18. Il Trentacinque

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Rimasi chiusa in bagno per una buona mezz'ora cercando di tenere a bada la nausea che mi scombussolava lo stomaco.

Non poteva essere vero, il ragazzo che conoscevo non era un malavitoso. Non sapevo cosa pensare, cosa fare. Uscii dal bagno e cercai mamma, ma la ragazza che lavorava lì mi disse che era uscita un attimo. Sudavo freddo e fui felice di non aver incontrato mia madre. Non volevo che mi vedesse in quello stato.

Mentre tornavo a casa avevo ancora la nausea. Mi concentrai sul respiro, ma era difficile non pensare a Jader. Non ero sicura che fosse vero, speravo con tutta me stessa che Teo si sbagliasse ma avevo una paura tremenda. Come pensava di farla franca mentendo su una cosa del genere? Pensava che non l'avrei mai scoperto? Pensava che la nostra storia non sarebbe durata abbastanza? Quei pensieri mi uccidevano.

Accelerai il passo mentre tiravo fuori dalla borsetta il cellulare che stava squillando. Era Jader. Rifiutai la chiamata e presi le chiavi di casa. Non volevo credere che tutto questo fosse possibile. Era un bravo ragazzo, in palestra i suoi allievi lo vedevano come un esempio da seguire, con me era favoloso e non lo avevo mai visto comportarsi male con qualcuno fino a quel pomeriggio. Mi aveva fatto paura.

Ma potevo dire di sapere che tipo di persona fosse? Lo conoscevo solo da pochi mesi e le volte in cui mi aveva fatto infuriare con il suo comportamento misterioso erano state molte. Era come se una piccola parte di me lo avesse sempre saputo e adesso tutto tornava. Ma non volevo stare a sentirla, non poteva essere vero.

Il cellulare squillò di nuovo. Stizzita lo tirai fuori pronta a spegnerlo ma trovai un messaggio da parte di Victoria.

- Ehi, dove siete finiti? Vi stiamo aspettando da un bel po'.

Accidenti. Avevo dimenticato l'appuntamento con i miei amici.

-Io e Jader abbiamo avuto un contrattempo, scusami se mi sono dimenticata di avvisarvi. Ci vediamo domani.

Poi le avrei spiegato tutto con calma. Anche se non sapevo fino a che punto potevo dirle qualcosa. Se fosse stato coinvolto anche Francesco? Non volevo essere io a rovinare la loro relazione, ma anche lei meritava di sapere la verità come me.

-Ho capito, ve la state spassando! Salutami Jader, a domani.

Spassando... come no.

Quando entrai in casa, avevo anche un terribile mal di testa. Mi ritrovai a girovagare per le stanze senza sapere cosa fare. Ero agitata. Non avevo la testa per mettermi sui libri, non riuscivo a stare seduta sul divano a guardare la televisione, se provavo a chiudere gli occhi rivedevo Jader in quel vicolo con i due ragazzi e le parole di Teo mi martellavano in testa senza sosta.

Ricevetti diverse chiamate da parte di Jader alle quali però non risposi. Infine, mi mandò un messaggio.

-Odio litigare con te. Cosa posso fare per farmi perdonare?

Lo sapeva benissimo cosa doveva fare: dirmi la verità. Essere sincero una volta per tutte e smetterla con i sotterfugi.

A cena non toccai cibo, lo stomaco continuava a ribellarsi. Così, dopo essermi preparata andai a prendere Teo.

Siccome lui conosceva il posto, decidemmo di andare con la sua automobile. Ero visibilmente agitata e Teo non mi aiutava a rilassarmi; accresceva il mio livello di nervosismo con le sue stupide paranoie. Niente mi avrebbe distolto dal mio obiettivo: volevo tutta la verità e la volevo in quel preciso momento.

Il bar si trovava in un quartiere periferico della città.

Parcheggiammo in una stradina buia, poi seguii Teo, senza dire una parola e con il cuore che batteva a mille, per un viale deserto fino ad un ponte. Sotto di noi il fiumiciattolo scorreva silenzioso mentre lo attraversavamo e ci infilavamo in un altro vicolo. Cominciai a sentire delle voci e a vedere qualche persona mano a mano che ci avvicinavamo ad una porta di ferro rossa, con un'insegna al neon gialla con la scritta Trentacinque.

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora