Nel cuore della notte, udii un suono lontano. Indistinto. Cercai di scacciarlo dalla mente. Immaginando che fosse solo un fastidioso sogno. Non volevo ancora svegliarmi. Era troppo presto. La camera era ancora illuminata solo dalla tenue luce dell'abatjour, quindi dedussi che non poteva ancora essere mattina. Avevo la sensazione di aver appena chiuso gli occhi. Dopo alcuni momenti quel rumore ancora non accennava a smettere. Era sempre più fastidioso. Più impertinente.Ormai avevo capito che quel rumore non era solo nella mia testa. Doveva pur provenire da qualche parte. Aprì controvoglia un occhio, poi piano anche l'altro. Scrutai con lo sguardo l'intera stanza. Una tenue luce blu proveniva dal mio cellulare. Qualcuno mi stava chiamando. Lo presi dal comodino e tolsi la suoneria. Senza neanche guardare chi fosse, intenzionata a non rispondere, lo rimisi dov'era prima.
Non accennava a smettere. Continuò ad infastidirmi per quello che mi sembrò un tempo infinito. Poteva essere qualcosa di importante. Così alla fine decisi di rispondere.
«Pronto?» chiesi con voce assonnata e preoccupata.
«Elle...ma già dormivi?» domandò una voce femminile con dolcezza. Non riuscii a capire subito a chi appartenesse. Controllai sullo schermo, per non scervellarmi a capire chi fosse. Vidi lampeggiare il nome di Beth sullo schermo. Lessi l'ora che indicava la sveglia. Era quasi l'una di notte.
«Beth hai notato per caso che ore sono...?» dissi infastidita, con una nota sarcastica nella voce.
«Effettivamente è quasi l'una di notte. Però non dirmi che già ti eri addormentata...» e le pareva questa un'ora consona per chiamare la gente? Non provai neanche a spiegarglielo. Volevo solo tornare a dormire. Sentivo gli occhi farsi sempre più pesanti.
«Certo che dormivo, sai le persone normali a quest'ora della notte dormono cara Elizabeth...» stavo parlando con gli occhi chiusi, nella speranza che riattaccasse in fretta. Era davvero molto seccata.
«Ok, hai ragione! Ma devo chiederti un favore molto grande...» a quelle parole iniziai a preoccuparmi. Tutto ciò che comprendeva uscire dal mio caldo e comodo letto, era completamente fuori discussione.
«Non puoi chiedermelo domani? Voglio tornare a dormire...è tardi!» piagnucolai, cercando di intenerirla. Magari avrebbe funzionato e mi avrebbe lasciata riposare in pace. Tenni le dita incrociate.
«No, quel favore mi serve ora...» lo sapevo. Non avrei dovuto rispondere. Avrei dovuto lasciare che il cellulare squillasse all'infinito, finché non fosse entrata la segreteria. Forse avrei fatto addirittura meglio a spegnerlo.
«Che cosa ti serve...?» domandai scocciata. Sperai che trasparisse dalla mia voce. E che potesse cambiare idea, lasciandomi riposare in pace.
«Mi servirebbe un passaggio per tornare a casa, quindi se fossi così gentile da venirmi a prendere...» lasciò la frase in sospeso. Lo sapevo. Era indubbio che mi avesse fatto uscire dal letto. Se ci avessi messo la mano sul fuoco, non me la sarei bruciata.
«E se non fossi così gentile?» chiesi sempre più infastidita. Sapevo di poter risultare sgarbata. Ma si rendeva conto di cosa mi stava chiedendo? Aveva per caso dato un'occhiata all'orologio. «Non c'è nessuno che può accompagnarti...?» suggerii speranzosa. Ma se qualcuno poteva darle un passaggio, perché aveva chiamato te brutta scema? Ormai mi insultavo mentalmente da sola. Questo, succedeva soprattutto, a chi restava in arretrato di sonno.
«Non ti avrei chiamata se avessi trovato un passaggio e poi lo so quanto mi vuoi bene...» si stava davvero giocando questa carta? Era arrivata davvero alla frutta. La situazione era quasi comica. Se non mi fossi dovuta alzare, avrei riso di gusto.
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Mai più come prima (#Wattys2016)
ChickLitAllison Martin. Occhi verdi come smeraldi. Pelle candida come la neve. Un'infanzia difficile alle spalle che l'aveva resa più forte. Non aveva perso la fiducia nelle persone, come avrebbe fatto chiunque. Ma in se stessa. Imparò troppo presto che un...