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Se non fosse per te

Bugie




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Mi ha baciata. Giulio mi ha baciata. Ieri, prima di andar via, Giulio ha baciato me. Sulle labbra. In modo inaspettato.

Sono confusa, sconcertata. Perplessa, stralunata. E maledettamente baciata. È stato dolce, fulmineo. Un attimo, un incontro. Avete presente quella brezza fredda che sfiora la pelle tanto quanto basta per farti accapponare la pelle? Questo è ciò che è stato quel bacio. Un brivido, un fulmine a ciel sereno. Una scossa dall'osso del collo sino all'intimità.

Da ragazzini lo chiamavamo bacio a stampo. Scattava ogni volta si vinceva al gioco della bottiglia. Per non parlare poi dei cinque minuti nello stanzino. Capitava che X, il ragazzetto di turno goffo e cicciottello, durante il suo turno, invocasse i "cinque minuti", l'unica opportunità che gli restava per pomiciare con Y, la più bella del gruppo. Che poi, in realtà, niente succedeva. Quasi impazzisco nel ricordare Carlo, quello che consideravamo lo sfigato, sotto le grinfie di Athina che, come un gladiatore festante, portava la sua vittima sacrificale in giro per la stanza, strascinandolo per i capelli. Allora, Carlo, aveva osato toccarle il braccio. Suppongo che il problema non fosse stato il gesto del povero malcapitato, quanto il fatto che al suo posto non ci fosse Antonio. Lo ha sempre amato, anche inconsapevolmente, ha sempre e solo amato lui. Anche quando si lasciava adulare dagli altri. I suoi sguardi erano tutti per lui, il grande amore della sua vita.

È accaduto anche a me di dover sottostare alle regole del gioco. E capitò pure che ci venisse Michele nel ripostiglio. Come ci rimaneva male! Metteva su il broncio e ripeteva quanto fosse ingiusto sprecare un momento così importante con la propria cugina. Tempo un paio di anni e ritrattò.

Lo sviluppo di Michele ebbe scena come un esplosione. Una di quelle che non riusciresti a prevedere neanche con la migliore tecnologia sul mercato. Probabilmente si guardò allo specchio, si rese conto di essere dannatamente bello e iniziò a tirare a sorte tra le adolescenti più carine del paese. A conti fatti, questo suo atteggiamento durò poco, cinque anni forse. Dai diciotto ai ventitré anni. Già l'estate prima della morte del padre, sembrava diverso, più affettuoso, più docile. Diversamente dal periodo precedente, dove paragonarlo ad un cavallo imbizzarrito è poco. Io avevo compiuto tredici anni, lui aveva festeggiato la maggiore età a letto con Carmela, la figlia del pescivendolo, che non era più minorenne da una decina d'anni. Ad amor del vero, non era neanche più casta ed ingenua da molto. E Michele gli anni suoi li dimostrava ed anche di più. Come se fosse ieri, ho l'impressione di udire sussurri tra mio cugino e il suo migliore amico. Quelle risatine celate, discorsi incomprensibili. Parole fermate ogniqualvolta ero nei paraggi. Troppo piccola, dicevano, per venire a conoscenza di determinati fatti. Ad Agosto dei miei diciassette anni, gli mollai uno schiaffone in pieno viso. Mi levai i sandali dai piedi e glieli tirai addosso. Mi aveva rivelato ogni minimo dettaglio.

"Dai, Gioia, non fare così! Tu sei mia cugina, mica potevo confidarmi con te".

"Fai schifo! Sei un animale".

Ero già innamorata di lui, ma non lo sapevo.

Trilla il cellulare. Sobbalzo: maledetto whatsapp che squilla ogni secondo. Resto sorpresa dal quantitativo di messaggi non letti. Athina conferma l'appuntamento a mezzanotte, lascerà Costas alla madre solo per un bacio al festeggiato; Antonio ha appena inviato un selfie con due bottiglie di vodka, posate sulla mensola dopo aver ascoltato lo strillo della moglie. Martina, la fidanzata stronza, ha risposto al mio messaggio dettagliato sull'evento con un misero "ok". Povera anima, scrivere qualcosa in più le avrebbe causato la rottura della ricostruzione alle unghie.

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