28. Ora e per sempre

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Jader

Lo sciabordio del mare culla i nostri silenzi rilassati.

Siamo completamente soli su questa magnifica spiaggetta di finissima sabbia bianca. Fa ancora molto caldo, nonostante sia quasi metà settembre.

Finalmente sono riuscito a portare Dafne in vacanza. Dopo il mio risveglio dal coma ho avuto delle difficoltà motorie, non riuscivo a muovere bene la gamba destra, a causa di un proiettile che mi aveva lesionato dei tendini. Ne ho presi quattro, di proiettili, in quella terribile retata antelucana. Per mia fortuna, nessuno mi ha procurato danni gravi. O meglio, i dottori mi hanno ricucito perbene e avevano evitato il peggio. Il coma, poi, ha contribuito a far sì che il mio copro si riprendesse piano piano. La riabilitazione è stata lunga e Dafne mi è rimasta accanto, a volte anche contro la mia volontà.

Mi sono sentito un egoista. Per colpa mia lei non stava vivendo la sua vita come una normale ventenne quale era. Ha trascorso l'estate con me in ospedale. Non che non mi abbia fatto piacere averla lì, semplicemente avrei preferito che uscisse con le amiche e andasse al mare, al cinema, a ballare la sera. Così, guardando con quanta dedizione e amore si è presa cura di me, le ho promesso che una volta raggiunta una completa guarigione l'avrei portata in vacanza un mese intero. Sono riuscito a mantenere la promessa e adesso lei è accanto a me, felice, distesa sulla sabbia a pochi passi dal mare.

Si mette a sedere e toglie gli occhiali da sole. ‹‹Andiamo a fare un bagno.››

È felice e il suo sorriso mi abbaglia più del sole cocente che riflette scintillante sull'acqua. Corre verso il mare e si tuffa.

‹‹Jader! Non restare lì impalato, dai. Vieni in acqua!››

Vorrei seguirla, ma stare qui a guardarla ha tutto un altro sapore.

In questi mesi il nostro rapporto è cresciuto. Se prima credevo di amarla, ora so di essere pazzo di lei ad ogni livello, fisico e mentale. Mi scappa un sorriso ripensando a quanto successo poco prima, quando, mentre era distesa sull'amaca sotto al portico della villetta che ho affittato, mi ha chiesto di raccontarle per l'ennesima volta la storia della scommessa. Non riesce a capacitarsi di come sia potuto diventare un Carabiniere in seguito ad una scommessa. Una scommessa che poteva costarti la vita, come ripete ogni volta.

Certo, avevo partecipato al concorso in seguito ad una scommessa fatta con i miei coinquilini al primo anno di università, però poi, una volta dentro, mi era piaciuto moltissimo e avevo scoperto di essere portato per quel tipo di vita.

La scelta di fare l'infiltrato era stata mia. Volendo, avrei potuto rifiutare. Il mio spirito avventuriero e scalmanato, che si era assopito durante gli anni nell'Arma, aveva ripreso il controllo e avevo accettato senza esitare.

Per un po' era stato bello. Non fraintendetemi, non era bello quello che vedevo o che facevo, era eccitante fingere di essere qualcun altro. Era adrenalinico vivere sul filo del rasoio. E io ero bravo in quello che facevo. Mai nessuno aveva sospettato nulla, fino alla volta in cui anche Dafne era stata ferita.

Quello era il mio più grande rimorso: averle permesso di entrare nella mia vita e di farsi male. Avevo avuto sempre quella paura, oltre al fatto che potesse scoprire quello che stavo facendo e che potesse cambiare l'idea che aveva di me. Per questo più e più volte avevo tentato di allontanarla, di allontanarmi da lei. Non era servito a niente.

Dalla prima volta che l'avevo incontrata non ero più riuscito a cancellarla dalla mente. E piano piano aveva sciolto questo cuore ghiacciato. La lasciavo all'oscuro di tutto perché temevo che potessero farle del male. Lei non lo comprendeva e non potevo certo biasimarla. Solo dopo, quando a sue spese si è resa conto della gravità della situazione in cui mi trovavo, ha capito ed è riuscita a dare il giusto senso a tutti i miei comportamenti elusivi.

Non so dove ero riuscito a trovare la forza per non ammazzare Camilla con le mie mani dopo quello che aveva fatto a Dafne. Non so come ho fatto ad andare avanti tutti gli altri giorni a seguire.

Posso solo dire di essere una persona fortunata. Dafne è con me, sta bene, ci amiamo e sono riuscito a portare a termine con successo il mio lavoro da infiltrato.

Intanto lei continua a chiamarmi. La raggiungo, animato da una folle voglia di stringerla e di farla mia in questo preciso istante. Lei mi schizza l'acqua addosso e cerca di sfuggirmi. L'afferro per un braccio e faccio aderire il suo corpo al mio. Emette un gridolino di sorpresa.

‹‹Jader...››

Si struscia come una gattina che fa le fusa e io non sono più padrone di me. Mi basta sentirla pronunciare il mio nome per smettere di essere un uomo razionale. Si volta e mi passa le braccia intorno al collo.

‹‹Pensi che potremmo rimanere qui per sempre?››

Penso che potresti chiedermi qualunque cosa in questo momento, e io la farei.

Ha degli occhi così espressivi da far soggezione. Ci leggo dentro tutto l'amore che nutre per me. Le bacio la bocca. Vorrei essere dolce, accarezzarle le labbra con la lingua, intrecciarla con la sua ed esplorare piano la bocca ma il desiderio mi consuma. Lascia scivolare le mani sul mio addome e poi dietro la schiena. L'afferro per le natiche e la sollevo, cosicché possa posizionarsi a cavalcioni.

‹‹Vuoi andare a casa?›› mi chiede, passando le mani gentili tra i miei capelli.

Le pupille sono dilatate dal desiderio e mi guarda nel suo solito modo quando ha voglia di fare l'amore con me. Mi fa impazzire.

‹‹No.››

La riporto sulla spiaggia e l'adagio sull'asciugamano.

‹‹Siamo su una spiaggia in pieno giorno›› mi fa notare lei, con una punta di malizia negli occhi. Non smette di accarezzarmi e di guardarmi.

‹‹Non c'è nessuno›› dico, scostandole il costume.

Amo guardarla mentre facciamo l'amore. Amo sentirla mia, solo mia. La bacio sulle labbra, sul collo.

La mia vita è completa da quando c'è lei.

Prometto di renderla felice tutti i giorni della mia vita.

Non la lascerò mai più.

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora