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I passi pesanti di mio fratello mi fecero ricordare della scatoletta nella mia borsa.
Staccai la schiena dalla porta dell'ingresso della nostra momentanea abitazione e recuperai la tinta dalla busta nera che mi ostinavo a portare in giro chiamandola addirittura 'borsa'.
Michael sbucò dalla cucina con un cappello di lana in testa e stranamente nessun ciuffo al di fuori dell'accessorio nero.
"Amore ti ho portato la tinta, ma ti prego non metterti più quel cappello, manco fossi Calum Hood" mi dispiaceva paragonare mio fratello al povero ragazzo che cercava in qualche motivo di nascondersi dentro un cappello o ad un cappuccio scuro di una felpa oversize.
Una risatina nervosa uscì dalle sue labbra e mi raggiunse con due grandi passi per strapparmi di mano il colorante e con uno sguardo serio darmi le spalle per entrare in bagno.
Diventava nervoso e emotivamente instabile- peggio di quando avevo il ciclo io- ogni volta che il colore dei capelli non era più quello da lui desiderato. Ho sempre accettato questo suo modo di superare la nostra situazione famigliare e di tenere a bada i suoi sentimenti, ma credo che prima o poi si ritroverà pelato e pieno di rimorsi.
Sfilai la grande giacca nera che avevo usato per uscire e raggiunsi mio fratello per passare un po' di tempo con lui dato che avrebbe dovuto aspettare una buona mezz'ora prima di risciacquare il colore dai capelli.
Lanciai la borsa sul letto dal corridoio senza neanche entrare in camera e aprii la porta rovinata del bagno: mio fratello era seduto sul bordo della vasca con il barattolo della tinta tra le mani e gli occhi grandi e bagnati.
Il cappello appoggiato sul pavimento e i capelli ormai rosa chiaro scombinati.
Ogni nuova tinta è stata un grande colpo da assorbire e lo abbiamo sempre vissuto insieme.
Lo raggiunsi, gli tolsi dalle mani il tubetto di colorante e mi tirai su le maniche per lavorare al posto suo. Non avevo mai fatto una tinta a nessuno, ma non dovevo mica pitturare l'ufficio di Obama alla Casa Bianca.
Con la testa ancora china e le lacrime a rigargli silenziosamente il viso non replicò appena cominciai a massaggiare la tinta su tutti i capelli.
Osservavo come lui non alzava lo sguardo dal suo grembo nonostante provassi a prendere tutto il suo malessere e caricarlo sulle mie spalle al posto suo.
Tenevo troppo a mio fratello e non avrei mai permesso che una stupida gita in barca rovinasse il suo meraviglioso sorriso sghembo.
Con le mani ancora impastate di verde quasi fluorescente mi venne un'idea, presi il suo telefono dal pavimento e lo sbloccai tenendolo tra le uniche dita non verdi e non volendo sporcai leggermente lo schermo. Cercai la musica tra tutte le applicazioni di giochi che teneva mio fratello, ma la sua grande mano mi precedette e senza guardarmi prese il telefono in mano, strofinò lo schermo sulla sua canottiera dei 'Metallica' e fece partire l'unica canzone che lo avrebbe fatto ridere di nuovo: All the small things dei Blink-182.
Finalmente tornò a guardare il grande specchio del bagno cercando i miei occhi ancora serio. Si incontrarono per qualche secondo e appena il cantante della band cominciò a cantare un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra, il mio cuore si sciolse e tornai a tinteggiare i suoi capelli ora a tempo di musica mentre lui faceva finta di suonare la chitarra elettrica e ripeteva tutte le parole del testo della canzone. Quello era mio fratello.
Quello era Michael Clifford.
•••
"Isabelle riportami subito il mio pezzo di pizza" urlava mio fratello dal salotto mentre io seduta sulle i gradini più alti delle scale mordevo con gusto un grande spicchio della sua pizza con il salame piccante.
Dopo aver finito di tingere i pochi capelli ormai rimasti a Michael ordinammo due pizze e le mangiammo davanti a Forrest Gump perché era Mercoledì e Bridgette non sarebbe potuta venire perchè doveva uscire con sua mamma visto che era io suo compleanno.
"Isabelle non ti conviene farmi alzare da questo divano e farmi perdere una delle parti preferite del mio film solamente per un fottuto pezzo di pizza con il salame, potrei essere manesco al mio arrivo" lo avrei fatto altre mille volte se non fosse stato per il pomeriggio drammatico appena passato, così decisi di tornare in salotto e ridare la pizza morsa a mio fratello che mi ringraziò lanciando un fugace bacio in aria. Finimmo il film uno accucciato sull'altra e dormimmo insieme sul divano senza neanche cambiarci, proprio come facevamo il primo mese di permanenza in questo appartamento.
