Capitolo cinque

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Sasuke era un creatura che sembrava vivere solo la notte.
Abitavano nella stessa casa eppure al sorgere del sole lui sembrava dileguarsi. Forse andava all'università, forse lavorava, forse andava solo il giro, lei del resto non poteva saperlo. Ogni cosa pensasse, qualsiasi riflessione venisse generata nella sua mente, la poneva di fronte alla triste realtà che aveva commesso l'ennesimo errore nella sua vita, la scorsa notte. Come aveva potuto accettare una simile proposta? Come poteva guardarsi allo specchio senza sentirti una delle più sporche puttane a questo mondo infame?
Si maledisse per il carattere poco fermo e sicuro del quale Madre Natura le aveva fatto dono. Dopo aver constato di essere sola in casa, si era nuovamente rintanata nella sua stanza ed aveva affondato la testa nel cuscino, sospirando forte al ricordo di lui su di lei. Quel ragazzo sembrava possedesse due facce distinte e separate, ognuna prescindibile dall'altra. Per quel poco che lo conosceva poteva dire di averlo visto indossare panni diversi. Il ragazzo che le aveva offerto un passaggio in moto, che le aveva fatto dono del suo casco privandolo a se stesso, che l'aveva fatta sentire viva sfrecciando sull'asfalto scuro di Konoha. E anche il ragazzo che l'aveva allontanata il primo giorno in cui si erano incontrati, misterioso e letale al tempo stesso. Lo stesso che l'aveva fatta cadere in un tranello di perdizione e di seduzione al quale non era stata capace di dire no.

Era difficile poter vivere con questo peso sullo stomaco, avrebbe davvero voluto tornare indietro e cancellare ogni attimo trascorso la scorsa notte. La passione di Sasuke, il suo ardore, le sue mani che la intimavano a stare ferma, le stesse che erano state in grado di accenderla e farle provare piaceri sopiti da anni. Non ricordava di essere stata toccata mai in quel modo, o con una passione simile. Un calore al basso ventre l'aveva indotto a cambiare pensieri, concentrandosi invece sulla giornata che avrebbe dovuto affrontare una volta alzata da quel letto.
Quando era andata a farsi la doccia, però, la sua mente era presto scivolata a lui e alla marea di emozioni, positive e negative, legate a quella figura tanto nebulosa. Sotto il getto dell'acqua calda le veniva addirittura difficile toccarsi anche solo con la spugna. Più volte si era trovata a fermarsi di fronte alle sue curve. Si sentiva talmente sporca da non riuscire nemmeno a guardare verso il basso. Non poteva vivere con quei rimorsi, doveva parlare con Sasuke e porre fine a tutto quello. Distruggere quella trappola nella quale era caduta quando era troppo debole per rendersi conto della sua pericolosità. Lei era una donna, ed aveva la sua dignità. Malmenata e parzialmente distrutta, ma l'aveva e l'avrebbe fatta valere come meritava.

Con una nuova luce ad animarle lo sguardo era uscita dal box doccia e si era avvolta nell'asciugamano, spazzolandosi forte i capelli una volta trovatasi di fronte allo specchio. Non riusciva a togliere gli occhi dalla sua figura riflessa,si sarebbe voluta ricordare per sempre così, con quel bagliore nelle iridi chiare. Un bagliore così forte da bruciare qualsiasi cosa. Insomma era ora che anche lei si prendesse la rivicita su quella vita che era stato tanto dura con lei e che costantemente le presentava ostacoli sul suo cammino. Sakura era un essere umano, e gli essere umani commettono errori. Lei ne aveva commessi troppi, adesso sarebbe stata in grado di porvi rimedio. Lo sguardo era subito scattato al telefono poggiato sopra il marmo.

Tai...

Era stata una figura importante nella sua vita. Lo avrebbe voluto rivedere? Forse, per dirgli quanto avesse sbagliato sul suo conto. O almeno in parte. L'aveva umiliata, considerata inferiore a lui, e forse un tempo lo era pure stato, perchè no? Del resto se era stata così stupida da cadere nel suo tranello di finto perbenismo, non c'era parola migliore per lei se non "ingenua". Ma ora che era lontana da lui aveva appreso quanto si fosse persa della vita e del mondo intero.
Il cellulare a poca distanza dalle sue mani, la attirava. Chiamarlo era una grande tentazione, ma perchè la sentiva? Era masochista forse, per questo sentiva l'irrefrenabile gusto e piacere di torturarsi. Lo aveva afferrato stringendolo con forza tra le dita quando, dopo aver composto il suo numero che sapeva a memoria, era rimasta ferma indecisa se schiacciare il tasto verde. Lo avrebbe chiamato per dirgli cosa? "Ti odio"? Probabile e poi? Sarebbe rimasta in silenzio ad ascoltare gli insulti che le riservava. Ce l'avrebbe fatta?
-Vaffanculo!- aveva ringhiato a se stessa contro il ricevitore, notando di essere caduta in tentazione. Aveva fatto in tempo ad ascoltare due squilli, quando aveva capito realmente cosa aveva appena fatto. Chiudendo immediatamente la chiamata, aveva posato il telefono con calma sopra il mobile e, cacciando un urlo liberatorio, si era appoggiata al mobile dl lavandino, ad ascoltare il suo cuore che batteva forte contro il petto.
La sua era stata un'azione necessaria, forse. Un piccolo passo fatto verso la sua liberazione.

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