19. Labbra

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Harry

Rimasi, per non so quanto, a fissare la porta.
La mente bloccata come il corpo.
Non riuscivo a capire cosa era successo dentro di me, mentre tutto si muoveva all'esterno.
Per pochi istanti, mentre lui mi fissava e con i suoi tocchi mi sfiorava il viso, tutto mi era parso giusto.
Ma non era per niente così.
Non c'era niente di giusto, e forse lui l'aveva capito.
Per questo se ne era scappato a gambe levate, inventandosi la prima e banale scusa che gli era passata per la mente.

Ma continuavo a non capire.
Perché tutto mi era sembrato naturale, al proprio posto?
Perché mi sentivo così bene e a mio agio mentre le sue mani mi accarezzavano e il suo respiro mi sfiorava la pelle?
Fino a due mesi fa ci odiavamo, ed ora?
Ora ci comportavamo come dei normali amici, che scherzano e si divertono.

E poi c'erano momenti come quello, momenti che capitavano sempre più spesso, dove uno si perdeva negli occhi dell'altro, dove c'erano mani che si cercavano, parole sussurrate e sorrisi dolci appena accennati sulle labbra.
Il nostro rapporto era diventato qualcosa di troppo grande, che mi faceva dimenticare del resto. Della nostra rivalità, dei nostri precedenti, della mia ragazza.
Emily.
La ragazza dolce e carina che veniva messa in secondo piano quando i suoi occhi si posavano su di me e quando le sue labbra si piegavano in un sorriso portando gli occhi a stringersi.

Era tutto cambiato, drasticamente.
Era cambiato così velocemente il nostro rapporto che ancora non riuscivo a capire bene come fosse avvenuto.
Era cambiato qualcosa anche in me.
Non avevo ancora capito se in meglio o in peggio, se in giusto o sbagliato.
Sapevo solo che ero cambiato.

Chiusi gli occhi, smettendo di osservare le sfumature del legno massiccio, e sospirai.
Cercai di annullare tutti i pensieri e di zittire la mia mente, mentre facevo uscire lentamente il mio respiro dalle labbra socchiuse.
Riaprii gli occhi quando sentii il suono del campanello.
Fissai per qualche secondo il legno, come se dietro ad esso si celasse il mio peggior nemico.
Come quando, da bambini, nel buio più totale, sentivamo la porta cigolare e aspettavamo in silenzio che qualcosa venisse e ci portasse via la vita.
Mi alzai lentamente dal divano, avvicinandomi con passi lenti alla porta.
Poggiai una mano sulla maniglia e facendo una lieve pressione feci scattare la serratura.

Aprii la porta per ritrovarmi Louis davanti.
Aveva il respiro affannato, le labbra rosse strette fra i denti e gli occhi che brillavano.
Restammo per qualche secondo a fissarci, mentre le sue guance prendevano colore e il suo respiro si regolava.

"Scusa." sussurrò, mentre poggiava le mani con i palmi aperti sul mio petto e mi spingeva dentro casa.
Entrò dentro, e con il piede chiuse la porta. Non capivo per cosa si stesse scusando, e non ebbi il tempo di chiederglielo.

"Scusami, ma devo farlo. Voglio farlo."
Non riuscì a capire a cosa si stava riferendo, non me ne diede il tempo.
Le sue mani si alzarono, andandosi a posare sulle mie guance, mentre i polpastrelli delle sue dita mi accarezzavano i capelli.
Non riuscivo a muovermi, il suo viso era così vicino e i suoi occhi, da questo punto di vista, erano ancora più belli e ancora più pieni di ogni tipo di sfaccettature e sfumature.

Sospirò, e il respiro uscì tremolante dalle sue labbra.
Potevo cogliere la paura nei suoi occhi, l'insicurezza.
Ma ormai non si poteva più tornare indietro.
Orami eravamo troppo vicini, e le intenzioni erano chiare.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente.

La cosa strana, era che non mi sentivo a disagio, in pericolo, in allarme.
Come pochi minuti prima, tutto mi sembrava giusto.

Before and after. The change of love  - Larry Stylinson -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora