Capitolo 25

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Sono le 23:27, il campanello della porta suona e mi sveglio di soprassalto. Scendo di corsa per vedere chi sia. Me la sto facendo sotto dalla paura. E se fosse un ladro? Ma quanto sono scema, se fosse un ladro mica suonerebbe per avvisarti che sta entrando!

Basta con queste scemenze. Apro la porta.

«Ma quanto cazzo ci metti ad aprire», dice barcollando Nicholas.

«Ma sei ubriaco?» dico cercando di portarlo in casa.

Nicholas si butta di peso addosso a me. Non riesco ad afferrarlo e cade a terra.

Lo trascino dentro.

«Ma che ti prende, sei impazzito?» dico.

«È colpa tua», sta blaterando.

«Sei un cretino lo sai?» dico furiosa.

«E tu cara mia ...» singhiozza.

«Sei una stronza», dice infine.

«Tua moglie?»

«Fanculo Anna, fanculo te, fanculo tutti», urla.

Cerco di tirarlo su ma non ce la faccio.

«Alzati», dico.

«Lasciami stare. Non te ne frega un cazzo di me, che fai ora ti preoccupi?»

«Ma che diavolo dici? Alzati forza», si aggrappa a me e riesco a metterlo sul divano.

Non l'ho mai visto così è ridotto uno straccio.

Dove sarà stato?

Gli tolgo le scarpe e prendo una coperta per coprirlo.

«Vieni qui piccola, non lasciarmi», dice.

Mi siedo accanto a lui e in un secondo si addormenta.

Che diavolo faccio ora?

Devo chiamare sua moglie?

Sarà preoccupata per lui.

No meglio di no.

Che le dico?

"Sai tuo marito sta qui da me. E tu chi sei? Oh tranquilla sono solo la sua amante!"

Accidenti a lui.

Il mattino dopo mi sveglio e lui è ancora sul divano, praticamente in coma. Mi avvicino e cerco di svegliarlo. In mano ho del caffè caldo e un'aspirina.

Mi guarda assonnato.

«Ma che ore sono?» dice.

«Le nove», rispondo fredda.

«Oddio mi scoppia la testa. E a quest'ora dovevo essere già in ufficio.»

«Ma che hai combinato ieri?» gli chiedo preoccupata.

«Ho fatto un casino», si passa le mani fra i capelli.

«Che hai fatto?»

«Tu mi ami ancora?» incalza lui.

«Ma che domande fai? Non risponderò, te lo puoi scordare.»

«Ho bisogno di saperlo.»

«Torna da tua moglie.»

«Io ti amo ancora Giulia. E non ce l'ho fatta. Ho mandato tutto a puttane», dice e mi bacia stringendomi a sé.

Ora sono inerme fra le sue braccia. Mi lascio andare a un bacio che aspettavo da mesi.

Si scosta da me per un istante e dice: «Ma come ci sono venuto qui?»

«Con la tua macchina», dico indicandogli la sua macchina parcheggiata in mezzo alla strada.

Quel maledetto CupidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora