Capitolo 13 - La sosia

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Filla con un piccolo salto atterrò sulla sabbia calda e soffice, tirando poi il pedalò a riva, affinchè non venisse trascinato lontano dalla corrente.
Si maledisse in silenzio per quella che sarebbe stata la centesima volta.
Ma cosa cavolo ti è saltato in mente, idiota che non sei altro? Hai rovinato tutto, TUTTO!
Aveva voglia ti spaccare qualcosa, o tirare un calcio a qualcuno. Voleva sotterrarsi per la vergogna. Anche se, doveva riconoscere che Akiko aveva reagito in maniera a dir poco esagerata. Si diresse con passi decisi verso le loro cose, che giacevano esattamente dove le avevano lasciate.
Poi si rese conto che i vestiti e lo zaino di Akiko erano spariti; stavolta non erano stati dei vecchi nemici a portargliela via, ma era stato il suo stesso gesto avventato a spingerla alla fuga. In definitiva, si conoscevano da poco e sarebbe stato logico pensare che Akiko si fosse spaventata e alterata a causa di tutta quella confidenza. Si maledisse di nuovo.
Si vestì in fretta e furia, quasi con rabbia, prestando poca attenzione al fatto che i vestiti fosse insabbiati o che i suoi capelli fradici sgocciolassero sulla maglietta.
Raccolse il suo zaino e uscì dalla spiaggia, per poi dirigersi verso la strada lastricata che conduceva al centro della città. La prima cosa che avrebbe fatto, quella che sarebbe diventata la sua priorità assoluta, sarebbe stata quella di trovare Akiko e di scusarsi con lei, magari dicendole che doveva essere impazzito e di dimenticarsi tutto.
E, come risposta ai suoi pensieri, vide la ragazza poco più avanti, seduta su una panchina.
I capelli bagnati erano raccolti in una lunga coda e sembrava piuttosto afflitta.
《Che strano,》pensò Filla, 《lei non si fa quasi mai la coda》.
Poi si rimproverò. Come si legasse i capelli Akiko doveva essere l'ultimo dei suoi problemi.
Facendosi coraggio si avvicinò alla ragazza.

Akiko era appoggiata ad un albero, nascosta alla strada principale. Cosa gli era saltato in mente a quello?
Non poteva negare che il suo gesto fosse stato un tantino esagerato. Ma si era quasi spaventata, era stata colta alla sprovvista, non se lo aspettava, non da uno come Filla.
Sospirò profondamente.
《Ora vado da Filla e gli chiedo scusa. Poi faremo finta che non sia successo nulla.》
Fece per tornare sul viale principale, quando vide Filla passarle accanto, senza notarla. Aveva i vestiti insabbiati e i capelli bagnati.
Si diresse sicuro verso una ragazza, seduta su una panchina, con aria afflitta. Filla le disse qualcosa, ma lei scosse la testa, sorridendo, come se non le importasse. Poi afferrò la mano del ragazzo e insieme si diressero verso il bosco.
Akiko provò una sorta di rabbia pulsante, che le premeva a una tempia con insistenza.
Vide i capelli rossi della ragazza, che ondeggiavano dolcemente, legati in una fluente coda di cavallo.
Decise di segurli.

Filla parlò nuovamente:《Sei sicura Akiko che non sei arrabbiata? A giudicare da quello che hai fatto prima, lo eri eccome.》
Akiko liquidò le sue parole con un gesto elegante della mano.
《Non importa Filla,》disse sorridendo,《che ne dici se andiamo a passeggiare nel bosco?》
Detto questo prese la mano del ragazzo, non permettendogli di aggiungere altro, e insieme di diressero verso la selva lì vicino.

