Capitolo 12

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Abbandonarmi tra le sue braccia era tutto ciò che desideravo. La mia vita rovinata, stava prendendo una piega diversa. Camminando per Londra, con la mia piccola mano nella sua, capii che quello sarebbe stato il mio posto. Con tutte le città che avrei visitato, tra le sue braccia, più semplicemente con la mia mano nella sua, sarebbe stato il mio posto preferito. Assecondò tutti i miei capricci portandomi da Starbucks e in tanti altri posti. Quel ragazzo era dotato di pazienza unica. Ero immersa nei miei pensieri quando arrivammo al London Eye. Sapevo che non gli piaceva stare in alto, quindi non glielo chiesi. Fui, però, sorpresa quando si avvicinò alla biglietteria, pagò e ci accomodammo sulla ruota.
-Niall? Sicuro?
-Per te questo e tanto altro.
-Come facevi a sapere che adoro questa ruota?
Guardò il vuoto per un attimo prima di parlare.
-Le foto.
Mi rabbuiai all'istante. All'unisono riaffiorarono tutte le immagini dell'anno precedente, dopo la nostra "rottura". Me in quel dannato bar, me con i fianchi contro il muro, Sara e Caterina che partivano, il messaggio di mamma: "Non farti più sentire"; quello di Erica:"Torno a Londra, non cercarmi", la sala di danza vuota, le compagne di scuola che urlavano ed io... Immersa in un bagno di lacrime, nascosta dal mondo esterno sotto le coperte. Per qualche strana ragione, ora vivevo la quiete dopo la tempesta. Durante l'ultimo anno mi ero appassionata a Leopardi. Il suo modo di affrontare la vita e le situazioni era affascinante e, forse, mi piaceva tanto perchè assomigliava al mio. Probabilmente aveva ragione. L'uomo era nato per essere infelice. La cosa strana era che stavo vivendo quella piccola parte di semplicità.
-Ehi.- Disse con comprensione, poi mi abbracciò. -È tutto passato.
Non mi accorsi che avevo iniziato a piangere. Il tramonto su Londra mi ricordava il sole che spariva, la luce che andava via. Nonostante tutto quello che avevo vissuto, avevo una strana sensazione. La ruota finiva il giro come il sole tramontava. Non mi ero neanche accorta che fossero passati 10 minuti. Il ragazzo al mio fianco mi prese la mano, si avvicinò a me e mi sussurrò:
-Ora vieni con me, fidati.
Non conoscevo benissimo Londra. Abitavo lì da 2 anni, ma in periferia. Ci ritrovammo in un parcheggio e mi fermai di scatto. Non lo so, ma avevo sempre temuto un ambiente del genere.
-Cos'è successo?
-Niente, solo... I ricordi.
-Non preoccuparti.
Strofinò il naso contro la mia guancia e mi circondò la vita con un braccio. Ci dirigemmo verso una macchina nera. Non me ne intendevo, non sapevo quale fosse. Quando andò verso il lato del passeggero e mi mantenne aperta la portiera, ero stupefatta.
-È tua questa?
-Si, non ti piace?
-Mi piace.
Entrai è tutto odorava di lui. Il tempo in macchina trascorse in fretta. Mi riaprì la portiera e mi prese la mano. Entrammo in un ristorante. Non sapevo come definirlo. Semplicemente Wow.
-Cosa ti è saltato in mente?
-Tu, solo, rilassati.
Passammo davanti ad uno specchio. Quello mi ricordò chi ero più dei ricordi. Le gambe. Cavolo, quanto erano grosse. Anche la felpa metteva in evidenza la pancia paffuta. Scossi la testa come per tentare di nascondere quell'immagine, che improvvisamente si iniziò ad assottigliare. Le guance divennero scavate, i vestiti scomparvero e le costole erano sempre più in evidenza. La pelle divenne pallida e le occhiaie divennero profonde. La voce del mêtre fece ritornare nitida l'immagine. C'era una me sconosciuta, con una felpa, dei leggins e le converse bianche ai piedi, con un ragazzo di fianco che sembrava avere il mondo ai suoi piedi.
-Signora, Signor Horan, buonasera. Vi condurrò al vostro tavolo e mi occuperò dei vostri ordini.
Soffocai una risata, perchè sembrava uscire da Cenerentola. Ci accompagnò e noi ci accomodammo al tavolo con vista su Londra. Poggiai una mano sulla sua, sembrava perso tra i pensieri. Prima di parlare, mi soffermai sul colore dell'acqua. I libri di scienze dicevano che era incolore. Se fosse stata veramente incolore, come avrei fatto a paragonare il limpido dell' acqua con il colore dei suoi occhi?
-Tutto a posto?
-Si, scusa.
-Non preoccuparti.
-Ti sta piacendo questa giornata?- Mi chiese.
-È la seconda più bella della mia vita.
-E la prima?
-Quando mi sono presentata all' audizione. E la tua?
-Guarda un po' che coincidenza! È la tua stessa. Non riesco ancora a credere di poter inspirare il tuo profumo ogni volta che voglio.
-Vacci piano Horan!
Gli diedi un colpetto sulla mano.
-Ti amo.
-Ti- quel magnifico suono fu interrotto dal suono del mio cellulare. Risposi, non curante del conseguenze che quella chiamata avrebbe portato.
-M-mamma?- Dissi con voce tremolante.
Il nulla. Si sentiva solo un leggero fruscio.
-Che fai, ora vai a letto con Horan?
Accompagnò la domanda con una fragorosa risata. Nel frattempo il viso di Niall aveva assunto un'espressione corrucciata.
-Se gliel'hai data, sii felice!
-M-mamma sei ubriaca?
-Cosa? Qui lo sono tutti! Vieni anche tu e sii meno santarellina!
Non uscii nemmeno una parola delle tante che avrei voluto dire.
-Su, muoviti di più Dan, si più forte!
A quel punto, il telefono mi cadde di mano, provocando un rumore sordo. Vidi il buio. Il nulla si stava impossessando di me e caddi dalla sedia con la voce di Niall che urlava.

*Spazio autrice*
Ragazze, ecco i con un altro capitolo. Questa volta sono riuscita a mantenere la promessa e mi scuso per la sfuriata dell' altra volta, spero voi mi capiate. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se volete lasciate un commento o un voto. Mi interesserebbe tanto sapere cosa ne pensate. Grazie ancora e, come dico sempre, Stay Tuned per il prossimo capitolo. Scusate ancora perchè pubblico una volta a settimana, ma non riesco a fare di più. Ciao e grazie ancora.❤️

You've Got That One Thing~ Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora