8. Dimentichiamolo

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Non so dire quanto tempo rimasi a terra in uno stato catatonico. Fu mia madre a trovarmi. Mi ricomposi immediatamente quando la vidi avanzare verso di me.

‹‹Che ci fai seduta a terra? Ti senti poco bene?››

Cercai di asciugare le lacrime prima che se ne accorgesse e mi alzai in fretta. ‹‹Niente mamma, stavo solo messaggiando con Vicky.››

Evitai di guardarla negli occhi. Raccolsi i libri da terra e li rimisi a posto. Lei avanzò piano, guardando attentamente lo scaffale, in cerca di qualcosa.

‹‹Siete già tornati?››

‹‹Sì. Papà è qui fuori che ci aspetta. Non ricordo più dov'è il libro di... ah, eccolo!›› prese un libro e se lo rigirò tra le mani. ‹‹Voglio leggerlo stasera.››

‹‹Che libro è?››

Si voltò per guardarmi e si immobilizzò. ‹‹Dafne, ma stai piangendo?››

Mi irrigidii. Non gli avrei mai detto quello che era successo con Marco. Si sarebbe preoccupata più del dovuto e io non volevo allarmarla o spaventarla. Sentivo la mascella farmi male e sperai con tutta me stessa che quel cretino non mi avesse lasciato dei segni. Mi sforzai di sorridere.

‹‹Che dici, mamma. Credo di avere il raffreddore. È tutto il giorno che starnutisco e mi lacrimano gli occhi.››

Mamma si avvicinò e mi mise una mano in fronte. ‹‹Avrai preso freddo ieri sera. Però non scotti. Dai, andiamo a casa, ti preparo un brodino caldo e domani starai meglio.››

Bene, se l'era bevuta. ‹‹Grazie.››

Raccolsi le mie cose e uscii fuori. Papà era appoggiato alla macchina e guardava sul suo smartphone.

‹‹Ciao papà.››

Alzò la testa e mi sorrise. ‹‹Ciao piccola. Vieni a vedere che belle foto abbiamo fatto oggi.››

Mi avvicinai e guardai lo schermo del cellulare. Fece scorrere le foto: alcune erano state fatte al paesaggio, molte a mia madre e altre raffiguravano loro due abbracciati o che si scambiavano sguardi complici. Sembravano due ragazzini. Mi si riempì il cuore di gioia. Ero davvero fortunata ad avere due genitori come loro, che si amavano ancora come se fosse il primo giorno. Mi accoccolai tra le sue braccia, improvvisamente bisognosa di affetto. Papà mi cinse con un braccio e mi stampò un bacio sulla testa.

‹‹A te com'è andata la giornata?››

‹‹Bene.››

Mamma uscì tutta sorridente e abbassò la saracinesca del negozio. ‹‹Ecco fatto, possiamo andare.››

Salimmo in macchina e ci dirigemmo a casa. Quella sera, il calore della mia famiglia mi aiutò ad accantonare Marco e la paura che avevo provato.

***

Scendeva una pioggerellina gelida. Avvolta nella calda sciarpa, mi incamminai verso casa di Vicky. Non le avevo raccontato di Marco quando quella mattina ci eravamo viste all'università. E non avevo nemmeno intenzione di dirglielo; probabilmente e con un po' di fortuna non avrei mai più rivisto Marco e non c'era motivo di far preoccupare le persone a me vicine. Ma erano altri i miei pensieri mentre camminavo a passo svelto: stavo per rivedere Jader. Dentro di me si alternavano agitazione ed eccitazione. Ero impaziente di vederlo. Immaginavo che dopo la lezione mi avrebbe chiesto di uscire con lui qualche sera, immaginavo i suoi occhi guardarmi con ardore... come aveva fatto quella sera quando io lo avevo baciato e subito dopo si era avventato su di me e mi aveva ricambiata con passione e desiderio.

Vicky mi stava aspettando in garage, prendemmo la sua macchina. Durante il tragitto ripassammo quello che avevamo studiato, mancava solo una settimana all'esame e dovevamo approfittare del poco tempo libero che avevamo a disposizione. Scesi dalla macchina con lo stomaco in subbuglio. L'intensità della pioggia era aumentata, così ci affrettammo verso l'ingresso.

Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora