12. Salvare il cuore

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Non ero mai stata molto brava nelle relazioni con l'altro sesso.

Passavo la maggior parte del tempo a pensare che gli uomini fossero tutti uguali e che di loro non ci si potesse fidare, ma puntualmente perdevo la testa per quelli più criptici e misteriosi.

Non avevo avuto molte storie in passato: a parte qualche ingenuo flirt quando ero poco più che una ragazzina, ero stata solo con un ragazzo.

Walter. Si chiamava così, era qualche anno più grande di me e lo conobbi un pomeriggio in un bar. Nel bar di Kora, per la precisione. Ricordo che ero seduta da sola e stavo leggendo un libro preso dalla libreria di mamma, lui si era avvicinato e mi aveva chiesto se il posto accanto al mio fosse libero dato che tutti gli altri tavolini erano occupati.

‹‹Non preoccuparti, non ti disturbo›› mi disse, ‹‹voglio solo mangiare questa ciambella e poi me ne andrò. Promesso.››

Da lì era nato tutto. Avevamo chiacchierato a lungo quel giorno e il giorno successivo lo avevo ritrovato in quel bar ad aspettarmi. Mi corteggiò per molto tempo prima che gli concedessi un appuntamento vero e proprio. A poco a poco mi innamorai di lui. Era gentile e dolce, sempre presente. Fu a lui che mi concessi per la prima volta. Pensavo che non sarebbe finita mai, che saremmo stati per sempre io e lui. E poi, un giorno, scomparve. Così, all'improvviso. Non una parola d'addio, non un messaggio. Mi spezzò il cuore. Qualche tempo dopo scoprii che aveva lasciato l'Italia e che aveva una nuova ragazza.

Da quel momento qualcosa in me cambiò. Non fu facile riprendermi da quella rottura. La vita però è speciale, ci toglie e ci dà e col tempo tutto passa. Alla fine ci riuscii, Dimenticai lui e per lungo tempo non volli vedere né sentire alcun ragazzo. Avevo trovato il mio equilibrio: non sentivo la necessità di avere una persona al mio fianco, non mi mancava essere innamorata, nutrire dei sentimenti. Stavo bene da sola.

Fino a quando non avevo incontrato Jader.

Non che fossi innamorata di lui ma mi aveva fatto provare qualcosa di bello e avevo ricominciato a sperare. Avevo ricominciato a pensare all'amore.

Quando il lunedì arrivai in palestra ero reduce da due nottate insonni durante le quali ero passata dalla rabbia alla frustrazione, dalla tristezza al desiderio di rivederlo.

Ero confusa. Se da un lato le sue parole mi avevano fatto capire che gli ero mancata e che mi aveva pensato, dall'altro con il suo comportamento mi aveva mostrato che aveva qualcosa da nascondere. Non voleva dirmi dove diavolo andava ogni volta? Bene. Però tra noi sarebbe finita lì. Niente più baci rubati e niente più sorprese. Facevo ancora in tempo a salvare il mio cuore.

Sinceramente, non mi aspettavo di trovarlo lì. Pensavo che dopo quanto successo il sabato avrebbe preferito evitarmi, come aveva fatto in precedenza. Appena lo vidi il mio cuore cominciò a martellare. Oltre al fatto che vederlo mi provocava sempre il batticuore, avevo anche una leggera ansia. Quella situazione cominciava a diventare pesante: io e Jader non eravamo più degli estranei, tra noi non c'era stato solo qualche bacio. Noi avevamo fatto l'amore. Le sue mani mi avevano accarezzata dappertutto, la sua bocca aveva raggiunto i miei punti più intimi. Non si poteva fare finta di niente come le altre volte. Per me questa volta era difficilissimo.

Entrai nella stanza senza guardare nessuno in particolare e salutai tutti con un generico ‹‹ciao ragazzi››.

‹‹Ciao Dafne.››

La voce conturbante di Jader mi costrinse a spostare lo sguardo su di lui. Mi stava guardando con un sorrisetto sfrontato. Non era difficile capire cosa avesse in mente in quel momento. Dio! Probabilmente avevo il volto in fiamme. Jader continuò a fissarmi famelico per tutta la lezione. E io ero completamente eccitata. Cercavo di sfuggire ai suoi occhi ma ogni volta ci rimanevo incastrata dentro. E il mio corpo bramava il suo.

Più cercavo di rimanere concentrata sul combattimento più lui mi girava intorno e mi distraeva. Mi toccava in continuazione, con la scusa di correggere le mie mosse, mi accarezzava i fianchi e mi sussurrava all'orecchio il movimento che avrei dovuto fare. Dovetti soffocare più di un gemito.

Quando la lezione terminò cercai di sgattaiolare via il più velocemente possibile, non avrei resistito un minuto di più vicino a Jader, non riuscivo a pensare con lucidità. Ero quasi arrivata agli spogliatoi e stavo per aprire la porta.

‹‹Dafne.››

Mi voltai di scatto. ‹‹Sì?›› non era possibile che fosse così bello, così maschio. Un mezzo sorriso compariva sulle labbra perfette.

‹‹Puoi venire un attimo?››

Annuii e lo seguii nel suo ufficio. Jader mi fece entrare e chiuse la porta. I suoi occhi brillavano di felicità.

‹‹Ehi.››

Cercai di mantenermi distaccata. ‹‹Ehi.››

‹‹Scusami per sabato. Per essere andato via in quel modo.››

‹‹Sei scappato.››

Jader abbassò lo sguardo e sorrise in imbarazzo. ‹‹Vorrei farmi perdonare.›› Fece un passo verso di me e mi accarezzò la guancia. Mi risultava difficilissimo rimanere indifferente al suo tocco dolce. Non risposi e lui continuò. ‹‹Perché non vieni da me più tardi? Ti preparo qualcosa e poi potremmo guardare un film.››

L'unica cosa che volevo era buttargli le braccia al collo e baciarlo, soprattutto se mi guardava in quel modo, come se fossi la ragazza più bella dell'universo. Ma non potevo assolutamente continuare con questo giochetto se volevo salvare il mio cuore. Se avessi acconsentito, cosa sarebbe successo? Sarei andata a casa sua, saremmo stati insieme, avremmo chiacchierato, ci saremmo baciati e magari saremmo finiti di nuovo a letto insieme, ma poi? Avrebbe ricevuto una telefonata e se ne sarebbe andato senza dare spiegazioni. E magari sarebbe scomparso per altri tre o quattro giorni. Magari mi avrebbe rivisto in palestra, si sarebbe ricordato di me e mi avrebbe chiesto di vederci. Così sarebbe ricominciato il giro.

No.

Non potevo.

‹‹Non credo di poter venire›› dissi seria.

Jader si incupì. ‹‹Capisco.››

Mi voltai e me ne andai senza nemmeno salutarlo, proprio come faceva sempre lui.

Gironzolavo per i corridoi dell'università in attesa che l'aula nella quale avevo lezione si liberasse. Victoria aveva l'influenza e Salvatore era andato al bar a prendere un caffè. Alcune mie colleghe chiacchieravano di corsi ed esami appoggiate al muro. Mi trovavo lì dentro da cinque ore e questa, per fortuna, era la mia ultima lezione della giornata. Il cellulare che avevo nella tasca del cappotto prese a vibrare. Spostai i quaderni sul braccio sinistro e lo tirai fuori. Sul display lampeggiava il nome Jader. Lo tenni davanti a me per due o tre secondi, poi mi decisi a rispondere.

‹‹Pronto?››

‹‹Ciao Dafne. Disturbo?››

Che voce meravigliosa aveva al telefono! ‹‹Ciao! No, è successo qualcosa?››

‹‹Speravo di poterti vedere e magari di parlare un po'. Dove sei adesso?››

‹‹Sono all'università.››

‹‹Posso passare a prenderti quando finisci. Se vuoi.››

‹‹Facciamo tra dieci minuti?››

Sì, avevo lezione in quel momento ma dopo quella telefonata sarei stata con la testa altrove, tanto valeva saltarla e vedere cosa aveva da dirmi Jader.

‹‹Perfetto. Ci vediamo tra poco.››

Riposi il telefono in tasca, abbottonai il cappotto e corsi fuori. 

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora