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Se non fosse per te
Bugie

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"Cazzo!"

"Che cavolo bestemmi?"

Non è questo il modo in cui avrei voluto esser accolta in casa, ma poco importa. Chiudo alle mie spalle la porta blindata nera ed accendo la luce, in modo tale che il piccolo disimpegno sia ben visibile. Il citofono penzola come di consuetudine. Il settimino, un mobile con cassetti interamente in legno chiaro, è giusto appena staccato dal muro bianco. In realtà è un finto mobile, poiché, al suo interno, cela un letto singolo. Uno dei tanti in questo bilocale, luogo di bagordi di Michele e amici. Il divano blu è ben sistemato, proprio come l'ho lasciato stamane prima di andare al mare. Di fronte, una parete attrezzata dalle misere dimensioni, zeppa di lenzuola, asciugamani e corredo vario nella parte bassa e bicchieri di birra, liquori, qualche foto ed un pacchetto di sigarette nella parte alta. Due entrate, rispettivamente la camera da letto e il bagno. Tre lucernari ampi tentano di far filtrare un po' di luce solare. Sulla sinistra della parete attrezzata, l'entrata della cucina. Mi ci fiondo per vedere proprio cosa stia combinando mio cugino. Come temevo, è ai fornelli. Poggio la borsa sulla sedia.

"Cavolo, sai che cucini da schifo! Perché insisti?"- gli dico assolutamente convinta.

"Voi donne talvolta siete un po' cesse!"- replica esasperato, dopo vani tentativi di metter in tavola una pasta al pomodoro decente e risentito dalla mia domanda.

Gli vado vicino. La padella è completamente annerita e non si comprende bene cosa ci sia dentro. Addio cena sana e fresca e benvenuti surgelati da quattro soldi.

"Che diamine! Io voglio prepararti qualcosa e tu che mi dici? Che cucino da schifo!"- Michele lancia la pentola nel lavandino e legge nella mia mente non appena osservo il suo avvicinarsi al freezer- "apprezza la buona volontà!"

"Scusa"- l'unica parola che riesco a pronunciare. Ha ragione lui.

Mettiamo le pizze nel microonde ed attendiamo quei pochi minuti che servono per scongelarle. Nel frattempo, mi accingo ad apparecchiare la tavola con bicchieri, posate e tovaglioli di carta.

"Siamo la vergogna di Napoli, Salerno e dintorni"- Michele serve due insulti alla pizza napoletana doc.

"Lo so, cavolo santo!"- do un primo morso e bevo un po' di coca cola.

Affamati persi, divoriamo il nostro pasto in assoluto silenzio, interrotto da mugolii o parole senza senso. Alle nove di sera la fame si fa sentire. Ripenso alla giornata intera trascorsa con Athina. A quanto quest'amicizia sembra rimasta inalterata nel tempo, quasi come congelata. Io sono andata via e soprattutto avanti con la mia vita ed Athina mi ha attesa con il suo solito sorriso, con la sua solita calma, lì su quel divano in terrazza. Avrebbe potuto dirmene di ogni, avrebbe potuto voltarmi le spalle. Avrebbe potuto dire che semplicemente il tempo è trascorso anche per lei. Eppure non l'ha fatto. Ha aspettato. Ha aspettato il mio ritorno senza alcun rimprovero. Athina è un'amica, una vera.

"A proposito, Athina mi ha chiesto di aiutarla con la libreria"- coinvolgo Michele in una piccola discussione, giusto per non dimenticare quanto dettomi con Titì- "sai con la gravidanza agli sgoccioli, il parto e il bambino, non sarà facile per lei giostrare tutto".

Michele afferra un tovagliolo di carta e dà una pulita veloce alle labbra- "in effetti l'idea non è male! Poi tu sei in gamba, mi ricordo di quando facesti quello stage alla biblioteca".

"Vuoi dire lo stage per il quale non mi hanno pagata?"- effettivamente non ricordo con piacere quei sei mesi di duro lavoro tra libri, cataloghi ed una superiore che si divertiva a farmi sgobbare usando parole e gesti dolci. Non ho visto un centesimo quella volta. Fu una delusione che mi riempì il cuore per tempo. Mi sentii così presa in giro, così umiliata. Così sminuita.

Se non fosse per te-BugieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora