Kalid arriva alla metro che sono le nove e mezza del mattino.
Indossa un cappellino Nike,
una felpa viola,
ha venticinque anni
e sà che oggi morirà.
Sà anche di essere fortunato
poiché pochi hanno l'onore d'anticipare la morte...
di guardarla in faccia, parlarci.
Getta un'occhiata alle scale mobili, ma opta per quelle normali.
È tutto strano adesso,
il formicolio dei muscoli che si flettono,
gli odori,
i rumori.
La gente tende a dare troppa importanza al finale.
Sarà che la vita,
nella sua folle corsa,
ci fa dimenticare di viverla,
e allora
giunti al traguardo
raccattiamo alla meglio i ricordi che rimangono,
nuovi o vecchi,
belli e brutti che siano.
Così, adesso, a Kalid, persino i cartelloni pubblicitari sembrano interessanti.
Si eclissa fissandone uno.
Dice: "Vuoi farlo? Fallo!".
Lo guarda attentamente,
poi se lo sussurra piano
tra mente e labbra,
teneramente,
come la più normale delle cose,
"puoi giurarci il cazzo che lo faccio!"9:35.
La metro arriva.
Kalid sale,
si siede,
e mentre si siede il suo pensiero va a quelli del vagone dietro,
"fortunati bastardi! Prima fila...e senza neanche pagare il biglietto!".
Poi si distrae.
Qualcosa gli tocca la spalla.
Si gira di scatto.
È una bimba; avrà si e no due anni. Tiene la sua maglia stretta in una mano,
forse lo implora
forse no,
e nel mentre sorride.
Un sorriso come la luce.
Kalid ricambia il gesto.
Poi la madre se la ripiglia.
Gli vomita addosso uno sguardo schifato ma Kalid non smette di ridere.
No,non questa volta!
Mai più avrebbe smesso.
Guarda l'orologio.Tic
Tac
Tic
tac...cinque minuti ancora.
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I Poeti Sono Degli Infami Bastardi
PoetryPoesia? Certa gente dell'odore di merda ne fa una droga...