe cambiato in tutto quello. Per la stanchezza che tutto quel dolore gli aveva lasciato, non sentì bussare la porta, le voci concitate che ripetevano il suo nome spesso e con ansia. Il piccolo si risvegliò dal suo bozzolo di coperte solo quando sentì l'urlo della madre.
"No!No!"
Non si mosse: non corse giù dalle scale che lo separavano dal baccano per correre in soccorso a sua madre, rimase immobile tra le coperte, aspettando che tutto quello finisse e che suo padre lo venisse finalmente a prendere. Sentì dei passi salire le scale e fermarsi poi davanti alla sua porta, la porta aprirsi con un leggero cigolio. Era un respiro leggero quello che abitava nella persona sull'uscio della sua camera, molto diverso da quello che suo padre aveva di solito: erano respiri lunghi e calmi, ma in qualche modo faceva sempre un poco di rumore. Quella figura, ancora indefinita perché il bambino era girato verso il muro in modo che la porta gli stesse alle spalle, non accennava però ad avanzare nella stanza.
"Dov'è mio padre?" chiese allora lui, la voce al limite dell'incrinatura per il pianto.
"Non lo sappiamo, ma ci ha mandato lui qui. Vuole che ci prendiamo cura di te"
"Chi siete?"
"Siamo i servizi sociali... Ci prenderemo cura di te"
Jonathan rimase in completo silenzio. Le lenzuola, che erano il suo rifugio, erano diventate improvvisamente fredde e inospitali. Non sapeva che altro aggiungere all'uomo che aveva ormai passato la soglia della sua camera e stava avanzando a passi incerti: che cosa poteva dire che oltrepassasse il vuoto che aveva dentro? L'uomo gli pose una mano leggera sulla spalla, sfregando leggermente il pollice: quel piccolo gesto tranquillizzò molto il bambino, che rimase immobile, ma attento a quell'attenzione.
"Vieni con me?"
I due attraversarono la casa e il giardino mano nella mano, il bambino non si guardò mai indietro, neanche quando sentì la voce della madre chiamarlo ripetutamente. I lividi che gli costellavano il corpo erano perfettamente evidenti all'uomo, come alla polizia che teneva ferma la donna, ma l'assistente sociale finse di non accorgersene e non fissava affatto il corpo del bambino, quanto lo spazio avanti a sé; eppure lo trattava con una delicatezza tale che ogni persona intorno a loro era portata a credere che quel bambino fosse una preziosa gemma di cristallo. Seduti su una delle volanti della polizia, i due ancora si tenevano per mano e il bambino alla fine si poté rilassare. Con il rilassante suono delle gomme che battevano la strada, il bambino si fece accompagnare al sonno dalla voce dell'uomo.
"Tuo padre verrà un giorno a prenderti" disse sospirando "Ma adesso ci sono io con te"
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Sin Hotel
ФэнтезиQual è il nostro limite? In che modo si sfugge al peccato? Esso si infila tra gli abiti come un amante segreto e poi ti pugnala appena non stai guardando.