Akiko ora capiva cosa l'aveva fatta così arrabbiare. I capelli rossi, anche se erano stati erroneamente raccolti in una coda, quando lei si faceva sempre le trecce, oppure li lasciava sciolti. Gli occhi azzurri, del colore del cielo. Il modo in cui Filla si era rivolto a quella ragazza, come se la conoscesse e si fidasse di lei.
Quella ragazza, quell'impostora, era Akiko. Erano la stessa persona.
Con la sola differenza che quella che ora conduceva Filla nel bosco era falsa.
Non l'avrebbe passata liscia. Gettò uno sguardo ad Eevee e il Pokemon la incoraggiò con un gridolino sommesso. All'unisono si lanciarono silenziosamente nell'inseguimento.
Akiko, la vera Akiko, quando voleva sapeva essere molto silenziosa. Seguì a breve distanza gli altri due ragazzi, che sembravano ignari e tranquilli. Discorrevano del più o del meno, come se tra Filla e Akiko non fosse successo nulla.
《Ovvio,》pensò la vera Akiko, 《lei è un'impostora》.
Infine giunsero in una radura circolare, resa ombrosa e scura dagli alberi imponenti e frondosi che la circondavano. Al centro di essa era collocato un masso appuntito, che sembrava indicare con la sua protuberanza rocciosa il firmamento.
La falsa Akiko si mise davanti a Filla, in modo da guardarlo negli occhi.
《Dov'è la tua Eevee?》domandò.
La vera Akiko ridacchiò. Ecco il primo errore grossolano e grave commesso dalla sua sosia.
Filla sembrò rimanere di stucco, come non credendo che Akiko, la falsa Akiko, avesse pronunciato una frase così stupida.
《La mia Eevee? Guarda che Eevee è tua. La tua amica inseparabile. Non vi separate mai. Forse quello schiaffo ha fatto impazzire il tuo, di cervello? Aspetta un momento... dov'è Eevee?》.
La falsa Akiko sbiancò.
I due ragazzi si fissarono per un attimo poi l'impostora scattò. Probabilmente avrebbe colpito Filla e fatto chissà quali altre malefatte, ma Akiko, la vera Akiko, non si fece trovare impreparata.
Fece uscire Jolteon dalla Pokeball:《Jolteon, colpiscila con una debole scarica!》gli bisbigliò.
Il Pokemon eseguì quanto ordinategli dalla padrona.
A quel punto la ragazza colpita sarebbe dovuta cadere a terra, temporaneamente tramortita dall'elettricità. Invece, ciò non accadde. Cadde a terra, quello sì. Ma poi cominciò a mutare, a rimpicciolirsi e a cambiare... colore.
Dopo la rapida trasformazione, quello che vide Filla, spaventato a morte, e Akiko, nel frattempo uscita allo scoperto, fu uno Zoroark.
Il Pokemon sembrava lievemente tramortito.
Sentirono frusciare dei cespugli, un suono carico di sospetto e pericolo.
Akiko si voltò e nello stesso momento balzò fuori dalla boscaglia una donna, vestita completamente di nero.
Balzò sulla ragazza buttandola a terra e puntandole un coltello alla gola.
《Dammi quell'Eevee shiny!》ruggì.
Akiko deglutì, lentamente, rabbrividendo al contatto della lama gelida contro la pelle.
Cercò di non perdere la calma.
《Non so di cosa tu stia parlando》.
Filla provò a fare un passo avanti, ma fu rapidamente atterrato a sua volta dallo Zoroark, che evidentemente si era ripreso in fretta dall'attacco di Jolteon.
La donna fece una smorfia. Era esile, ma incredibilemente forte e allenata, dal fisico reso snello dalle molte ore di allenamento. Aveva i capelli corti, ma più lunghi in corrispindenza del contorno del viso, ed erano di un vivace biondo.
Occhi grigi e implacabili fissavano minacciosi Akiko.
《Non abbiamo nessuna Eevee. Penso che tu abbia sbagliato persone》.
《Suvvia, ragazzina. Non prendiamoci in giro. È da qualche giorno che vi seguo e cerco di trovare il momento giusto per prendervi quel Pokemon. Dov'è? Dove lo hai messo?》
Akiko non rispose.
Mai, mai, nessuno avrebbe toccato Eevee per farle del male. Non prima di passare sopra al suo corpo.
Eevee, evidentemente, la pensava allo stesso modo della sua allenatrice. Infatti uscì da un cespuglio e si gettò sulla donna usando Codacciaio. Quella fu rapida: estrasse un altro coltello, Akiko non capì nemmeno da dove, e bloccò il piccolo Pokemon grigio, contrastando Codacciaio, gettandolo lontano.
《Che stupidi ragazzini. Me lo avete servito su un piatto d'argento》mormorò la donna.
Di nuovo, pescò da qualche tasca invisibile una strana Pokeball, nera, con su incise delle linee sottili, che ad Akiko ricordavano molto chiaramente una rete, una gabbia.
Il panico, che pur aveva cercato di ricacciare indietro, cominciò a serrarle la gola.
E poi la donna le crollò addosso, tramortita da una scarica elettrica. Jolteon era intervenuto giusto in tempo, ma aveva fatto male i suoi calcoli.
Essendo il corpo umano un conduttore di elettricità, anche Akiko ne risultò colpita.
Tutto divenne nero e lei perse i sensi.

Quando si risvegliò, si accorse di trovarsi su di una barella. Di fianco a lei due medici era molto affaccendati.
Quando si accorsero che si era svegliata, con il sorriso la visitarono e poi le diedero una mano ad alzarsi. La ragazza si sentiva un po' debole e stordita, ma tutto sommato non era ridotta proprio male.
Trovò Filla nella radura che parlava con alcuni poliziotti. Quando la vide le sorrise, poi le venne incontro per abbracciarla.
Poco più lontano la criminale giaceva su di un'altra barella, ammanettata, così come il suo Zoroark.
Akiko strinse forte Filla e, quando si staccò da lui, fu Eevee a correrle incontro per salutarla, seguita a ruota da Vaporeon, Jolteon, l'eroe della situazione, ma anche mortificato di aver colpito Akiko, e Flareon.
《Salve, io sono Bellocchio, agente speciale dei Servizi Segreti》si presentò un uomo alto, coi capelli marroni, che si differenziava dagli altri agenti per l'impermeabile che indossava al posto della divisa.
《Cosa è successo?》domandò Akiko.
Fu Bellocchio a rispondere:《Fondamentalmente avete contribuito alla conclusione di una lunga ed estenuante caccia all'uomo, o meglio, alla donna. Quella è Alexa Strasvijnky, una criminale ricercata da diversi mesi. Finalmente siamo riusciti a catturarla, grazie a quel Jolteon che ha colpito con la sua carica elettrica Stransvijnky e Zoroark.》
Dopo circa due ore i poliziotti si apprestavano a partire.
《Ragazzi,》cominciò Bellocchio,《è stato un piacere incontrarvi...》.
Fu interrotto da un certo trambusto.
Poi Alexa saltò sul tetto di una macchina vicina, ereggendosi dritta e fiera , con a fianco il suo Zoroark. Erano due figure affilate come coltelli, che si stagliavano controluce sul cielo che cominciava a diventare più scuro.
《Poveri illusi! Pensavate davvero che mi avreste portata in prigione senza che io avessi opposto resistenza? 》
Scoppiò a ridere, una risata amara e terribile.
Fissò Akiko per un attimo con uno strano sguardo, poi Zoroark usò Psicho e i due si dileguarono nell'aria.
Akiko chiuse la mano a pugno, stringendo il foglietto che fino a un'attimo prima non c'era. Poi lo lesse, cercando di non farsi notare.
A presto.
Bad guys' pub,
Porto Orange.

《Cosa devo fare?!》l'uomo sbattè con vioelnza la mano sulla scrivania.
La stanza sempre in penombra era vuota. C'erano solo lui e la sua rabbia. Aveva appena licenziato una specialista, che aveva fallito anche lei in quel compito così semplice.
Poi si raddrizzò e con la mano accarezzò la testa del suo maestoso Persian.
《Vedrai, vedrai, amico mio. La nostra attesa è terminata. Abbiamo la carta vincente già schierata in tavolo. Abbiamo vinto.》

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