26. Buio

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 A casa non c'era nessuno, così ebbi tutto il tempo di sistemare le cose e aggiustarmi in modo da non sembrare troppo pallida. Mi sentivo ancora debole dalla sparatoria per via dei giorni trascorsi a letto. I miei genitori non dovevano sospettare nulla. Sarebbe stato difficile nascondere la tristezza che provavo, ma ci avrei provato. Mia madre arrivò per prima e insieme cominciammo a preparare il pranzo. Mi guardava in modo strano e mi sentivo impacciata sotto quello sguardo indagatore.

‹‹Perché non mi hai mai detto di avere un ragazzo?›› chiese ad un tratto, interrompendo il silenzio. Sembrava offesa.

‹‹Perché non me lo hai mai chiesto.››

‹‹Tuo padre lo sapeva, però. A lui lo hai detto.››

‹‹Non ho detto niente nemmeno a lui, lo ha conosciuto qui a casa una sera. Era passato a salutarmi e tu non eri ancora rientrata.››

‹‹Fatto sta che ho fatto la figura della scema quando si è presentato a casa nostra. Apprezzo il suo coraggio ma non mi è piaciuto il fatto che ti abbia rapita.››

‹‹Rapita? Mamma, ne abbiamo già parlato. Jader e io avevamo discusso e ci eravamo lasciati e per farsi perdonare mi ha portata fuori per qualche giorno.››

‹‹Come mai vi eravate lasciati? Cosa aveva combinato?››

‹‹Niente di tutto questo ha più importanza adesso. Abbiamo deciso di separarci.››

Lei rimase sorpresa. Mi guardò a lungo e poi, con un mezzo sorriso, disse: ‹‹Se devo essere sincera non mi piaceva molto quel ragazzo.››

Se solo avessi potuto raccontarle tutta la verità, forse non lo avrebbe giudicato così frettolosamente. Quello che aveva detto mi infastidiva, e non poco. Jader faceva ancora parte della mia vita e lei presto o tardi avrebbe dovuto accettarlo.

Continuammo a preparare il pranzo. A tavola anche papà mi chiese di Jader. Voleva invitarlo a cena da noi ma lo informai che tra noi era tutto finito. Un giorno sarebbero finite tutte quelle bugie e avrebbero saputo la verità anche loro.

Nel pomeriggio tornai all'università. Avevo saltato un po' di lezioni ma Vicky e Salvatore mi avrebbero prestato i loro appunti. Ero davvero contenta di riprendere, lo studio mi avrebbe tenuta occupata e lontana dai cattivi pensieri.

La ferita faceva ancora male e nonostante il trucco pesante non dovevo avere un bell'aspetto, perché Vicky mi studiò attentamente e poi disse:

‹‹Per essere una che ha trascorso una settimana in vacanza col suo ragazzo non hai una bella cera.››

‹‹Sono solo molto stanca.››

‹‹Avete fatto pace?›› chiese speranzosa.

Mi costò una fatica enorme pronunciare quel no. Vicky non sembrò sorpresa. Mi prese sotto braccio e mi diede un bacio.

‹‹Non ti preoccupare, presto passerà. Intanto stasera resti a dormire da me, così mi racconti tutto.››

Dopo i corsi andammo con i colleghi a fare un aperitivo e mi fermai da Vicky. Avevamo molto da dirci, anche se io avrei dovuto omettere molte cose. Quasi non riusciva a crederci, riteneva che io e Jader fossimo troppo innamorati per lasciarci ma le raccontai che aveva tradito la mia fiducia per troppe volte e non riuscivo più a perdonarlo. Lei sapeva della situazione, ma non sapeva che Jader non era un criminale bensì un infiltrato. Non potevo dirglielo. Non potevo rischiare.

Restammo sveglie fino all'alba.

***

Ripresi la mia routine. Università, casa, amici, serate, studio... e Jader. Sempre nei miei pensieri. Ogni tanto ricevevo qualche messaggio da parte sua. Mi diceva che gli mancavo e che stava bene. A volte mi faceva una breve telefonata e sentire la sua voce, sentire che stava bene, mi rasserenava un poco.

Il libricino che mi aveva regalato lo portavo sempre con me. Leggevo qualche poesia prima di dormire. Ne conteneva una cinquantina, parlavano tutte d'amore anche se qualcuna non l'avevo mai sentita. Ognuna di esse mi faceva pensare a qualche momento particolare vissuto insieme. Attimi preziosi, che speravo di replicare al più presto.

Era trascorsa una settimana dall'ultima volta che avevo sentito Jader. Mi sembrava un tempo infinito. Era stata una conversazione breve, come tutte le altre.

‹‹Ci siamo quasi, Dafne. Tra pochi giorni ci riabbracceremo›› e dopo aver chiesto come stavo aveva attaccato.

Non potevo mandargli messaggi per dirgli che mi mancava, per dirgli che lo amavo. Chiamava con un numero diverso ogni volta.

Vicky di tanto in tanto si lasciava scappare di averlo intravisto in palestra, ma a parte questo non sapevo niente di niente.

Per la maggior parte del tempo riuscivo a convivere con tutto questo. Mi tenevo impegnata, studiavo, lavoravo nella libreria di mia madre e uscivo con gli amici. Capitavano poi quei giorni in cui aprivo gli occhi e un'angoscia indescrivibile mi schiacciava il petto. E lì crollavo e i pensieri più cupi e negativi prendevano il sopravvento.

Come ogni lunedì stavo pranzando con i miei genitori. Gli altri giorni ero sempre all'università. In tv c'era il telegiornale e mamma e papà lo ascoltavano, commentando i fatti di cronaca. Io ero con la testa altrove. Mi ero alzata e stavo aiutando mia madre a togliere i piatti dal tavolo quando sentii la notizia.

" Blitz dei Carabinieri questa mattina all'alba nella capitale. Un'intera banda di criminali è stata arrestata con l'accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti, usura e traffico illegale di armi. Nell'operazione, due agenti hanno perso la vita ed un altro è stato ferito gravemente. È in prognosi riservata."

Rimasi immobile mentre le immagini degli arresti mi scorrevano davanti e riconoscevo alcuni volti. Il cuore pompava a mille e la paura mi paralizzava.

Jader.

Perché non mi aveva ancora chiamata?

A meno che...

No.

Non poteva essere.

Non poteva essere morto.

Aveva promesso che sarebbe tornato.

Sentii la voce di mia madre giungermi ovattata.

‹‹Dafne! Dafne, ti senti poco bene?››

Guardai lei, poi mio padre. Dovevo chiamare qualcuno, ma chi?

Forse Gigi avrebbe saputo dirmi qualcosa. Feci qualche passo verso la porta diretta in camera mia. Mi fischiavano le orecchie e cominciavo a sudare freddo. Il campo visivo si riempì di puntini di luce. Sentii in lontananza il rumore di una sedia che strusciava sul pavimento e la voce di mamma che urlava qualcosa.

Poi il buio.


Non lasciarmiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora