Capitolo Quinto

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Mi riaccompagnò a casa. Stranito dalla mia insolente indifferenza, non parlò molto. Scesi dall'auto e mi salutò con un sordido ghigno schifato. Rinnovai l'invito per l'indomani sera. Avevo un'intervista con una band che si sarebbe esibita live in un locale della zona e, se voleva passare per prendere una birra insieme, così l'avrei presentato ad alcuni amici. E lui, come avvocato, andava incontro a due pessime giornate in tribunale.

Cosa mi era successo? Paura. Mi sono rifugiato, estraniandomi. L'amore è un bisogno primario che nasce con l'uomo, fin qui ci arrivo, poi mi perdo. L'amore invade ogni nostra singola azione, amore per il lavoro, per un idolo, per una pianta, per un amico. Se ti feriscono nel tuo quotidiano, nella tua dignità e persona, che sia un amico o un amante, cambi idea, e capisci che non è amore. Giri i tacchi alla ricerca di persone che amino quello che sei, e, non quello che vogliono ottenere da te. Prosciugandoti e, poi, buttandoti via. Questa è una delle tante sfaccettature dell'amore, e lui nel suo discorso, mentre io cantavo Battiato, mi fece capire di volere una relazione clandestina. E ciò mi spense il sorriso.

Il giorno dopo, postai su facebook, una frase diretta a lui. Come tutti i vigliacchi che ne fanno uso, per sfogarsi indirettamente, senza il coraggio di alzare la cornetta di un telefono a rotella.

"Ti aspetto ogni giorno, anche inconsapevolmente. Pensare che la tua presenza potrebbe farmi sentire meno solo. Ma sono quello sbagliato, anche se mi stai regalando momenti bellissimi. Mi sto abbandonando a te?"

Non ebbi sue notizie per tutta la giornata.

Con le mie amiche, Anna Lisa e Cristina, dopo l'intervista, prendemmo un tavolo per assistere al live. Non si riusciva a parlare molto, ma chiesi a loro se, il ragazzo seduto al tavolo di fronte, stesse guardando proprio me. Non volevo fare la solita femminella convinta che tutti l'ammirano e la vogliono. Anna Lisa e Cristina mi confermarono che non mi stavo sbagliando. E così, è stato tutto un gioco di sguardi, con il ragazzo di fronte, pseudo nerd, capelli arruffati, barba incolta e camicia Feldgrau, quella verde militare con bandierine tedesche su entrambe le braccia, per intenderci. Mi fissava insistentemente, distoglievo lo sguardo, ma poi, ogni volta, me lo ritrovavo a guardare. Iniziai a provare imbarazzo per quegli occhi che mi scrutavano, ma, vinto da quei pressanti sguardi, cercai di ammiccare con lui, di sorridere e, anche, di fare le labbra a papera, ma lui niente, guardava solamente. Di sicuro, non voleva farsi sgamare dagli amici ed essere condannato a ingiurie per un gesto o con le labbra o con gli occhi fatto nei miei riguardi. Decisi di alzarmi, per provare se lui era veramente interessato a me. Se mi seguiva fuori dal locale, era fatta! Solo due passi e mi accorsi, però, che il suo sguardo non seguiva me, ma era sempre fisso verso la direzione dove ero seduto. Mi giro. Guardo anch'io verso la stessa direzione e mi accorgo che, proprio dietro di me, era seduta una bellissima ragazza, bionda e avvenente, e, con due zizze grandi che sporgevano dal suo vestitino. Ne chillu strunz guardava a chella 'nfranzesata e alle sue zizze ed io che già volevo presentarlo alle mie amiche come boyfriend!?!

E, comunque, 'o gioco 'e sguardi m'aggia fatte into 'a capa mia!

Nota:  'Nfranzesate – Si usava quando l'Italia fu sotto la dominazione francese, specie al Sud. I francesi oltre ad opprimerci, portavano anche qualche "dono" indesiderato. Si diceva fossero portatori di malattie veneree, contagiavano le donne e di conseguenza anche gli uomini. Quindi, per offendere qualcuno, si usava dire, anche oggi tra i miei amici, che era stato contagiato dai francesi, cioè "francesizzato", quindi "'nfranzesate".

Nel dettaglio: 'nfranzesata = meretrice, che ha contratto il mal francese, la sifilide. Infatti, un tempo la sifilide fu detta a Napoli "mal francese", malattia infettiva trasmessa attraverso le prostitute dai soldati francesi di Carlo VIII re di Francia (1470-1498), figlio di Luigi XI e di Carlotta di Savoia. In Francia, invece, fu chiamato "mal napolitaine", propagato tra i soldati dalle prostitute partenopee affette.

L'amore al primo stadioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora