Rientri

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Era sabato e noi saremo potuti tornare a casa. Al pensiero di separarmi dalla persona più importante in questo periodo mi salivano le lacrime. Io sarei andata a Rovigo dalla mia famiglia che non vedevo da molto visto che li avevo visti per l'ultima volta 4 mesi prima di entrare nella scuola. Gabriele sarebbe tornato a Napoli, dalla sua famiglia. Eravamo alla stazione. Lui mi stringeva forte a sè mente io cercavo di non piangere. "Ti amo Gab." Dissi quando annunciarono la partenza del mio treno. "Anche io Sofia. Tantissimo. Scrivimi quando arrivi. E ricorda che per qualunque cosa io ci sono. Ci vediamo fra due giorni." Disse poggiando le sue labbra sulle mie. Lo lasciai andare piano per poi salire in direzione verso casa. Presi posto appoggiando la borsa sul sedile affianco al mio ed estrassi il telefono. Vidi subito un messaggio che mi fece sorridere quanto intristire. "Mi manchi già piccola. XxG" lessi sullo schermo. "Anche tu amore." Risposi subito. Misi poi le cuffie e feci partire la musica. Dopo non molto mi addormentai pensando al mio meraviglioso ragazzo.
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Arrivai in stazione e, una volta scesa dal treno, mi diressi verso casa. Le familiari vie della città mi fecero affiorare i numerosi ricordi. Arrivai davanti alla mia vecchia casa e suonai il campanello. Mi aprì Giulio e subito gli saltai al collo. Aveva due anni meno di me ma era molto più alto. "Ciao Giù." Gli dissi stringendolo. "Ciao sistah." Disse baciandomi la guancia. "Mi sei mancato tanto piccolino mio." Dissi staccandomi dall'abbraccio. Entrammo in casa e subito Federico mi corse incontro abbracciandomi. Lo sollevai e lo strinsi forte a me. "Ciao Fede." Salutai il mio fratellino. "Sofi!" Esclamò lui. Poi arrivò Davide e abbracciai anche lui. Salutai anche i miei genitori e poi ci sedemmo e gli raccontai della mia esperienza ad amici. "La è tutto fantastico. Poi ho conosciuto un ragazzo e ora...stiamo insieme." Dissi tutto d'un fiato. Sbarrarono tutti gli occhi. "Come si chiama?" "Quanti anni ha?" "Ti ha fatto star male? Se lo farà lo disintegro." Dissero gli uomini. "Ragazzi calmi. Ha 18 anni, è libera di fare quello che vuole." Sorrisi riconoscente a mia madre e risposi alle domande dei quattro ossessionati. In questo momento vorrei che avessero tutti l'età del bambino che ho sulle gambe. "Si chiama Gabriele, ha 18 anni ma è più piccolo di 8 mesi rispetto a me e no non mi ha fatto stare male Davide."
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Eravamo ormai da qualche giorno tornati dalle vacanze ed eravamo tutti in sala relax. Io da quando mio padre ha pronunciato quelle parole non ho pensato ad altro. "Ma davvero tu credi ancora che la danza serva? Ti conviene studiare cara mia perché quando la favoletta finirà ti ritroverai senza lavoro." Fu quello che mi disse. Quello che mi diceva sempre. Neanche a mia madre piaceva la mia arte ma mi ha sempre appoggiato in tutto. Lui invece no. Esistevano solo calcio, sport e studio, nient'altro. I professori lo sapevano, me lo avevano chiesto si casting. E così me ne stavo con la schiena attaccata alle fredde mattonelle dello spogliatoio femminile e le cuffiette nelle orecchie. Entrò Chiara, che mi vide sulle mie ma non disse niente perché sapeva come ero fatta. Dovevo stare un po' per i fatti miei, calmarmi e poi uscire. Le parole continuavano a entrare nella mia testa ma venivano subito cacciate fuori dal "non ce la farai" di mio padre. Mi ricordai delle numerose liti perché lui non voleva che io continuassi i miei studi. E quindi me ne sono andata via. Mi trasferii a Roma e feci la babysitter per pagarmi gli studi. "Ti stai rovinando la vita per una cosa che non ti porta da nessuna parte." Non riuscivo a togliermi quelle parole dalla testa. Non mi veniva da piangere, neanche da ridere, stavo solo subendo. "Sofi?" La voce di Gabriele fece eco nella stanza mentre io toglievo le cuffie. "Si?" "Che c'hai?" Chiese porgendomi la mano e facendomi alzare in piedi. Alchè mi avvicinò al suo petto e mi mise le mani sui fianchi. "Niente Gab, solo sto pensando." Lo guardai negli occhi. "A che pensi?" Sorrise poco mentre io gli misi le mani dietro la schiena. "A mio padre." Dissi tutto d'un fiato. "Che ha fatto?" Fece il suo sguardo interrogativo che mi fece sorridere. "Mi ha detto delle cose e io...niente stavo solo pensando a quelle." Mi fece segno di continuare. "Le solite cose. A te non le ho mai dette ma io le ho sentite talmente tante volte....che danzare non serve a niente, che sarebbe stata la mia rovina, che la danza non è un lavoro." Dissi intristendomi notevolmente. Cercai di trattenere le lacrime sotto lo sguardo attento di Gabriele, ma fu tutto vano. Una lacrima mi rigò la guancia e lui mi strinse a sè. Gli allacciai le mani dietro il collo mentre nascosi il viso sul suo petto. Un altra lacrima bagnò la maglietta di Gabriele. "È tuo papà, capirà. Tu sei la sua bambina, è normale che cerchi di tenerti il più vicino possibile. Così ti fa allontanare perché tu credi in quello che fai ma, lui non è convinto come te. Lui non sa quello che provi danzando. E il modo in cui puoi mostrarglielo è asciugandoti 'sti lacrimoni e ballando come sai fare." Disse mettendomi le mani sulle guance per asciugarle. Mi lasciò un lieve bacio sulla guancia. "Lo so Gabri però, una parola buona ogni tanto..." Dissi cominciando a singhiozzare leggermente. Mi strinse forte a se. "Lo so piccola, lo so." Mi sussurrò baciandomi i capelli.

Hey
Questo capitolo non si pubblicava perché c'era qualche problema con non ho capito cosa ma ehi, ce l'ho fatta. Yey.

We are//Gabriele EspositoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora