Classico e Confidenze

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La mattina dopo la sveglia interruppe i miei sogni. Appena cercai di spegnarla mi resi conto di avere la testa sul petto di Gab. "Scusa." Gli dissi imbarazzata. "Tranquilla, non mi davi fastidio." Sorrise. Mi alzai e presi dalla valigia gli abiti Rossi e mi diressi verso il bagno. Indossai la maglia e i leggings, aggiustandomi la felpa sulle spalle. "Gabri non vieni a fare colazione?" Gli chiesi sedendomi vicino a lui. "Ho sonno." Disse con la voce roca. "Ok, allora prima di partire per andare allo studio ti vengo a chiamare ok?" "Si, grazie." Sorrisi e mi alzai, ma prima di uscire lui mi chiamò. "Sofia?" "Dimmi." "Ieri non mi hai risposto al ti voglio bene." Disse come i bambini piccoli. Mi avvicinai a lui e gli lasciai un morbido bacio sulla guancia per poi sussurrargli 'ti voglio bene anche io.' Lui sorrise e io scesi di sotto.
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"Oh buongiorno! Dormito bene sul petto del tuo cavaliere?" Mi prese in giro Andreas. "Stupido, e comunque è solo colpa tua che ti sei preso il mio letto." Lo fulminai con lo sguardo. Mi sedetti vicino a lui. "E la tua dolce metà?" "Andreas ti ritrovi la testa in Australia e il culo in Alaska se continui. Comunque è in camera." Gli risposi puntandogli un dito sul braccio.
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"Buongiorno maestra!" Salutai la Celentano entrando in sala. "Ciao." Arrivarono anche gli altri e ci mettemmo in fila. "Allora, nessuno di voi, apparte Sofia, arriva qui come anche un ballerino classico." Cominciò la maestra. "Quindi cominceremo dalle basi. Laggiù ci sono le mezze punte, andate a prenderle. Sofia metti le punte." Annuii e mi sedetti a terra allacciando le punte e passandole nella pece. Ci mettemmo alla sbarra e cominciammo a fare esercizi molto semplici che però misero in crisi quasi tutti. "Ragazzi! Non è possibile che non riusciate dai! Sono esercizi che fanno fare ai bambini delle elementari!" Gridò esasperata la maestra. "Oggi pomeriggio abbiamo la seconda lezione e vi conviene sapere qualcosa in più." Disse consegnando dei fogli. C'erano scritti i diversi passi che dovevamo imparare. La maestra uscì. Cominciai a leggerli e notai di sapere già quello che c'era scritto, in quanto erano quindici anni che eseguivo quel tipo di esercizi. Vidi gli altri con delle facce esasperate e cercai di aiutarli. "Volete una mano?" Gli chiesi avvicinandomi a loro. "Si ti prego." Rispose Andreas. "Non capisco una delle parole scritte in questa lingua qui." Disse Gabriele. "È francese Gab." "E che ne so io ho fatto spagnolo alle medie e Inglese alle superiori." Risi. Gli mostrai i diversi passi mentre loro cominciarono a capire alcuni di 'quei così dove giri la gamba.'
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È da tre giorni che tutte le sere io e Gabriele ci addormentavamo abbracciati. Quella sera fu diversa. Prima di dormire io decisi di uscire sul davanzale e ascoltare la musica. Ero un po' giù di morale visto che esattamente un anno prima una delle persone più importanti della mia vita se ne era andata. La mia insegnante di danza, Veronica, mi ha sempre fatto un po' da mamma, ma non mi ha mai detto del tumore che aveva. La vidi spegnersi un po' alla volta. La sua perdita mi spinse ancora di più a lasciare Rovigo e trasferirmi. La musica spesso mi serviva a calmarmi, ma non funzionò. Io odiavo piangere, e lo facevo poche volte. Ma quella fu una delle poche. Le lacrime mi rigavano il volto mentre pensavo alla donna che mi ha fatto amare quest'arte. Vidi la portafinestra aprirsi e Gabriele uscire. Mi asciugai di fretta le lacrime e fermai la musica. "Che succede?" Chiese lui sedendosi vicino a me. "Niente." Mentii. "E perché piangi?" "Non sto piangendo." Tirai un sorriso. "Non me la racconti piccoletta." Disse punzecchiandomi il braccio. Cercai di smettere di piangere ma le lacrime non volevano saperne di non scendere. Mise le sue mani sul mio volto, togliendo le lacrime. Gli sorrisi riconoscente. "Io non piango." Dissi poi. Lui mi guardò. Io feci un altro sorriso falso. Mi sollevò e mi poggiò sulle sue gambe per poi stringermi a sè. Ricominciai a piangere. Lui nel frattempo mi carezzava la schiena e mi lasciava qualche bacio dietro l'orecchio. "Che succede?" Disse poi senza mai staccarsi. Gli raccontai della mia insegnante, che mi ero trasferita, tutto quello per cui piangevo. E lui non disse niente. Rimase in silenzio. E mi baciò. Fu il bacio più bello della mia vita. Non che ne avessi dati tanti, ma quello era diverso. Era pieno della sicurezza che lui voleva darmi, era pieno dei sorrisi che voleva comparissero sulle mie labbra. Era un bacio che sembrava dire 'ti aiuto io.' Un bacio vero. Io ricambiai subito, allacciando le braccia dietro il suo collo e facendo scomparire tutte le mie insicurezze. Sentii le farfalle nello stomaco e non ci capii più nulla.

Hey!
Spero che vi piaccia la storia, almeno un quarto di quanto a me piace Gab. Vi mando un bacio grande. Ciao.

We are//Gabriele EspositoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora