Capitolo diciotto

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Forse si sarebbe dovuto sedere, forse avrebbe fatto bene ad appoggiarsi a qualcosa perché ciò che Kakashi Hatake gli aveva fatto intendere era che aveva capito che scorreva qualcosa di difficile tra lui e Sakura e non era pronto a sentirselo dire, non era pronto a udirlo, né a metabolizzarlo. Tuttavia non si era mosso dalla sua posizione, aveva solo, inconsciamente, stretto forte i pugni incassando quel colpo.
Possibile che anche se adottava un silenzio ostico quell'uomo poteva capire tutto dei suoi pensieri? Si era presto domandato, a vuoto, come stesse apparendo ai suoi occhi, ma la pelle bianca delle nocche della mano forse erano un chiaro segno della sua situazione psicologica. Stava perdendo il controllo di sé?
Lo aveva veramente mai avuto in tutta la sua vita?
Era sempre stato una persona molto impulsiva, con un'indole parecchio irrequieta, eppure si era illuso che in quegli anni era stato capace di domarla, di nasconderla sotto una marea di processi cognitivi e riflessioni puntuali, sotto comportamenti misurati. Si era sbagliato perché la realtà dei fatti strideva con i suoi propositi, si era sbagliato perché Sakura era sola in quella casa e il suo capo aveva intuito il nervosismo che lo disturbava nonostante si ostinasse a tenerlo dentro di sé, soffocandolo. Quasi gli veniva da ridere, com'era caduto così in basso da domandarsi come dovesse apparire esternamene, agli occhi della gente?
Stava perdendo il controllo di sé, della sua personalità... E forse non lo aveva mai avuto veramente, altrimenti quel tatuaggio che gli deturpava la spalla non avrebbe preso a dolere in modo insistente al solo ricordo di quel periodo buio della sua vita in cui tutto era sottosopra. Quella sofferenza psicologica legata ad una condizione meramente fisica non la sentiva da anni, si faceva viva solo quando guardava in faccia la realtà e si recriminava per ciò che era diventato seguendo un ideale sbagliato, quando si malediceva per la sua vulnerabilità di fronte alla crudeltà della vita, quando apprendeva di aver ceduto alle pressioni dell'esistenza.
Sasuke Uchiha era un debole?
Si era sentito quasi vacillare. Alla luce di quelle supposizioni e di quei fatti, non era stato capace di fornire una risposta tempestiva a quella domanda che gli corrodeva il cervello. E l'orgoglio aveva preso a bruciare.
Eppure alla sua, di domanda, avrebbe dovuto rispondere con abbastanza celerità e lucidità, il tempo scorreva.
-Cristallino...- aveva sentito di non essere pienamente in sé mentre pronunciava quell'unica e semplice parola, persino la sua voce sembrava essere distorta dai pensieri.
Da quanto tempo era lì dentro? Sicuramente da troppo, doveva ritornare a casa e assicurarsi che fosse tutto in ordine, ma presto aveva ritirato tutto quanto. Lui doveva rimanere lì, doveva concentrarsi e soprattutto doveva sentire le disposizioni che l'Hatake aveva pensato per il caso. Forse avrebbe dovuto chiamare Naruto con una scusa qualsiasi, senza agitarlo ulteriormente, e chiedergli di andare a casa sua. Tuttavia il secondo dopo aveva scartato anche quell'ipotesi. Naruto era una persona che facilmente si faceva prendere dal panico, avrebbe allarmato anche Sakura con i suoi pensieri e le cose si sarebbero ulteriormente peggiorate, senza contare che Naruto, tempo addietro, le aveva anche chiesto di usci-.
La sua mente era stata sgombrata di qualsiasi pensiero per i successivi cinque secondi.
Aveva inspirato ed espirato piano, la situazione stava decisamente precipitando.
Possibile che fosse ancora in collera per ciò che poteva scorrere tra lui e Sakura? Lei gli aveva rivelato il suo passato con facilità, si era fidata ciecamente di Naruto dicendogli, pregandolo, di non raccontare nulla a lui. Lo voleva tenere all'oscuro di tutto, come se non fosse evidente che qualcosa la turbava nel profondo. Si sentiva preso in giro, da quella ragazzina che non avrebbe dovuto significare niente e da quello che si definiva addirittura un "amico". Ma quando sembrava che i pensieri lo avrebbero potuto sommergere e distruggere in un solo colpo, si era calmato e inspiegabilmente aveva sentito il cuore più pesante mentre accettava la realtà che lo circondava. Dopotutto non c'era nessun fondamento logico in quella situazione, niente a cui il suo raziocinio potesse aggrapparsi con forza, e forse era quella la cosa che più lo turbava, ma andava bene così. Era un suo limite, doveva riconoscerlo. Sarebbe stato notevolmente più facile saperla tra le braccia di quella testa quadra, piuttosto che con qualsiasi altro, perché sotto sotto Naruto era maturo, molto maturo, molto più di quanto non lo fosse lui.
-Perfetto. Vorrei sapere dove si trova lei adesso.- un leggero brivido aveva percorso la schiena del ragazzo quando i suoi occhi scuri avevano incrociato lo sguardo duro di Kakashi. Ed eccolo che l'immagine di Sakura e della propria sfuriata gli avevano riempito la mente con prepotenza,. Si sentiva circondato dai suoi stessi pensieri. Era come se gli eventi lo stessero sommergendo con l'intenzione di non lasciargli scampo in nessun modo. Come ne "Il cuore Rivelatore" Sasuke sentiva il battito incessante delle sue preoccupazioni disturbargli le facoltà mentali, distraendolo, portarlo alla completa abnegazione della propria psiche.
Dov'era Sakura in quel momento? Era al sicuro a casa, o almeno era così che l'aveva lasciata prima di uscire da quel maledetto portone. E se le fosse successo qualcosa durante la sua assenza?
-Le ho detto di andarsene di casa...- non aveva riconosciuto in quel tono debole e roco la sua voce. La stessa che aveva il potere di sottomettere qualsiasi persona, di congelare ogni sguardo, ogni azione della controparte. No, quelle parole mormorate non erano uscite dalla sua bocca, non era possibile.
Non era nemmeno quello ciò che avrebbe dovuto dire, non era quella l'informazione che Kakashi aveva richiesto, perché tutto ad un colpo si perdeva in un bicchiere d'acqua.
Avrebbe davvero voluto spaccare tutto dentro quella stanza, solo per dare a se stesso una prova della sua forza, cercando disperatamente di vanificare quella debolezza che aveva fatto scempio della sua mente e del suo orgoglio ferito.
Aveva visto Kakashi soffermare l'occhio visibile sulla propria figura e aveva capito di essere di nuovo sotto osservazione, sotto analisi. Alzando di poco la testa e indurendo lo sguardo aveva cercato di salvare ciò che era rimasta della sua dignità, ma era cosciente che non sarebbe servito a molto, né ne sarebbe valsa veramente la pena.
-Non è stata un'ottima mossa ma questa tua avventatezza, un'altra volta, potrebbe tornarci utile. Siediti, Sasuke.-

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