Capitolo undici

3.7K 132 55
                                    

-Ehi, ehi! Sasuke! Ehi! Fermati!- aveva urlato il biondo facendosi largo tra la gente che affollava il corridoio del Liceo di Konoha. Tra gomitate, spintoni e qualche calcio, Naruto era stato capace di raggiungere l'Uchiha che si trovava a poca distanza da lui.
Era strano Sasuke in quel periodo, non lo vedeva da settimane e non aveva avuto notizie di lui se non grazie a qualche sporadico messaggio.
Gli occhi chiari dell'Uzumaki erano diventati più brillanti quando da lontano aveva scorto la figura dell'altro.
-Sasuke! Ehi, guardami!- pochi secondi dopo, erano a pochi metri l'uno dall'altro. Il vociare dei ragazzi di quella scuola superiore era insistente, entrava prepotentemente nelle orecchie ed era quasi convinto che lui non si stesse girando a causa di quel baccano, probabilmente ancora non lo sentiva.
Aveva urlato ancora, senza ottenere risultato.
-Sasuke...- aveva mormorato contro le mura di quella struttura quando lo aveva visto scendere le scale senza degnarlo di uno sguardo.
Il suono della campanella aveva intimato agli studenti di ritornare in aula per la continuazione delle lezioni e presto l'Uzumaki si era ritrovato solo in quei corridoi, con la mente che gli suggeriva di girare i tacchi e andare via e il cuore che lo intimava a raggiungere il suo amico/rivale.
Sarebbe stato difficile scegliere per un comune ragazzo, ma lui era Naruto Uzumaki e la scelta che avrebbe compiuto era impressa bene tra le pagine della sua vita.

Era piacevole stare in sua compagnia seppur era di poche parole, ma non se la sentiva di lamentarsi. Quando l'aveva vista sbucare fuori da quella stanza, pallida come un fantasma e scontrosa come Sasuke, non era sicuro di riuscire a farla uscire di casa, eppure ora stavano camminando per strada, all'aria aperta.
Il vento soffiava tra i loro capelli con calma e delicatezza, accarezzava le loro pelli piano come la mano di un amante. Il sole riscaldava i loro cuori, gelidi per motivazioni diverse, sciogliendoli quanto bastava per farli parlare l'uno con l'altra.

Sakura camminava piano, stringendo una mano nell'altra davanti a sé. Respirava a pieni polmoni l'aria pura e fresca di quella bellissima giornata, le sembrava di aver passato anni rinchiusa in un castello lontano dal mondo intero.
Naruto aveva il naso all'insù, il colore dei suoi occhi si perdeva con quello cristallino del cielo e gli angoli della sua bocca erano fermamente ancorati verso l'alto. Sorrideva semplicemente perché il mondo intero sembrava lo stesse facendo.
Era tutto perfetto fino a quando un rumore molesto non aveva interrotto quell'idillio fatto di silenzi e muta contemplazione di quegli attimi di pace.
Naruto istintivamente si era portato una mano all'altezza dello stomaco ed aveva riso forte, suscitando un sorriso accennato sulle labbra di Sakura.
-Credo che sia meglio accelerare il passo, Sakura.- aveva detto dandole una leggera pacca sulla spalla. Lei aveva annuito imbarazzata ed aveva sussultato piano quando si era sentita afferrare sotto braccio.
-Ti porto a mangiare il ramen più buono della città! E poi il proprietario del locale è un mio caro amico, vedrai che ci farà pure uno sconticino!- con delle leggere gomitate all'altezza del braccio, Sakura si era fatta letteralmente trascinare da quell'uragano biondo per le vie delle città.
In aria, le loro risate, superavano in intensità qualsiasi altro suono.

**

Aveva parcheggiato la moto al solito posto, non troppo lontano dall'entrata principale dell'università. Varcate le soglie della struttura, aveva preso a camminare svelto, come se stesse correndo contro il tempo stesso, come se fosse anche solo possibile farlo.
Tutto intorno a lui taceva. A parte qualche ragazzo che, celere, si affrettava ad uscire da lì, poteva dire benissimo di essere solo in quei lunghi e ampi corridoi. Il silenzio, interrotto solo dal rumore concitato dei suoi passi, faceva da perfetta colonna sonora alla miriade di ricordi e pensieri che affollavano la sua mente.
Che ci faceva lì? Ma soprattutto, davvero era scappato di casa? Di nuovo?
Credeva di essere cresciuto da allora, di aver acquistato un minimo di maturità, di lucidità, invece con amarezza a rabbia si era dovuto ricredere sul suo stesso conto.
Chi nasce quadrato, non muore di certo tondo, come diceva spesso sua madre.
Ed aveva ragione.

PerditionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora