Capitolo 22

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Il mattino dopo quando mi sveglio, mi stiracchio sul letto, poi scendo in cucina e preparo la colazione.

È da ieri che non sento Luca, mi manca, vorrei chiamarlo, vorrei non avergli mai detto niente.

Mi viene da piangere, ma cerco di colmare le lacrime, non sono venuta qui per restare tutto il tempo in casa a frignare.

Faccio una passeggiata con Maya.

Quando ritorno a casa, do una sistemata alle cose che mi sono portata dietro.

Sento Pamela al telefono, mi dice che non può lasciare Roma fino a sabato, così restiamo d'accordo che verrà sabato pomeriggio e si fermerà per pochi giorni per farmi compagnia.

I giorni passano, non ho voglia di uscire, le mie giornate qui sono tutte uguali, la mattina esco presto con Maya, poi quando torno a casa pulisco casa , poi pranzo (poco e niente) dormo un po', poi la sera di nuovo a spasso Maya e poi di nuovo a dormire.

Come vorrei non aver combinato tutti questi casini.

Mi sento sola.

È arrivato finalmente sabato pomeriggio, tra poco arriverà Pamela.

L'aspetto davanti la finestra della cucina. La vedo arrivare e parcheggiare l'auto. Sono contenta di vederla. Vado ad aprirle la porta di casa. Mi sorride e mi abbraccia. Ora non sono più sola per fortuna.

Ci sediamo sul divano, chiacchieriamo di come le è andata la settimana, mi chiede cosa ho fatto questi giorni, mi racconta che si sta vedendo con Sandro.

Ora sto un po' meglio, adesso che c'è lei con me.

La fisso, le sorrido e le dico: «Grazie di essere venuta.»

«Mi dispiace per quello che è accaduto con Luca», dice lei.

Mi stringo nelle spalle.

«Sai, in questi giorni ho riflettuto tanto», dico facendo una pausa, lei mi guarda con un'espressione seria.

«Cosa hai pensato?»

«Dopo tutti i casini che ho combinato in questo ultimo mese, non ho voglia di tornare alla solita vita. Tornare a Roma significherebbe vedere Nicholas, Luca, e ricordare cosa ho fatto mi fa stare male», mi interrompo.

«E quindi?» domanda aggrottando la fronte.

«Quindi, ho deciso di restare qui fino a quando non avrò capito cosa voglio davvero.»

«Non puoi chiuderti in questa casa. Sì, è vero, hai sbagliato, ma non servirebbe proprio a niente stare sola e non tornare a Roma, prima o poi dovrai vederli, o passerai tutta la vita rinchiusa qui?»

«Voglio stare qui», insisto.

«Tu hai bisogno di uscire, vai su, ti fai una doccia, metti il vestito più bello che hai con te e questa sera andiamo all'Art Café, e ci divertiamo un po'. Non esiste nessun NO, forza vai», mi indica le scale.

«Ma non ho portato nessun vestito carino con me, ho solo jeans e short», dico facendo una smorfia.

«Tranquilla ho pensato che l'avresti detto», risponde con un certo sarcasmo.

«E quindi?»

«Guarda cosa ho comprato ...» dice prendendo una busta nera enorme che aveva lasciato sul divano appena era arrivata.

«Uno per me e uno per te!» esclama con enfasi tirando fuori dalla busta due splendidi vestiti.

«Ma sono stupendi!» esclamo spalancando le braccia.

Quel maledetto CupidoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora