Fuoco

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La bottiglia era caduta a terra e le ultime gocce del liquore si stavano versando sul pavimento e sulle lenzuola che ormai toccavano il pavimento. Il corpo di John era riverso sul pavimento, in maniera scomposta, mentre il suo petto si alzava e si abbassava lentamente. Quando lui stesso si svegliò, la sua testa girava come una trottola e i suoi arti sembravano non rispondere ai comandi. La sua faccia era ancora immersa nei morbidi cuscini che l'avevano accolta per tutta la notte e non aveva alcuna intenzione di smuoversi di lì. La sua stanza aveva l'aspetta vissuto di un uomo che odia se stesso, ma non l'ha ancora capito: le lenzuola scalciate via durante la notte, alcuni cuscini bagnati di lacrime e saliva, la bottiglia vuota a terra e il tappo era stato sbalzato via fino a nascondersi sotto un mobile della stanza, e la scritta che pendeva sulla testa di John come una minaccia, troneggiava sulla stanza come un re in presenza della sua corte. E aspettava ancora una risposta.

Solo dopo un serie infinita di sforzi ad andare contro la propria volontà di rimanere seppellito per sempre sotto quella coltre morbida, eliminando l'emicrania alcolica che gli affliggeva le tempie e il dolore che ancora nascondeva sotto gli strati di pelle e muscoli, John riuscì ad alzarsi in piedi. Aveva ancora il corpo indolenzito, probabilmente per qualche posizione strana che aveva assunto durante la notte; decise quindi di farsi una doccia per cancellare via tutta quella voglia di fare nulla che lo aveva assalito così di prima di mattina. L'acqua calda, quasi bollente, che gli scivolava lungo il corpo lo stava aiutando a rimettersi in sesto: la sua vita stava prendendo delle pieghe inaspettate, che non aveva previsto e che avevano quasi distrutto La sua sanità mentale, spedendolo in un baratro da cui non si fa ritorno. Ma ora era tutto diverso. Avrebbe raccolto davvero l'occasione che gli era stata fornita di cambiare la propria vita, ricominciare da capo e finirla con la vita triste e odiosa che ormai portava avanti come un peso da quasi dieci anni. E mentre guardava il mondo attraverso un manto distorto e trasparente aveva deciso di prendere in mano la sua vita come non aveva mai fatto. Quella maestosa figura sotto l'acqua che scrosciava incessante era diventata come una statua greca: la pelle era liscia e perfetta come il più prezioso marmo levigato, le palpebre socchiuse nascondevano degli occhi che brillavano come polvere di stelle; i capelli biondi, che nella permanenza all'hotel si erano allungati, sfioravano le orecchie e il collo al giovane; le labbra carnose e rosse baciavano l'acqua che gli scorreva sopra il viso e ne assaggiava il sapore. Il mondo diventava perfetto in quella bolla di calore e relax, tutti i difetti di quella vita si cancellavano e appianavano fino a non esistere più, ma tutto questo non poteva durare per sempre. John uscì dalla doccia e dopo essersi asciugato i capelli si distese sul letto, pensando al mondo, all'universo e al tempo.

Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, che l'uomo aveva assaporato con ogni fibra del suo corpo, come se lentamente si rigenerasse nella completa solitudine, un rumore di porte sbattute e il frastuono della massa disturbo i placidi pensieri di John. Incuriosito, si alzò dal letto e aprì la porta della stanza per uscire, rimanendo spinto dalla massa vicino allo stipite della sua porta: le persone lasciavano al centro del corridoio uno spazio occupato solo da una donna che camminava verso l'ascensore dorato. La Regina. Sembrava che a ogni passo di questa l'ovazione che l'accompagnava aumentasse, ogni passo più vicina alla porta verso la libertà. Spinse leggermente la folla per cercare di farsi strada, per raggiungerla e per riuscire ad entrare nell'ascensore, che inconsciamente e segretamente aveva desiderato. Riuscì ad arrivarle così vicino che credeva di riuscire a toccare il suo vestito di seta, ma la calca gli impediva di proseguire avanti e quando lei sparì dietro le porte dorate, la mano di John era ancora tesa verso quell'oggetto infernale, che lo aveva spedito fino a lì senza che se ne accorgesse.

Lentamente la folla si disperse e sciamò di nuovo all'interno delle rispettive stanze, con un rumore di sottofondo di chiacchiericcio che tranquillizzava l'uomo ancora di fronte alle porte fregiate. Con la coda dell'occhio vide una figura colorata sgusciare in fondo alla sala e si voltò rapidamente perché sapeva benissimo chi potesse essere; forse era solo un presentimento, ma era una sensazione fortissima, che si rivelò corretta: con passo leggero ed aggraziato Alba era entrata nella stanza circolare. John si mise a camminare verso la stanza dai pesanti battenti in legno, con un'impazienza che non gli era mai appartenuta e una mano stretta intorno al petto, proprio nel punto in cui tutti i graffi andavano a convergere, ormai nient'altro che segni rossi sulla sua pelle bronzea. Si rese conto che ormai doveva essere sera, visto il colore rosato che tutto aveva preso intorno a lui e si perse nella poesia del momento, che lo aveva affascinato fin da giovane. Sfiorò con le palme delle mani il pesante legno di quella porta e poi la spinse con forza, facendo scivolare i pesanti battenti sui cardini dorati, entrando nella stanza circolare.

Il buio era quasi completo all'interno della stanza, si riuscivano a distinguere i contorni delle figure solo indistintamente, quando due piccole torce si accesero quasi rasenti al pavimento, illuminando fiocamente due gambe agili e muscolose, dalla pelle luminosa. Quelle due sfere luminose si mossero rapidamente lungo cerchi immaginari, svelando la figura che li reggeva in mano, facendo librare nell'aria: Alba, che portava la luce anche nell'ombra in quella stanza. John sollevò lo sguardo verso la cupola di vetro che sovrastava quella stanza magnifica e vi vide finalmente le stelle, luminose e bellissime che costellavano il cielo come appuntate sulla trapunta dell'universo. Quel momento, nella sua unicità, si era impresso nella memoria di John fuoco, conservato per sempre nel labirinto del suo cervello al sicuro nello scrigno dei suoi pensieri. Guardava Alba muoversi come una ballerina , con passi e movimenti precisi, accurati e perfetti, illuminata fiocamente dai piccoli globi che le ruotavano attorno, delineandone le curve attraverso un gioco di luci e di ombre che intratteneva l'occhio, facendo sembrare tutta la scena una serie infinita di quadri di Caravaggio. John si era appoggiato a una delle colonne che sorreggevano tutta la struttura di quella stanza magica, senza mai staccare gli occhi da quella scena surreale che gli era posta davanti,assorbendone ogni traccia di bellezza che i suoi occhi potevano percepire; dopo poco si rese conto che la sua mano sinistra era ancora appoggiava al petto all'altezza del cuore e ne accarezzava la superficie: era un gesto così famigliare e delicato che ne sentiva quasi imbarazzo, ma lo faceva sentire bene. Non si era mai lasciato andare a un gesto così intimo con i suo corpo, nonostante tutto quello che era successo. Sentirsi così padrone di se stesso, ma al contempo riuscire a perdersi come un bambino nelle braccia della madre aveva un nome che da molto tempo aveva dimenticato.

Fu in quel momento che un piccolo sorriso, genuino e timido, si affacciò sulle labbra di John, riappacificando tutto il suo essere con l'ordine precostituito del mondo. Nello stesso istante in cui quel piccolo sole nasceva, l'uomo alzò lo sguardo verso la bellissima donna che danzava al centro della stanza e mentre lei volteggiava tra i fuoco, i loro sguardi si incontrarono e lei gli sorrise un sorriso timido e vero, e i loro cuori si sciolsero, solo per un istante. Dopo di che la ragazza riassunse un'espressione concentrata e riprese la sua danza mortale. Un sospiro lunghissimo uscì dalle labbra socchiuse di John.

"Ciao" disse una voce alle spalle di John, era André.

"Oh, ciao André"

"Allora come te la stai passando? Sono tutti sconvolti per questa storia della Regina, ma alla fine abbiamo questo spazio meraviglioso..." disse il ragazzo rosso, guardando il cielo. Non sembrava davvero interessato però, come se guardasse qualcosa definito da altri bellissimo senza veramente apprezzarne la bellezza.

"Già" lasciando il discorso incompleto e tornando a guardare Alba che volteggiava, per nulla disturbata dal nuovo arrivato.

"E' molto brava, non l'avevo mai vista fare queste cose, eppure siamo entrambi qui da un bel po' "

"Molto... brava" ripeté John, per nulla interessato in quello che stava dicendo. Solo dopo realizzò quello che aveva detto e fissò per qualche secondo prima André e poi lei, curioso del loro legame, strano e distante, ma comunque esistente, come un piccolo filo rosso che li legava e si avvolgeva a loro. I due rimasero fianco a fianco, in silenzio e a lungo, osservando lo spettacolo che avevano davanti agli occhi, con meraviglia. Poi lentamente André gli prese la mano nella sua e gli disse.

"Sapevo che volevi essere salvato, ma ho sempre pensato di essere io quella persona. Invece no. Tu vuoi essere salvato da lei -disse indicando con lo sguardo Alba e perdendosi qualche secondo nel guardarla con sguardo enigmatico prima di riprendere- Se lei ti salva allora io ti dannerò"

Gli lasciò delicatamente la mano, che gli ricadde lungo il fianco e se ne andò, cercando di fare meno rumore possibile. Nella semioscurità della stanza le sfere luminose si erano fermate. John e Alba si guardavano negli occhi, ma John era preoccupato per André.


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