31 - La cameretta

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Tutto si era fermato a quel giorno.
Io ero rimasta ferma a quel momento, senz'aria, come se mi avessero risucchiato l'anima dal corpo.
Non riuscivo ancora ad assimilare quello che era successo e nulla sembrava avere più senso.

Nonostante fui circondata dai ragazzi, mia madre, la famiglia di Ignazio e Giulia arrivati di corsa con il primo volo spaventati per me e con il cuore in gola, io mi sentivo completamente sola, sola con il mio dolore, la mia sofferenza, immobilità, negazione, senso di vuoto.
Così mi chiusi in me stessa, nel più totale silenzio per giorni. Sapevo che quel silenzio preoccupava chi mi stava vicino, a chi mi guardava con la paura di una mia non ripresa.
Sapevo che dovevo essere forte, cercare di reagire, imparare vivere con quel vuoto. Ma non ce la facevo. Forse era troppo presto.
Era un lutto vero proprio.

E in quella circostanza Ignazio si mostrò più forte di me. Pianse tanto, si sfogò, accolse tutto l'affetto della sua famiglia e vidi piano piano la sua reazione a quel dolore, mentre io continuavo nel più totale gelo.
Ogni giorno mi implorava di sfogarmi, urlare, piangere, qualsiasi cosa. Mi pregava con gli occhi lucidi e stanchi. Ma niente.

Dopo dieci giorni di ricovero e altri cinque passati in stazione di polizia per i documenti di denuncia, ebbi solo la forza di dire che volevo tornare a casa, fuggire via da lì. Quel posto ormai era un incubo.
Così lasciammo Los Angeles e lì tutti i nostri progetti e sogni per il futuro.

Quando avevo scoperto di essere incinta non l'avevo presa nei migliori dei modi e non mi trovavo in una bella situazione.
Per me era stato un incidente, una sconfitta. Sentivo che la mia vita era finita e non ero assolutamente pronta ad avere un figlio a soli venti anni. In più il padre non ne voleva sapere di me e del bambino e non ebbi il coraggio di dirlo a mia madre. Rimasi completamente sola.
Ma dopo un periodo di negazione e follia, Ignazio tornò sui suoi passi e il problema avuto mi fece accettare la cosa. Piano piano le cose si sistemarono e la mia vita, il mio corpo cambiarono improvvisamente.
Cominciai a sentirmi mamma quando sentii il suo cuoricino battere emozionato.
E quando arriva quel momento, quello in cui ti senti già mamma, lo diventi veramente. Più il bimbo cresce, più lo immagini, lo sogni, lo culli e, in concomitanza, si fa spazio in te la paura di perderlo.
Quando però sfortunatamente quella paura di realizza ti senti morire...ma non muori. Non sei forte, semplicemente non hai alternativa.

Fu un viaggio lungo, ricco di pensieri, di silenzi. Ad un certo punto probabilmente pensavano tutti che stessi dormendo.

<<Non ce la faccio più, sono preoccupato per lei...non parla, non mangia, non mi guarda, mi risponde a stento...>>, sbuffò Ignazio a mia madre e a Caterina sedute accanto a noi.
<<Stai tranquillo gioia mia...ci vorrà solo del tempo>>, rispose Caterina tranquillizzandolo e coccolandolo.
<<E invece no...bisogna farla sbloccare. Magari potrebbe parlare con qualcuno>>, disse invece mia madre.
<<Non va bene così...se si tiene tutto dentro peggiora soltanto le cose>>, continuò.
<<Vi prego...facciamo qualcosa e non lasciateci soli perché io non saprei come fare>>, disse Ignazio.
<<Potrei provare a parlaci io, magari con me si apre>>, disse Giulia inserendosi nel discorso.
<<La vedo difficile>>, rispose Ignazio sospirando.
<<L'importante è che tu non ti abbatti e ti dimostri sempre forte. Se crolli tu....>>, disse la mia amica.
<<Io ci provo...ma non è facile per niente. Che situazione...>>. Riuscii a sentire il tono di voce di Ignazio cambiare con questa frase. Poi iniziò a singhiozzare.
<<Ehi dai! Non fare così...Mi si spezza il cuore!>>, Bisbigliò con voce rotta Caterina.
<<Ignazio... magari potresti anche tu andare con Arianna a parlare con qualcuno...>>, Propose mia madre.
<<No a me non serve, se aiuta Arianna lo farò ma la mia terapia è la musica. Dovrei chiudermi in una sala e suonare e cantare all'infinito. Ma adesso che abbiamo pure rimandato il tour è difficile...>>, rispose Ignazio.

Continuai ad ascoltare i loro discorsi facendo finta di dormire, finché mi addormentai veramente e, quando Ignazio mi svegliò dolcemente, eravamo quasi atterrati a Bologna.

Non vedevo l'ora di mettere piede in un posto familiare, che non ricordasse ciò che era accaduto, non vedevo l'ora di tornare a casa nostra, a cercare di ricominciare la vita sempre, a cercare di cancellare tutto e ricominciare da capo.
Ma quando Ignazio girò la chiave della porta d'ingresso e la aprí, mi sentii morire un'altra volta.
Tutto era rimasto uguale e ogni cosa mi ricordava lui.
Lasciai la valigia all'ingresso e cominciai a muovermi e a guardarmi intorno lentamente, sotto lo sguardo preoccupato di tutti.
C'era ancora il libro dei nomi sul tavolinetto, vari cataloghi sparsi qua e la. Ma mi saltò all'occhio quello che una volta era il rispostiglio, c'era qualcosa si diverso.
Quando mi diressi verso quella stanza sentii un urlo di mia madre che correndo mi sorpassò.
<<Nooo! Arianna fermati!>>, urlò mettendosi davanti a me e socchiudendo immediatamente quella porta.
<<Scusami ma avevamo completamente dimenticato questo cambiamento. Doveva essere una sorpresa...>>, disse mia madre abbassando la testa per l'imbarazzo.

Avevo capito. Ovviamente mi girai per non vedere. Ma poi improvvisamente qualcosa dentro me si mosse, qualcosa di inspiegabile.
<<Apri... >>.
Non mi accorsi nemmeno che quella parola uscì dalla mia bocca. Cos'era? Avevo voglia di autolesionismo?
<<Ma tesoro..non ti fa bene credimi>>, cercò di convincermi mia madre.
<<Ti ho detto apri!>>, continuai decisa e alla sua non risposta aprii di forza la porta e accesi la luce di quella stanza.

Non potevo credere ai miei occhi. Era una cameretta dalle pareti celestine, tutta decorata, piena di oggetti.
Culletta, passeggino, fasciatoio, vaschetta per il bagno, armadietto e i primi giochi, i primi vestitini e scarpette. Mia madre, Caterina e Nina avevano pensato proprio a tutto.
Sarebbe stata una bellissima sorpresa.

Tutto era contornato da un odore di nuovo, di cose intatte, mai usate.

E mai ormai lo saranno.

Improvvisamente il dolore fece spazio alla rabbia.

Rabbia perché una parte di me sapeva che era solo colpa mia e immaginava che tutti pensavano questo di me. Per questo motivo non riuscivo a parlare con nessuno, soprattutto con Ignazio... per la paura che mi dicessero che ero stata io, la mia incoscienza e la mia testardaggine a portarmi via mio figlio.
Se solo non avessi accettato quello stage, se solo avessi ragionato di più, se solo avessi ascoltato Ignazio.
Adesso non mi rimaneva che guardare quella stanza spaesata.
Gli occhi si fecero sempre più lucidi, avvertii un mancamento e mi accovacciai a terra scoppiando in un pianto disperato.
<<È tutta colpa mia! Solo colpa mia!>>, urlavo inconsolabile.

Subito tutti vennero verso di me cercando di tirarmi su.
Tirai qualche pugno qua e la alle pareti di quella maledetta camera urlando quella frase che mi opprimeva. Ero riuscita a tirarla fuori. Ma l'avrei mai accettata? Sarei mai riuscita a vivere con questo senso di colpa per tutta la vita? Sarei mai riuscita a riguardare di nuovo Ignazio negli occhi senza sentire vergogna?
Ignazio mi bloccò e mi abbracciò intensamente. Cercò di calmarmi in tutti i modi possibili e solo dopo un po' ci riuscii.

Ma era una calma apparentemente.

Ciao a tutti! Eccomi qua con un nuovo capitolo dove si vediamo la reazione di Arianna e Ignazio alla perdita del loro figlio.
Una reazione molto forte soprattutto da parte di Arianna che si ritiene l'unica responsabile.

Riuscirà a calmarsi? E Ignazio in realtà cosa penserà​ di lei?
Alla luce delle prime reazioni pensate che ce la faranno? Secondo voi cosa dovrebbero fare? Consigli?

Ovviamente scoprirete nel prossimo capitolo cosa succederà e vi anticipo che sarà raccontato da Ignazio.

Bacii😘😘

P.S. Vi consiglio di leggere la storia della dolcissima MelinaBoschetto4 dal titolo "Innamorata di tre semplici ragazzi". Non ve ne pentirete😉























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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 17, 2017 ⏰

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