Capitolo 31

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'Io ti avevo avvisata'. Di tutte le cose che sono accadute quella sera, questo è il mio ultimo ricordo.

Sono passate quasi due settimane da quando Arthur mi ha lasciata e sono a pezzi, quasi sull'orlo della pazzia, mille stati d'animo si stanno mescolando dentro di me : la tristezza, ormai non riesco più a piangere, i miei occhi si sono letteralmente prosciugati lasciando il posto a uno sguardo vacuo, privo di vita; la rabbia per questa situazione; l'odio nei confronti di Mike; il profondo senso di delusione ogni volta che ripenso al muro che Arthur ha eretto tra noi due, e di amarezza per non avermi creduto.

I primi giorni sono stati terribili, trascorsi nella perpetua penombra della mia camera, protetta dal morbido abbraccio del piumone. Ho smesso di andare a lezione, Lance mi ha cercata più volte ma, non avendogli mai risposto, preoccupato è venuto a vedere cosa fosse successo. Inutile dire che il mio stato era a dir poco pietoso; capelli sporchi, pigiama e occhi talmente gonfi da far fatica a tenerli aperti. Ha cercato di consolarmi come ha potuto, non mi aveva mai vista ridotta così, e quando gli ho fatto un breve resoconto dell'accaduto a denti stretti mi ha confessato che Arthur non gli è mai piaciuto, che non mi merita, che sapeva che prima o poi mi avrebbe fatto soffrire e che se solo l'avesse rivisto, avrebbe fatto immensa fatica nel trattenersi dal riempirlo di cazzotti.

Lance, Del, mia madre, tutti loro mi avevano offerto una spalla su cui piangere cercando in tutti i modi di starmi vicino. Ero grata per tutto ciò che stavano facendo, per i loro tentativi di distrarmi e convincermi ad abbandonare quel maledetto letto ma io non volevo, e dopo due settimane, non ne voglio ancora sapere.

Trascorro ore e ore a dormire, l'unica cosa di cui sento il bisogno è rifugiarmi nei miei sogni, lì è tutto più semplice e perfetto, lì Arthur è ancora al mio fianco, lì io mi sento felice. Felicità che si trasforma in un enorme senso di vuoto non appena mi sveglio. Oggi per la prima volta dopo giorni, mi sono guardata allo specchio. I capelli sono ormai un ammasso aggrovigliato che vive di vita propria, lo sguardo spento e perso contornato da profonde occhiaie, ho perso diversi chili, lo noto non solo dalle guance infossate ma anche dal pigiama divenuto troppo largo. Salgo sulla bilancia, come immaginavo sono dimagrita di almeno sette chili. Rivolgo un'altra occhiata allo specchio ma l'immagine che mi restituisce non mi piace. Abbasso lo sguardo, lavo i denti e torno a rifugiarmi nei contorni rassicuranti e familiari della mia stanza.

Non riesco quasi a sentire più nulla, non voglio uscire, né vestirmi e non sento nemmeno il bisogno di mangiare.

- Ginevra, c'è Del – la mamma entra a passo felpato seguita dalla mia migliore amica. Rimango in silenzio, distesa in posizione fetale con lo sguardo fisso sulla parete di fronte a me. Entrambe si scambiano l'ennesimo sguardo preoccupato.

- Non si è alzata nemmeno oggi? – sento chiedere.

- Solo qualche minuto per andare in bagno – sussurra la mamma visibilmente stanca – bene ragazze, se avete bisogno mi trovate di sotto –

- Gin? – la mia amica si siede sul letto e mi accarezza la testa- non ne posso più di vederti così – afferma frustrata – non sei tu. La Ginevra che conosco io non si lascia andare, si rialza e combatte dannazione! – sbatto le palpebre un paio di volte e deglutisco pensando a tutte le volte in cui, in questi ultimi anni, sono caduta, mi sono rialzata e sono andata avanti sempre a testa alta, credevo di essere finalmente riuscita a conquistare il mio angolo di paradiso e invece mi sono ritrovata a precipitare nella tana del coniglio come Alice, senza però giungere nel paese delle meraviglie bensì all'inferno. Ho retto ai colpi più duri ma alla fine mi sono ugualmente spezzata e ad attendermi ho trovato soltanto una serie di grigie giornate tutte identiche l'una all'altra.

US - storia di noi due (#wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora