3 - Sola.

1.3K 102 22
                                    


Puoi dire tutto al mio manager, io sono impegnato.

Fu questa la sua risposta, arrivata dopo tre ore.
Mi salì una tale rabbia da voler distruggere il telefono. Non potevo di certo dire al suo manager che ero incinta. Non era una faccenda di lavoro come un contratto, un servizio fotografico o un'intervista.
L'istinto di mandarlo a quel paese era forte. Ma mi aggrappavo a quella dolcezza e a quella bontà che, nonostante tutto, avevo visto. Ignazio non se ne sarebbe fregato, se solo lo avesse saputo.

Dovevo parlare con lui.

Nei giorni seguenti provai e riprovai a chiamarlo, ma niente. Passavo le notti a piangere sola con me stessa e pensavo a tutte le conseguenze che comportava avere un figlio. Al solo pensiero non dormivo. Quella notizia mi aveva stravolto la vita e se pensavo che "qualcuno" invece dormiva sereno e indisturbato, mi innervosivo ancora di più.

Una mattina andai sotto casa sua, e mi fermai lì fuori con la speranza che prima o poi o sarebbe uscito o sarebbe tornato da una serata.
Dopo due ore scoppiò a piovere ma io rimasi lì, seduta sugli scalini sotto casa sua. A volte mi alzavo e facevo per andarmene perchè me ne ero pentita, ma dopo qualche passo tornavo sempre indietro. La determinazione non mi è mai mancata.
Dopo un pò sentii improvvisamente la porta aprirsi. Era lui, trascinava una valigia e indossava un giubotto gigante e un paio di occhialoni scuri. Probabilmente stava partendo e io lì davanti a lui mi sentii più stupida che mai.
Mi alzai improvvisamente dagli scalini e quando mi vide quasi si spaventò. Ero completamente bagnata dalla testa ai piedi dalla pioggia che continuava a scendere.
<<Ma che ci fai qui?>>, mi chiese scandendo quelle parole lentamente. Era sorpreso e si guardava intorno, non riuscendomi a guardare in faccia.
<<Dobbiamo parlare Ignazio, è urgente non posso dirlo al tuo manager! Che cazzo di risposte dai!>>, dissi tutto d'un fiato.
<<Che c'è? Non vedi che sto partendo?>>, mi disse lui con nochalance.
<<Che c'e?! Che c'è mi chiedi....>>, urlai tra l'ironia e l'isteria.
Riniziai a piangere, e non riuscii a fermarmi. Mi sedetti sugli scalini affondando la testa tra le gambe.
Lui rimase impassibile, fermo. Ovviamente non capiva.

<<Sono incinta Ignazio>>, dissi con un filo di voce.
<<Cosa?!>, urlò lui sedendosi e guardandomi, per la prima volta. Aveva la fronte aggrottata e gli occhi sbarrati.
<<Avevo un ritardo e...ho fatto il test ed è risultato positivo. Ne ho fatti venti prima di convincermi che sono....incinta>>
<<Ma che minchia dici...non è possibile!>>
<<Invece è così... e il padre sei sicuro tu perchè sono stata solo con te>>, ammisi.
<<Nonono non può essere...>>, continuò lui, <<non può essere perchè abbiamo usato sempre precauzioni>>.
<<Ma come fai a dirlo con sicurezza!>>, gli risposi, <<Non puoi essere così sicuro perchè anche io ho perso il conto delle volte in cui siamo stati insieme...pensa tu>>.
Mentre parlavo lo guardavo toccarsi nervosamente i capelli. Era incredulo e spaesato, non voleva accettare la realtà, continuava a scuotere la testa.
Poi si alzò improvvisamente.
<<Non dire cazzate...perché non è vero. Io non ci credo>>, disse con una tale sicurezza da farmi paura.
Lo guardai allibita. <<Cosa?>>
<<Insomma...sai quante volte è capitato alla gente famosa di cascare in queste persone che si inventano la qualsiasi perchè vogliono solo soldi?...quindi posso anche non crederci...In effetti io ti davo tutto quello che volevi no?>>, continuò. La sua teoria era così assurda che io non potevo aver sentito bene. Analizzai quelle frasi qualche secondo prima di rendermi conto che quella conversazione stata toccando il limite.
<<Tu non stai dicendo sul serio...>>, gli dissi.
<<Io non posso nè credere nè accettare una cosa del genere...Ho cambiato vita, frequento un'altra ragazza, sto partendo per un mese e non voglio problemi! E poi come faccio a essere sicuro di essere io il padre con una ragazza che alla prima volta è andata a letto con me?! Il padre potrebbe essere chiunque!>>.
Non mi trattenni. Quella frase mi ferì talmente tanto che mi alzai di scatto e gli diedi uno schiaffo con tutta la forza che avevo. <<Non ti permettere a dirmi mai più una cosa del genere!!>>, gli urlai a denti stretti e a pochi centimetri dalla faccia. Ignazio mi guardò con rabbia, si allontanò spaventato e fece per andarsene. Ero furiosa, delusa, e per l'ennesima volta illusa. Illusa di poter essere capita da un ragazzo che in realtà non sapeva nemmeno cosa voleva dire la parola responsabilità.

▪Suo Figlio dentro me▪ Ignazio Boschetto| Il VOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora