Colpevole

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Il letto era ricoperto di lenzuola rosa pallido di seta e raso, che si intrecciavano mollemente con i corpi nudi che vi giacevano sopra. John guardava a malapena di fronte a sé: due tondi e sodi seni ondeggiavano davanti ai suoi occhi, sfiorati talvolta dai capelli color mogano della giovane ragazza seduta sopra il suo sesso e talvolta dalle mani dell'uomo, eccitato, che stimolavano esperte i capezzoli turgidi, per farle poi scivolare sulla pelle liscia fino ad aggrapparsi con forza ai fianchi della ragazza che aveva sopra. Sentiva il suo membro dentro di lei, sentiva qualsiasi cosa, percepiva il contatto con la sua pelle e udiva i gemiti estasiati della ragazza. Era appagato e voleva che quel momento continuasse per sempre. Le gambe di John erano leggermente divaricate per accogliere meglio la ragazza su di sé, ma non ci mise molto ad usarle come leva per essere sopra di lei e possederla attraverso la sua virilità. Prese le cosce della ragazza e le sollevò leggermente, ponendovi sotto i propri ginocchi e trovandosi quindi in una posizione quasi seduta. Quella ragazza era completamente in suo potere. Nel frattempo quest'ultima si era sdraiata e aveva afferrato il cuscino con le braccia sollevate e inarcando leggermente la schiena.

"Non... smettere, ti prego..." disse con un filo di voce tra i gemiti e i sospiri.

John spinse con forza, appoggiandosi con una mano sul materasso di fianco al petto della giovane e tenendo l'altra mano sotto la coscia liscia e delicata della ragazza. Emetteva dei forti sospiri e piccoli gemiti di forzo, che erano coperti dai gemiti della ragazza ormai trasformati in piccoli urletti di piacere. John spinse con forza fino a che non venne dentro di lei e ancora un poco dopo; alla fine si distese affianco a lei, sudato e momentaneamente appagato. La ragazza al suo fianco respirava pesantemente e con un sorriso appagato moveva lentamente le gambe, facendo strusciare le cosce l'una sull'altra. Dopo di che si sollevò lentamente dal letto e si chiuse in bagno: per John era venuto il momento di andarsene. Mentre chiudeva la porta dietro di sé pensava a quanto fosse ironico che avesse fatto con lei sesso tutta la notte e non sapesse neanche il suo nome.

Erano passati ormai due giorni e non gliene importava più nulla di ciò che aveva attorno, aveva perso la speranza in qualsiasi atto di compassione. Camminava nel corridoio con un sorriso beffardo stampato sul volto e anche se era completamente nudo, non aveva vergogna e non sentiva motivo di averne. I vestiti che la donna con il kimono gli aveva dato erano statiabbandonati da qualche parte nella sua stanza e poi misteriosamente spariti;anche la chiave della sua stanza non serviva più: John l'aveva abbandonata inun cassetto nella sua stanza, che lasciava sempre aperta. Qualche donna, nel vederlo passare, si mordicchiava le labbra, si passava una mano sul seno oppure si arricciava i capelli, ma lui non sembrava interessarsene affatto. Entrò nella sua stanza e si fiondò nella doccia. Quando un fiotto caldo di acqua calda gli colpì il petto, John si sentì sollevato e potente. Raccolse la sua nudità nelle mani per poi scoprirla con un gesto teatrale e rise. La sua risata era così fragorosa e liberatoria che risuonò nella sua mente anche dopo che affievolì nella voce. Si era completamente dimenticato di tutti i problemi che circondavano e assediavano la sua mediocre vita 'normale', ora non erano più importanti. Appena finì la doccia, prese un asciugamano pulito e si asciugò le goccioline che imperlavano il suo corpo, asciugò i capelli con il phon e si mise davanti allo specchio per ammirare qualche minuto il suo corpo: ora era tonico e delineato, non più trascurato come prima, fiaccato dalla quotidianità anche se aveva sempre conservato qualcosa di atletico.  Ogni momento che lui non passava su un letto lo sfruttava per allenarsi e avere una forma fisica perfetta.

Uscì dalla sua camera poco dopo e incontrò subito una giovane donna mora dal seno acerbo ma dal sedere molto bello. La strinse a sé sorridendole e notò subito le labbra carnose e rosse e gli occhi neri e desiderosi. Non ci fu bisogno di parole, in fondo tutti erano lì per un motivo: entrarono nella camera di lei, continuando a baciarsi e a scambiarsi sguardi libidinosi. John si sentiva davvero un uomo in quel momento, la teneva sotto il suo controllo e non aveva bisogno di tutte quelle regole che gli erano state imposte dalla società. Per lui quello era un paradiso sceso in terra. Un paradiso di peccatori. La schiena di John si inarcò per il piacere, mentre la giovane era scesa lungo il suo corpo, baciandolo ed era arrivata proprio nel punto dove ogni uomo ama essere baciato.
Quei due soddisfarono i reciproci bisogni per ore, schiacciati contro i muri, distesi a terra, gettati sul letto e ogni mobile stabile. Quando John uscì da quella camera si sentiva ancora più potente e virile, come sotto effetto di una droga dolce e perfetta. Poi con la coda dell'occhio vide un colorato pezzo di seta e si sentì confuso e indifeso; sapeva perfettamente chi fosse: nessuno su quel piano portava dei vestiti ad eccezione di quella donna.

"Buongiorno" disse la misteriosa donna in kimono.

"Buongiorno" rispose John. Quella donna aveva il potere di farlo sentire in colpa per quello che stava facendo. Ma non poteva permetterglielo, dopo tutto questo.

"Venga a prendere una tazza di te nella mia camera"

"Preferirei di no, grazie"

"Non è un invito. Venga"

L'uomo la seguì riluttante verso la sua camera di vetro nero. Si sedette a terra di fianco a un tavolino da te ed attese che la padrona di casa gliene offrisse una tazza. Si ritrovò davanti una bellissima tazza nera lucente di tè fumante. Ne bevve un sorso e risultò essere piuttosto amaro, ma poi lasciava in bocca un sapore dolce e di menta che sapeva di malinconia.

"È molto amaro, ma poi lascia un sapore piacevole in bocca" disse John bevendone un altro sorso.

"Già" seguì un'interminabile pausa prima che parlasse di nuovo "è un po' come la vita" disse sospirando lievemente.

"Di certo non la mia. Ora posso avere ciò che voglio. Mi faccio più ragazze ora di quanto me ne sia fatte in tutta la vita" disse l'uomo, con una risata arrogante e vuota.

"Come è volgare e arrogante... Vedo che si trova bene qui"

"Non mi lamento"

"Sa, alcuni studiosi dicono che una delle caratteristiche che delineano gli uomini sugli animali è la pratica sessuale ricreativa. Io non sono per nulla d'accordo"

"Non vedo che cosa c'entri questo.."

"Perché si fa la doccia tutti i giorni John?" Disse la donna, cambiando completamente discorso e lasciando l'uomo confuso e impaurito; era la prima volta che lei lo chiamava per nome, non era neanche sicuro che glielo avesse detto.

"Curo la mia igiene personale"

"No, io credo che il motivo sia diverso. Credo che lei si senta sporco per quello che fa e che quindi tenti continuamente di lavarlo via con l'acqua, ma non ci riesce mai, vero?"

Ora John si sentiva davvero a disagio, e leggermente imbarazzato.

"Vuole fare sesso con me?" Le chiese senza preamboli, ma aveva dato a quella donna del lei, era troppo formale e stonava con la sua proposta indecente.

"No."

"Allora perché sono qui?"

"Per prendere un tè"

John fissò la sua tazza e la svuotò in un unico sorso. Tutto l'amaro di quel te ora gli sembrava insopportabile. Si alzò bruscamente, sbattendo un ginocchio contro il tavolo e facendo traballare tutta la ceramica.

"Ho finito. Ora se non le spiace me ne andrei, ho delle cose da fare"

La donna lo guardò con uno sguardo compassionevole e amorevole, il che rese per l'uomo ancora più insopportabile sostenere il suo sguardo. Prima di uscire però aveva ancora una domanda che gli premeva sulle labbra:

"Qual è il suo nome?"

"Alba"

"Buona serata, Alba"

"Ci rivedremo presto"

Il sorriso di quella donna gli rimase impresso nella mente anche molto dopo, quando era disteso nel suo letto.







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