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Alzandomi dal letto la mattina dopo andai in bagno a sciacquarmi il volto, avevo pianto molto prima di addormentarmi, abbandonandomi stanca al sonno che non era stato per niente tranquillo. Il pensiero di quello che era successo mi tormentava anche mentre dormivo, manifestandosi sotto forma di incubi confusi che non ricordavo al risveglio.

Solo uno era ancora impresso nella mia mente: ero di nuovo alla festa ma questa volta non parlavo con la mia amica, ero in mezzo al giardino e tutti ridevano di me, additandomi. Io mi facevo sempre più piccola, per sfuggire ai loro sguardi. Sentivo ancora i loro insulti rimbombarmi nella testa, come una sinfonia senza fine. Puttana. Schifosa. Sentivo il loro eco in un continuo susseguirsi nella mia mente, non riuscivo ad allontanare queste due parole, non riuscivo a scacciare questo incubo neanche da sveglia. Mi aveva lasciato addosso quella paura, senza un volto, senza un nome, non aveva una ragione logica ma era lì.

Ogni qual volta ricevevo un complimento pensavo fosse di circostanza mentre quando invece ricevevo un insulto poco carino o qualcosa di simile, pensavo di meritarlo. Per me era normale essere il problema, era stata la routine di ogni mio giorno e la stima per me stessa diventava sempre più inesistente, sempre più labile. Aver sbagliato qualcosa senza saperlo era normale per qualsiasi contorto motivo, una brutta abitudine che mi ero portata dietro da sempre. Questa volta però non l'avevo permesso e non l'avrei permesso mai più. Avevo risposto a tonobanche se mi era costato farlo, ero cresciuta. Non mi sarei mai più sottomessa alle parole di nessuno, meno che mai se erano insulti. Era finito il tempo di incassare.

Ero arrivata a casa non sapevo nemmeno io in quale maniera, avevo trattenuto le lacrime finché non ero stata al sicuro in macchina, non volevo dare a nessuno la soddisfazione di vedermi così. Per tutto il tempo avevo guidato con la vista offuscata dal pianto e per un tempo infinito ero rimasta seduta in auto quando ero arrivata davanti casa.

L'appartamento dove vivevo insieme a Beth non era molto grande ma in compenso era situato in una buona posizione, molto vicino al campus universitario. Si entrava in un piccolo ingresso e la stanza accanto fungeva sia da soggiorno che da sala da pranzo all'occorrenza. La cucina molto spaziosa e luminosa, era divisa dal salotto da una parete più decorativa più che divisoria. L'appartamento era su due piani e comprendeva anche due camere da letto, al piano superiore ognuna con il suo bagno personale più un'altro di servizio situato al pian terreno.

Tutta la casa era arredata in uno stile contemporaneo ed essenziale adatto a due ragazze giovani, ad arredarla ci aveva pensato Jacqueline, la madre di Elizabeth. Il suo buon gusto in fatto di mobili ci aveva convinte a lasciar fare a lei però era stato divertente andare per negozi, quasi un gioco da ragazzi in loro compagnia. Non ci avevamo messo più di un paio di giorni, per arredare tutta la casa nei minimi dettagli.

Mi guardai nello specchio sopra il lavabo e l'immagine che vidi riflessa quasi mi spaventò. Il mio aspetto era a dir poco orribile: i capelli scomposti, tutti arruffati nella treccia ormai quasi del tutto sciolta. Sotto gli occhi, gonfi e arrossati, avevo due enormi macchie scure ma non era solo colpa del mascara colato per il pianto, aveva contribuito molto anche la mancanza di sonno tranquillo.

Dopo una breve doccia mi concessi uno spuntino a base di succo d'arancia e biscotti con fiocchi d'avena, andavo abbastanza di fretta. Beth non era tornata la sera prima, lo capivo dal fatto che c'era fin troppo silenzio in casa. Molto probabilmente aveva fatto tardi ed era rimasta a dormire dal suo ragazzo. Avrei voluto averla vicino per sfogarmi e buttare fuori tutti quei pensieri che avevano disturbato il mio sonno ma lei non c'era, quindi dovevo farmi forza da sola e iniziare la mia giornata.
Uscii in fretta da casa.

*

La biblioteca del campus sorgeva in un grande edificio storico, entrai con la borsa carica di libri e il familiare odore di carta invecchiata negli anni mi colpii all'istante. Quell'odore familiare mi trasmetteva tranquillità, mi faceva sentire a casa e dimenticare tutto almeno per qualche momento. Era il mio luogo preferito di tutto l'intero campus, mi piaceva molto e la compagnia di tutti quei libri mi rassicurava.

Mai più come prima (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora