27. Torna da me

451 38 23
                                    

 Quando rinvenni mia madre mi stava strattonando. Ero distesa sul divano e lei e papà incombevano su di me. Per alcuni secondi non ricordai cosa fosse successo.

Poi tutto si fece più chiaro e mi alzai di scatto.

Mia madre mi trattenne.

«Dafne, fermati. Sei appena svenuta» mi avvicinò un bicchiere, «bevi un po' di acqua e zucchero.»

«Lasciami mamma. Devo andare.»

«Dove?» guardò mio padre come se fossi diventata improvvisamente pazza.

Lui si avvicinò e parlò piano, come se dovesse farsi capire da uno straniero.

«Dafne, dove vorresti andare?»

«Smettetela! Non sono pazza. Devo chiamare Jader, sapere se sta bene.»

«Tu e Jader non state più insieme.»

Oh mio dio, pensavano davvero che fossi impazzita.

«Per favore! Stiamo insieme. Lui è un infiltrato e quella notizia al telegiornale... devo sapere se sta bene. Lasciatemi andare!»

Avevano degli sguardi allibiti, non mi credevano. Mamma mi mise una mano sulla fronte e a quel punto sbottai. Gliela scostai bruscamente a mi alzai. Mi diressi in camera e presi il cellulare, mamma mi aveva seguita e mi guardava dalla soglia della porta.

Non trovai chiamate, né messaggi.

Feci scorrere la lista delle chiamate e provai con tutti i numeri con i quali mi aveva chiamata lui in quei mesi.

Niente. Provai con quelli dei messaggi.

Niente. Niente di niente.

Controllai nella rubrica e cercai il numero di Gigi. Le mani mi tremavano, tutto il cibo che avevo nello stomaco minacciava di venire fuori.

Il telefono squillò a vuoto. Lo lanciai sul letto e mi portai le mani in faccia. Che dovevo fare? Cosa potevo fare? Girare tutti gli ospedali alla ricerca di Jader mi sembrava l'idea più logica ma mi avrebbe fatto perdere un sacco di tempo e probabilmente nessuno mi avrebbe dato le informazioni che cercavo.

Mi voltai a guardare mia madre. Era preoccupata, ma non diceva nulla.

«Mamma, io...»

Il telefono iniziò a squillare. Mi fiondai sul letto e risposi col cuore in gola.

«Gigi?»

«Dafne...»

«Ho sentito la notizia al tg. Ti prego, dimmi che non è lui...»

Gigi non rispose e a quel punto mi resi conto che il mio peggiore incubo si era avverato.

«No.»

«Mi dispiace, Dafne. Le sue condizioni erano gravi quando siamo arrivati.»

«Dov'è?»

«È ancora in sala operatoria in questo momento.»

«Dove? In quale ospedale?»

«È meglio se non vieni.»

«Dimmelo!» urlai.

Gigi sospirò e mi diede il nome dell'ospedale. Non sentii nemmeno quello che aggiunse dopo, agganciai e scoppiai a piangere mentre cercavo il giubbino e la borsa.

Mia madre entrò in camera. «Tesoro, mi vuoi dire cosa sta succedendo?»

Mi asciugai e lacrime col dorso della mano e presi le chiavi della macchina.

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora