6 - Rimorsi di coscienza.

1.3K 92 36
                                    


Ero quasi al terzo mese di gravidanza e ormai assistevo disarmata al mio corpo che cambiava giorno dopo giorno. Avevo imparato ad accettarlo, a convivere con la nausa mattutina, con l'ipersensibilità, con gli sbalzi d'umore.

Per fortuna non ero sola. Avevo Giulia che era per me una sorella, un' amica, una madre. E poi c'era Marco, che non pretendeva di essere un padre, un compagno, un fidanzato. Si limitava a proteggermi, a darmi quell'affetto che mi mancava. Mi aggrappavo ai suoi abbracci quando pensavo di non potercela fare e lui era sempre lì.

Per un pò di tempo riacquistai una sorta di equilibrio con me stessa e con quel cuoricino che cresceva sempre di più. Ero più serena, pensai veramente di potercela fare da sola. Avevo acquistato una grande forza. Ed era mio figlio che me la infondeva.

Quel periodo, come tutti i momenti più belli, durò poco. Una sera, quando meno me l'aspettavo, perchè ormai ci avevo perso le speranze, ripiombò dal nulla la persona che in quel momento avrei voluto vedere per ultima.

Il ristorante non era pieno come al solito. Il mio turno era iniziato da pochissimo.
<<Come stai oggi splendore?>>, mi chiese Marco mentre tagliuzzava della verdura.
<<Come sempre...a volte sono serena e il momento dopo mi ritrovo in lacrime. Devo ancora imparare a gestire gli ormoni>>, gli risposi.
<<Sei la ragazza più forte che io conosca, vedrai che ce la farai>>, mi disse il ragazzo regalandomi uno di quegli sguardi pieni di dolcezza.
Marco era dolcissimo con me, ma avevo la consapevolezza che anche se non fossi stata in quella situazione, non sarei riuscita a vederlo come più di un amico.
Iniziai, come ogni sera a correre avanti e indietro. Non mi accorsi subito di un tavolo con due tipi strani.
Quando mi incamminai per chiedere loro se volessero ordinare qualcosa, vidi che tendevano a nascondersi dietro i menù. Erano incappucciati.
Mi avvicinai a loro un pò intimorita.
<<Scusate signori. Siete pronti per ordinare?>>, chiesi.
Uno di loro scoprì la sua faccia abbassando il menù e avrei voluto vedere la mia espressione in quel momento. Strabuzzai gli occhi, non potevo aver visto bene. Ignazio era lì, a un metro di distanza da me. Vidi un ragazzo mortificato, imbarazzato. Restammo per qualche secondo a fissarci, senza parlare. Poi guardò giù, verso la mia pancia. Ma non vide granchè, avevo iniziato ad indossare maglie più larghe.
<<Ignazio>>, dissi sottovoce, sorpresa,
<<Che ci fai qui?>>. Fissai lui e Piero, che lo aveva accompagnato, cercando di focalizzare. Ma ero sconvolta.
<<Ti ho cercata al bar ma non c'eri, sono andato sotto casa tua e mi hanno detto dove potevo trovarti...>>, disse velocemente. <<Dobbiamo parlare Arianna...c'é ancora..?>>, mi chiese continuando a guardare la mia pancia.

Avrei voluto trattarlo come lui aveva fatto con me. Dirgli che nostro figlio non c'era più, cosi sarebbe sparito per sempre e io una volta per tutte l'avrei dimenticato. Ma non potevo.
Annui con la testa.
<<Quando possiamo parlare?>>, mi chiese.
<<Se puoi aspetta che finisco il turno>>, dissi senza lasciargli il tempo di rispondere. Giraì i tacchi e andai a nascondermi in cucina. Rimasi quasi tutta la sera lì a spiarlo da dietro la porta della cucina.
<<Quindi lui sarebbe il famoso padre?>>, mi chiese Marco con aria seccata.
Io continuai a guardarlo annuendo soltanto. Ignazio parlava animatamente con Piero gesticolando come al suo solito. Mi faceva una strano effetto vederlo a cosi poca distanza da me.
<<Ma tu ci credi che è tornato per il bambino?...Non vorrei avessi secondi fini...non mi convince>>, continuò Marco.
Il suo instinto protettivo tendeva a non fidarsi di una persona di cui avevo parlato così male in questi mesi, e in effetti non aveva tutti torti perchè anche io avevo dei dubbi. Ma di certo non potevo voltargli le spalle senza sentire cosa aveva da dirmi. Gli avrei dato un'ultima occasione.

<<Sei sicura di voler andare a parlare con lui?>>, mi chiese Marco a fine turno. Era preoccupato. <<Se vuoi ci parlo io>>.
<<No tranquillo ci penso io>>, dissi sospirando. Vidi la sua espressione non convinta e mi scappò un sorriso. <<Non mi farà niente dai...se ho bisogno ti chiamo subito>>, lo rassicurai.
Il biondo mi lasciò una carezza sulla guancia e poi se ne andò, in quel momento probabilmente si rese conto che doveva mettersi da parte.

Cercai di sistemarmi come meglio potevo, mi tremavano le gambe e l'ansia era a mille. Presi un bel respiro e uscii dalla porta di servizio che dava su un cortile. Lo trovai lì, mi aspettava seduto su una panchina.
Quando mi sedetti accanto a lui, incorciando le gambe su quella panchina, ci furono dei secondi di silenzio. Ignazio fissava il vuoto. Era più magro e aveva l'aria stanca.
<<Perchè sei tornato?>>, gli chiesi più distaccata che potevo.
<<Sembrava che tu me l'avessi augurato, come una maledizione. Ad un certo punto ti ho anche odiato per quella frase che mi dicesti...>>, disse continuando a non guardarmi.
Cercai di ricordare...."Spero che i rimorsi di coscienza non ti daranno mai pace!", gli avevo urlato quella volta.
<<Inizialmente cercai di dimenticare, di fare finta non fosse successo niente.Tu non eri incinta e non mi avevi detto che ero io il padre, quindi non dovevo pensarci e stare tranquillo. Mi ero chiuso in un mutismo che aveva fatto preoccupare tutti.
Ovunque guardassi vedevo padri o famiglie. Portavano a passeggio il figlio, gli compravano il dolce, un giocattolo, lo coccolavano. Io cercavo di distogliere lo sguardo, ma era sempre a quelle scene, alle vetrine di negozi per bambini, alle donne incinte per strade, alle pubblicità e ai film su bambini, che i miei occhi andavano. Sognavo quasi ogni notte te con un bambino in braccio, piangevi. Mi svegliavo di scatto e non dormivo più. Ero cambiato e se ne erano accorti tutti, tranne io. E allora il pensiero che avevo fatto una cazzata e che dovevo tornare si faceva sempre più forte. Poi cominciai a sfogarmi con i ragazzi e capii che non potevo aver mostrato quel lato di me, non esisteva, quella vita non mi apparteneva>>
Io ascoltavo cercavo di captare ogni parola, ogni tono. Mi resi conto di avere di fronte un'altra persona.
Poi...- riprese con la voce tremante - qualche giorno fa, mi mancava terribilmente la mia famiglia. Sentii mio padre a telefono e quando mi disse: <<Ignà ricordati che ti voglio bene, un padre ne vorrà sempre al proprio figlio>>, scoppiai a piangere perchè lui era una delle persone più importanti della mia vita e immaginare una vita senza di lui sarebbe impossibile. Pensai allora che dovevo tornare, perchè se in realtà mi fossi sbagliato e avessi avuto ragione tu, avrei avuto i rimorsi di coscienza per tutta la vita ad immaginare mio figlio senza un padre>>. Pronunciando le ultime parole lo vidi piangere. Mi sembrò sincero, pentito veramente. Non lo riconoscevo più o probabilmente non l'avevo mai conosciuto.
Come in un domino cominciai a piangere anche io, forse per sfogare tutta l'ansia repressa. Finalmente mi guardò, cercai di scrutare i suoi occhi. Mi dovevo fidare o no? Il mio cuore aveva già risposto e riniziò a battere.
<<Ormai non ci speravo più>>, dissi con voce spezzata. <<Non puoi capire che inferno ho passato. Anche io ero entrata in modalità "non sono incinta e il bambino non esiste". Ma quando ho rischiato di mettere a repentaglio la sua vita e poi ho sentito il suo cuoricino...in quel momento io sono diventata mamma>>.
I suoi occhi si illuminarono e mi sorrise asciugandosi le lacrime. Fu un momento di grande dolcezza.
Poi però improvvisamente ridiventò serio.
<<Io non sto dicendo che mi rimangio totalmente quello che ho detto. Un fondo di verità c'è. Noi due non ci conosciamo e secondo me è normale non fidarsi totalmente...Chiedo tempo per capire, per avere certezze. Pensavo di fare il test del DNA, se tu sei d'accordo>>, mi disse poi. Ed ecco che caddi dalle nuvole su cui ero appena salita. Mi sentii una stupida ad essermi confidata con lui che magari sperava che quel test fosse risultato negativo per non avere preoccupazioni. Lui padre non lo era.
<<Non sono d'accordo>>, gli dissi seccata. <<Ma se accetto lo faccio solo per mio figlio, così potrà avere finalmente un padre. Non lo faccio di certo per te, per toglierti i tuoi cazzo di dubbi e farti stare con la coscienza apposto! Tu in realtà non sei tornato perchè hai capito che hai sbagliato!>>, gli urlai.
Ai miei occhi vidi quella luce appena accesasi attorno a lui affievolirsi sempre di più. Mi alzai per andarmene.
<Ma non è vero! Non andare via! Cerca di capirmi>>, mi disse tenendomi il braccio.
<<Non potrai mai essere un padre...perché non lo vuoi>>, dissi staccandomi. Cominciai a camminare più velocemente che potevo. Ignazio mi veniva dietro chiamandomi. Ma non mi volevo fermare. Non volevo ascoltarlo. Mi ero illusa di nuovo. Cominciò a girarmi tutto intorno, la sua voce si fece sempre più lontana, ma io continuavo a correre finchè non ebbi più forze, finchè non caddi a terra di pancia...sbattendo sull'asfalto.

Ecco qui il nuovo capitolo!! Fatemi sapere se vi è piaciuto.
Abbiamo colpi di scena su colpi di scena. Ignazio finalmente sembra pentirsi o almeno ci prova e torna da Arianna. I due hanno un confronto che degera e infine la tragedia!! La caduta porterà problemi? Ignazio e Arianna troveranno un punto di incontro? Tutto questo nel prossimo capitolo. Bacii♡

▪Suo Figlio dentro me▪ Ignazio Boschetto| Il VOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora