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Oltre la vetrata del locale che dava sulla strada osservavo il cielo scuro e pieno di nuvoloni grigi che si addensavano nascondendo il sole alla vista.

Una pioggerellina leggera ma costante aveva preso a scendere indisturbata senza accennare minimamente a smettere e con l’andare del tempo, anzi, si era andata intensificando sempre più fino a diventare un temporale in piena regola. Quel tempo aveva reso la mia giornata lavorativa particolarmente caotica, nel locale c’era più gente da servire di quanta non ce ne fosse stata di solito e non avevo avuto un solo attimo per riprendere fiato.

Oltre agli abituali avventori del locale si erano aggiunte molte altre persone che cercavano riparo dall’incessante maltempo.

Ovunque posassi il mio sguardo vedevo tavoli occupati da servire e quel giorno eravamo solo in due di turno, io e il figlio del Signor Reyes, quindi ci era toccato un bel tour de force.

Il pomeriggio era trascorso senza che me ne fossi resa conto dato il gran daffare che avevo, ormai mi muovevo come un automa: leggevo l’ordinazione e preparavo quello che c’era scritto. Non c’era nemmeno più bisogno che dessi l’impulso al movimento da fare o che mettessi minimamente in moto il cervello, talmente il lavoro era stato frenetico.

*

In un raro momento di tranquillità mi ritrovai a girovagare con il pensiero facendo strani giri mentali, niente in particolare aveva rapito il mio interesse erano solo vaghe e superficiali riflessioni su questo o quell’argomento.

Mi rifiutavo categoricamente di mettermi a riflettere sulle affermazioni di Chase, non volevo credere alle parole che erano uscite dalla sua bocca. Suonavano talmente false e costruire che mi sembrava inutile perdere del tempo a pensarci anche su, ma c’era una piccolissima parte di me che non riusciva a scrollarsele di dosso. Mi aveva ferita anche se sapevo per certo che sicuramente le sue intenzioni non erano state quelle.

Come ormai mi capitava spesso di fare scacciai quel pensiero relegandolo in un angolino della mia testa, facendo finta che non fosse mai esistito.

«Chiedono di te al tavolo cinque dicono di essere tuoi amici, qui finisco di servire io tu vai pure da loro...» mi informò con tranquillità Javier cogliendomi totalmente di sorpresa, talmente ero presa dalle mie divagazioni mentali che non mi ero accorta della sua presenza.

Quasi saltai per lo spavento facendo tintinnare le due tazze che avevo tra le mani, rischiando di far cadere a terra il liquido bollente che contenevano e frantumarle in tanti pezzi.

Posai sul bancone davanti ai due clienti che avevo di fronte le tazze di caffè ancora fumante, nonostante avessi persi tempo nelle mie banali riflessioni.

Mi pulii le mani sul grembiule che tenevo legato stretto sui fianchi e guardai confusa Javier come a chiedere spiegazioni. Chi poteva cercare di me mentre stavo lavorando? Mai nessuno dei miei amici era venuto a cercarmi mentre ero al lavoro, quindi mi domandai chi potesse essere. Forse Beth aveva fatto una delle sue solite improvvisate nel momento meno adatto.

«Ma chi sono?» provai a chiedere incuriosita con ovvi risultati. Lui per tutta risposta allargò le braccia con aria di chi non sa cosa dover rispondere, mi indicò il tavolo in questione dove intorno c’erano seduti tre ragazzi e se ne andò nel retro.

Decisi di scoprire chi fosse andando a vedere.

Avvicinandomi abbastanza riuscii a riconoscere Tyler con la sua solita espressione sorridente e nel ragazzo di fianco a lui mi sembrò di riconoscere Tim, insieme a loro c’era qualcun altro ma era seduto di spalle rispetto a me, quindi non riuscivo a vederlo in viso.

Mai più come prima (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora