I.

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Una lacrima rigò il mio volto. Scendeva lentamente, segnando la mia guancia.
L'ennesima di quel giorno, di quel periodo.
Ma ormai avevo preso la mia decisione. Nulla poteva farmi cambiare idea.
Presi lo spazzolino e chiusi la valigia.
Salutai mia madre. Era molto triste, ma sapeva benissimo anche lei che non c'erano alternative.
Non appena mi chiusi la porta di casa alle spalle, una strana sensazione invase tutto il mio corpo: ora che il cambiamento stava per arrivare, avevo paura di ciò che sarebbe potuto succedere. Non mi piacciono molto i cambiamenti, ma questa volta non c'erano alternative. O andavo via, o rischiavo di impazzire.
Mi incamminai verso la fermata del bus, in attesa del 32 che mi portasse fino alla stazione. Da lì avrei preso il treno che mi avrebbe portato fino da mio padre. Sarei rimasta lì.
I miei infatti erano separati, e avevo sempre preferito vivere da mia madre, ma adesso la mia città natale mi stava stretta e stava diventando opprimente. Tutto mi ricordava di lui, di lei, delle mie sofferenze... dovevo scappare di lì.
Fortunatamente il bus arrivò in fretta e mise fine ai pensieri che mi stavano tormentando, e in poco tempo raggiunsi la stazione.
In treno mi addormentai, ma per fortuna mi ero puntata la sveglia che mi salvò la vita. Scesi dal treno e ad aspettarmi c'era mio padre con la sua nuova compagna Laila.
Erano eccitati dall'idea di avere un'altra persona tra i piedi in casa. Non che la loro vita fosse monotona, anzi! Tra il lavoro di entrambi (mio padre era un ricercatore scientifico e Laila era una maestra di ballo) e le tre piccole pesti a cui badare (Lorenzo di 7 anni, Lucia di 4 e Aurora di 1) non c'era un momento di calma nella loro giornata. E adesso si aggiungeva anche Laura, una ragazza 17enne, appena lasciata dal ragazzo e che in questo momento si trovava nel pieno di una crisi esistenziale, oltre che nel pieno di una crisi di nervi. Beh quella ragazza ero io!
Mi dispiaceva irrompere nella vita di mio padre così drasticamente, ma non avevo alternative. A loro, comunque, non sembrava pesare più di tanto. O almeno non lo davano a vedere, chissà...
Arrivammo a casa in breve tempo e mio padre mi mostrò la camera dove avrei vissuto.
Papà: -questa qua è la tua camera. Abbiamo cercato di sistemarla un po'. Lo so, non è il massimo, ma col tempo la sistemiamo al meglio, in base anche alle tue esigenze.-
Io: -tranquillo papà, e anzi, grazie mille per tutto quello che state facendo per me!-
Papà: -non devi ringraziarci, lo facciamo col cuore.- Si avvicinò e mi diede un bacio dolce sulla fronte.
Era da molto tempo che mio padre non si concedeva un momento di dolcezza con me. E non credo fosse colpa della distanza, perchè anche quando ero piccola e vivevamo tutti insieme, non mi ricordo che dimostrasse così spesso il suo affetto per me.

Entrai nella camera. Da come me l'aveva descritta papà credevo che sarei dovuta entrare in uno stanzino sistemato alla bell'e meglio, invece davanti ai miei occhi si aprì una stanza molto carina: al centro un letto enorme da una piazza e mezzo, di lato un armadio a due ante e affianco una cassettiera. In più c'era uno stereo e un post-it con su scritto "so che ami ascoltare la musica".
Amavo quando mio padre mi dimostrava il suo affetto in queste piccole attenzioni.
Entrai in stanza e mi buttai sul letto. Aprii gli occhi e guardai immobile il soffitto. Ero felice di essere andata via da là, ma comunque il pensiero di quei due che si baciano era ancora lì davanti ai miei occhi.
Decisi di reagire. Mi alzai e raggiunsi Laila. Non volevo che si occupasse da sola della casa.
Io: -Laila hai bisogno di una mano?-
Laila: -stai tranquilla Laura, faccio io. Tu riposati, hai affrontato un viaggio e sarai stanca ora.
Io: -no Laila, insisto. Durante il viaggio ho dormito e se me ne sto di là o davanti la TV mi sentirei inutile.
Laila: -e va bene! Certo che sei più cocciuta di tuo padre eh!
Io: - che ci vuoi fare?! Sarà di famiglia!- ridemmo. Forse quella serenità era da troppo che non la vivevo. In casa mia l'aria era diventata insostenibile: mamma faceva troppe domande a cui io non volevo rispondere. Qua invece mi sentivo giá più libera e meno oppressa.

La serata passò così in tranquillità. La sera giocai con i bambini, che mi avevano accolta subito come una di famiglia, nonostante non mi conoscessero quasi.
Amo i bambini: ti guardano senza giudicare. A volte gli adulti dovrebbero imparare da loro...

Erano le 23.00 ed ero a letto. Non volevo fare troppo tardi, due giorni dopo avrei iniziato scuola nel nuovo paese e volevo tenere delle energie da parte per il mio nuovo anno scolastico. Prima di chiudere gli occhi scrissi un ultimo messaggio a mamma, per rassicurarla:
'Ciao mamma, qua va tutto bene e io mi sento giá meglio. Comunque domani mattina ti chiamo e ti racconto un po. Ora sono molto stanca e vado a dormire. Buonanotte". Premetti invio e poi spensi prima il cellulare e poi la luce. Il primo giorno era andato e tutto sommato già il pensiero di lui era abbastanza lontano.

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