Capitolo sedici

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Quando era entrato in casa, aveva subito capito che dentro non c'era nessuno. Non sentiva alcun rumore, nemmeno il meno udibile, non percepiva la presenza di nessuno e, nonostante gli venisse difficile da ammettere, una forte angoscia gli aveva attanagliato il petto davanti all'eventualità di essere arrivato troppo tardi. Ma non volendo saltare a conclusioni affrettate, era pronto ad urlare il suo nome, a setacciare ogni angolo della casa per cercarla, ad armarsi con diversi utensili di fortuna, ma era solo quando aveva notato un biglietto sul tavolo nel soggiorno che aveva ripreso a respirare normalmente, come se negli istanti precedenti si fosse dimenticato il meccanismo per farlo.
Era una calligrafia sconosciuta ai suoi occhi, ordinata e minuta, non poteva essere stata altri che la mano di Sakura a tracciare quelle poche parole su quel foglio pescato chissà dove.
Aveva fatto scorrere gli occhi su ogni particolare, su ogni curva o linea retta di quel messaggio e, una volta finito, lo aveva accartocciato tra le dita e buttato dentro la spazzatura con poca grazia.
Sakura era uscita fuori a pranzo, con Naruto, lasciandolo solo a percepire quanto fosse vuota e grande quella casa senza la compagnia altrui.
Si era profondamente odiato per quei pensieri, non poteva davvero credere di averli generati, non era da lui soffermarsi troppo su ciò che aveva intorno, né sulle persone che gli stavano affianco. Era come se avesse completamente dimenticato il credo della sua vita, unico e vero pilastro della sua esistenza.
Lo aveva distrutto e demolito per un paio di occhi sinceri e feriti, a quale scopo poi?
Non aveva senso niente, né il suo comportamento, né Sakura stessa.
Era per caso ferito? Poteva dirsi offeso da quella situazione? Forse lo era un po', ma del resto non era logico quel sentimento tanto controverso, dopotutto lui aveva deciso di agire alle sue spalle in modo che si evitassero equivoci di ogni sorta e lei continuasse la sua vita a dispetto di lui. Eppure vedere che le cose stavano andando proprio come aveva previsto e desiderato fin dall'inizio, lo aveva lasciato con un senso di amaro in bocca e un buco nello stomaco.
Eppure era strano, lui non voleva sentire quella pressione sullo sterno, voleva tenerla all'oscuro di ogni sua mossa in modo da poter agire senza ferirla in caso di fallimento, forse era stata una scelta stupida da parte sua?
Parlandone avrebbe cambiato qualcosa? E poi con quale pretesa lo avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto dirle che era al corrente dei suoi pensieri e della sua sofferenza senza farla sentire un'incapace per non essere stata in grado di nascondere meglio le sue incertezze e i suoi problemi privati?
Tra di loro si era instaurato un rapporto troppo controverso perché lui un giorno si potesse sedere di fronte a lei e parlarle francamente su ciò che pensava come invece avrebbe voluto fare.
La colpa era stata sua in principio, e in minima parte anche di Sakura per non essersi fatta valere fin da subito, ma era sicuro e consapevole che se c'era qualcuno che doveva assumersi la responsabilità di tutta quella situazione era solo lui, solo e soltanto lui.

Si era seduto al tavolo con compostezza, posando affianco a sé il fiore donatogli dalla donna di Otawa e che fino a quel momento aveva tenuto in mano. Regalarlo a Sakura era impensabile, eppure non lo aveva gettato a terra mentre la moto era in corsa come aveva pensato, tutt'altro ne aveva avuto curo perché non si sciupasse. Ma non lo avrebbe dato a lei, né a nessuno, era fuori discussione.
Armandosi di carta e penna, aveva preso un grande respiro liberatorio che invece di farlo sentire meglio lo aveva fatto sprofondare ancora di più nel nervosismo, per poi mettersi a scrivere ogni informazione captata e riscontrata durante quella mattinata di ricerche e che probabilmente gli era costata la perdita di almeno del 70% della fiducia dell'Hatake.
A metà del foglio, Sasuke aveva allontanato la testa indietro quanto bastava per avere una chiara visione d'insieme e di ciò che aveva scritto. Avrebbe potuto avere più fortuna nelle indagini, avrebbe potuto trovare una macchia su quella fedina penale immacolata o almeno uno stralcio di informazione su dove si trovasse in questo momento.
Certo c'era una grossa probabilità, se non certezza, che lui fosse in città, ma tutti gli studi fatti e il suo buon senso mescolati alle parole che Kakashi Hatake gli riservava su ogni caso seguito, lo avevano portato a credere che forse, Tai Hoshino, si sarebbe potuto spostare lontano da Otawa e Konoha e quindi fuori dalla sua portata.
In quel caso non avrebbe mai potuto sapere quando avrebbe attacco e se mai lo avrebbe fatto. Se si fosse presentata quell'ipotesi, Sakura avrebbe dovuto vivere una vita governata dalla paura e lui si sarebbe sempre trovato a camminare sul filo del rasoio per il resto della sua esistenza senza farlo capire a lei.
Era una bella gatta da pelare, sperava davvero che Kakashi gli potesse fornire qualche consiglio utile all'occasione, una di quelle frasi cariche di significato che gli avrebbe dato l'accesso a nuovi pensieri più profondi e più riflessivi, portandolo magari alla soluzione.
Aveva agito alle sue spalle e la sua chiamata prima di partire da Otawa, lo aveva messo in seria crisi di coscienza, ma non voleva pensarci su troppo. Quando si sarebbe presentato in centrale tra poche ore, ne avrebbe discusso con lui ed avrebbe accettato a qualsiasi condizione egli lo avrebbe sottoposto. Avrebbe detto e fatto di tutto per mantenere quell'incarico.

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