Mi mancava quel periodo dove io e Michael passavamo i pomeriggi a casa insieme a fare i compiti e a cantare a squarciagola per poi cenare con Bridgette. Mi mancava il poter uscire a testa alta senza aver paura di incontrare Luke e di fare figuracce.
In qualche modo rivolevo la mia vecchia vita, come se qualcosa fosse successo e mi avesse sconvolto tutto.
•••
Sbattei con forza l'anta dell'armadietto per la centesima volta in un minuto, ma quanti fottuti anni fa hanno costruito sti cosi?
Continuai a rilanciare il pezzo di ferro che sarebbe dovuto fungere da anta contro l'armadio diviso in scaffali, ma non si chiuse.
Ormai infuriata mi piegai per recuperare la solita borsa nera e un leggere 'Click' e il rumore di plastica a contatto con il pavimento mi fece rialzare di scatto lanciandomi sulla spalla la borsa.
Cosa? Chi mi ha chiuso l'armadietto? Mi volto verso l'altro lato del corridoio e Luke Hemmings appoggiato ad altri armadietti osservava la scena con divertimento e soddisfazione. Come cazzo ha fatto a chiudere un'armadietto lanciando l'accendino?
Lui è Luke Hemmings. Oh sei tornata finalmente, quasi mi mancavi coscienza dei miei stivali.
Recuperai l'accendino nero e mi incamminai verso il lato opposto del corridoio per non affrontare una conversazione alla prima ora, del Giovedì poi- il giorno più inutile e scomodo che potessero inventare.
Non mi voltai per sembrare convinta della mia scelta di ignorare Hemmings e appena raggiunsi l'aula di Letteratura Italiana mi girai solo per controllare di non essere seguita ed entrai in classe per far finta di ascoltare la professoressa- che poveretta secondo me voleva fare la fioraia, ma la vecchia prof è caduta in depressione.
Lanciai la borsa a terra e mi sedetti a peso morto sulla sedia del mio solito banco in ultima fila. Sfilai dalla tasca dei jeans scuri l'accendino nero e subito il suo sguardo profondo e le fossette pronunciate si presentarono nella mia testa e quasi mi spaventai e mi pentii per ciò che avevo fatto.
Avevo evitato Luke Hemmings nonostante un suo chiaro messaggio.
Cretina. Buondì anche a te coscienza.
Girai tra le dita il piccolo oggetto nero e non riuscii a capire se ero impaurita o incuriosita di uscire da scuola e dovergli parlare o addirittura andare a casa con lui per fare latino.
Non ho mai provato il terrore di essere ferita da uno sguardo misto all'adorazione di un piercing e della misteriosità di una sola persona.
La professoressa/fioraia intanto ricominciò uno dei suoi grandi discorsi sugli scrittori italiani e sulla loro passione per i fiori.
Nonostante provassi a rimanere attenta alle sue parole venivo trascinata dall'accendino appoggiato sul banco, finii persino a pensare che era colpa di Luke se io e Bri non eravamo più unite e per colpa sua io ero sempre più insicura e terrorizzata.
•••
"Buongiorno, com'è la vita da ragazza sospesa?" chiesi alla mora di fronte a me che addentava la solita mela che le portavo dalla mensa.
Le raccontai dell'episodio dell'accendino e della mia grandissima paura di ri-incontrarlo nonostante quello che era successo al mare e al supermarket.
Mi rispose che era fatto così e che magari mi aveva chiuso l'armadietto in quel modo solo per attirare la mia attenzione in un modo diverso e magari anche regalarmi qualcosa di suo. Fattelo dire caro Luke Hemmings: hai delle idee pessime, quasi da American Horror Story.
Qualunque cosa avesse fatto Bridgette lo avrebbe difeso e per questo non lottai troppo e appena lei disse che era stata colpa mia che lo avevo evitato. Dopo qualche minuto dove eravamo arrivate a parlare di come andavano le cose tra lei e Ashton mi disse che stavano uscendo spesso soprattutto perchè lei non aveva la scuola e lui la saltava più o meno ogni giorno.
Mi disse che Ash conosceva Calum , che erano abbastanza amici nonostante parlasse gran poco e che aveva sentito parlare da Cal di Luke. Una grande voglia di sapere che cosa dicesse il finto asiatico di Luke mi assalii e non prestai più attenzione al discorso della mia amica tanto che mi risvegliai solamente quando mi disse che sarebbe dovuta tornare a casa per aiutare la madre a ripulire tutto visto che aveva dato una festa con le colleghe per il compleanno.
La salutaii baciandole la guancia e mentre aspettavo la voglia di tornare a casa a piedi mi sdraiai sul pratino e chiusi gli occhi per riposarmi.

Il rumore dei fasci d'erba che si muovevano a causa del vento mi fecero aprire lentamente gli occhi e mi sedetti appena mi accorsi di ritrovarmi ancora nel giardino della scuola. Mossi lo sguardo per cercare di individuare la chioma verde di mio fratello per tornare a casa, ma evidentemente mi ero addormentata e lui era già uscito e quasi arrivato al nostro appartamento.
Mi alzai con fatica notando che il mio piede destro si era addormentato e dopo averlo smosso un po' mi incamminai verso casa.
•••
Finalmente il grande palazzo grigio entrò nella mia visuale e aumentai il passo non vedendo l'ora di bere un po' d'acqua e di sdraiarmi sul divano. Nel tragitto il telefono si era scaricato e sicuramente c'erano migliaia di chiamate perse da mio fratello.
Una sagoma incappucciata era appoggiata al portone del blocco di appartamenti dove abitavo e l'ultima cosa che volevo fare era cacciare il solito barbone che si era addormentato in piedi davanti all'ingresso.
Appena fui abbastanza vicina all'uomo incappucciato da intravedere un ciuffo biondo sbucare dalla felpa non ero più in tempo per evitarlo.
Si girò verso di me di scatto come se conoscesse già la mia futura reazione.
Un sorrisetto malefico spiaccicato in viso e gli occhi senza emozioni.
"Buonasera piccola" la voce roca era abbastanza bassa da farmi venire la pelle d'oca e capii all'istante che qualcosa non stesse andando per il verso giusto nel suo cervello.
Non mi aveva mai chiamata 'piccola' e neanche cercato di attirare la mia attenzione per un'intera giornata, il che mi fece sospettare ancora di più.
Mi avvicinai fino a ritrovarmi faccia a faccia con il biondo e appena un forte odore di alcool e erba mi arrivò alle narici ebbi paura di Luke.
Io te lo avevo detto, illusa.
Non è il momento di parlare stronza.
"Luke cosa c'è?"
Menomale che quel poco di sole che era rimasto mi permetteva di vederlo negli occhi e il tramonto imminente mi aiutava ad essere più sicura in qualche modo e più vogliosa di sapere perchè Luke Hemmings fosse bipolare.
Avevo letto qualcosa sul bipolarismo sperando che mio fratello avesse sbalzi d'umore e non fosse fissato con le tinte, ma non mi era mai capitato di ritrovarmi a stretto contatto con un ragazzo che con la differenza di sole 24 ore aveva cambiato un rapporto appena creato.
Il ricordo della sensazione della sua forte mano a contatto con i miei fianchi mi fecero sobbalzare un attimo per poi portare di nuovo l'attenzione sul biondo incappucciato.
Mi avvicinai di qualche passo per arrivare a soli pochi centimetri di distanza dal ragazzo che mi avrebbe rovinata.
Era impassibile come se non volesse rispondermi, avevo bisogno di risentire la sua voce nonostante lo avessi evitato per tutto il giorno e ritrovarmelo davanti fatto e ubriaco mi faceva star male.
"Sono venuto per-" neanche finì la frase che dovette tossicchiare un po' a causa di chissà quale sostanza fumata o ingerita precedentemente.
Capii subito che voleva l'accendino così lo tirai fuori dalla tasca del giubbotto e presi la sua mano che scendeva dritta sui fianchi e gli posai sul palmo il piccolo oggetto nero.
Il suo sguardo vagava veloce tra la sua mano a contatto con la mia e i miei occhi, restammo mano nella mano per qualche istante e appena mi ricordai di avere sete e del povero Michael solo a casa tornai a infilare la piccola mano nella grande tasca dell'indumento che indossavo.
"Luke non voglio sapere come mai sei conciato così, ma prendi quell'autobus e scendi alla terza fermata" rimase immobile nonostante gli indicai la vettura scura che era ferma davanti alla panchina a pochi metri da noi.
Mi avvicinai al suo imponente busto e mi alzai sulle punte per lasciargli un leggero bacio sulla guancia.
Non disse niente e continuò a fissare un punto indefinito come per decidere qualche parola offensiva da sputarmi contro.
In fondo mi dispiaceva lasciarlo da solo ubriaco e fatto anche se erano le 6 di un Giovedì pomeriggio.
Aprii il portone alle sue spalle e mi trascinai verso l'ascensore rimanendo a fissare Hemmings dalle vetrate della hall.

"Perchè è così perfetta e io non ho le palle per dirglielo? Non posso continuare così."
La voce del biondo arrivò perfino dentro la cabina dell'ascensore.
Urlò queste parole prima che io arrivi al mio piano e dovetti smettere di sentire e di cercare di capire cosa stesse facendo.
Che cosa dovrebbe dirmi poi?

Isabelle [lh]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora