Il mattino seguente, dopo una notte quasi del tutto insonne a causa dell'eccitazione per il nostro primo viaggio, Arthur bussa alla porta puntuale come non mai.
- Buongiorno - trilla con un sorriso a trentadue denti - sei pronta? -
- Sì - rispondo al settimo cielo battendo le mani contenta.
- Ciao Arthur - saluta mia madre uscendo dalla cucina con uno straccio tra le mani
- sto preparando la colazione, ti andrebbe di mangiare qualcosa? -
- Gradirei volentieri una tazza di caffè, grazie - la seguiamo nella stanza adiacente dove mio padre ci raggiunge poco dopo ancora mezzo assonnato.
- Allora ragazzi, pronti per questo viaggio? - si informa.
- Sissignore, o almeno, io lo sono - ghigna Arthur lanciandomi un'occhiata furba. Faccio finta di niente e mi verso un po' di succo d'arancia mentre i miei continuano a tempestarlo di domande: "Come si chiama l'albergo?"; "Quanto tempo hai detto che state?"; "Vi preparo qualcosa da mangiare quando tornate?" e via discorrendo fino a quando li interrompo facendo notare al mio ragazzo che forse sarebbe ora di andare se non vogliamo perdere il volo. Salutiamo i miei genitori, Arthur mi aiuta a portare la valigia e la carica in macchina.
- Confesso che sono stupito -
- Per cosa? –
- Per il tuo bagaglio, lo immaginavo molto più grande e pesante – ridacchia.
- Beh anche se sono una donna non significa che debba portarmi dietro la casa, non credi? – lo punzecchio terminando la mia osservazione con una linguaccia.
- Ehi, ehi ti stavo solo prendendo in giro – si difende alzando le mani in segno di resa prima di stamparmi un dolce bacio sulle labbra - pronta per la nostra prima avventura? -. Un brivido di eccitazione mi percorre la schiena, inforco gli occhiali da sole: - Prontissima! –.
Il viaggio è piacevole e relativamente breve, Arthur dorme per quasi tutta la durata del volo mentre io mi perdo in sogni a occhi aperti guardando le nuvole fuori dal finestrino. Quando atterriamo un uomo in giacca e cravatta ci sta già aspettando all'uscita degli arrivi con un cartello in mano che reca i nostri cognomi scritti in uno stampatello malfermo.
- Buongiorno signori - ci saluta l'omone stringendoci la mano - sono l'incaricato per il vostro trasporto in città. Mi chiamo Joe –
- Piacere Joe, noi siamo Arthur e Ginevra - sorrido educatamente e lo seguiamo in auto accomodandoci sui morbidi sedili posteriori.
Joe parte in quarta, senza intoppi arriviamo sul ponte di Brooklyn, solo pochi metri chi dividono dalla Grande Mela e, non appena vi giungiamo, sento l'auto rallentare: siamo incappati in un ingorgo. Mi guardo attorno incuriosita dalla vita frenetica che vedo sfilare al di fuori del finestrino, migliaia di clacson suonano senza sosta, immensi grattacieli si innalzano perdendosi nell'azzurro del cielo, marciapiedi straripanti di gente che si affretta per andare da qualche parte armata di borse e caffè di Sturbucks; tutto è così bello e prorompente. Non vedo l'ora di scendere da quest'auto per poter godermi il mio giro turistico rigorosamente organizzato. Giungiamo in hotel dopo quella che sembra una vita, Arthur mi accompagna nella hall, comunichiamo il codice di prenotazione e poco dopo veniamo scortati nella nostra camera. Rimango a bocca aperta, è un vero e proprio appartamento: il salotto è arredato con un divano a L ricoperto con una serie di cuscini colorati, un televisore a schermo piatto fa capolino sulla parete di fronte mentre un tavolino da caffè giace su un enorme tappeto rosso. La camera da letto non è meno spettacolare con il grande letto in ferro battuto, un armadio talmente capiente che sembra un accesso diretto a Narnia e due comodini su cui poggiano delle particolari abat-jour, il tutto abbellito da una serie di quadri surrealisti dai colori sgargianti appesi qua e là. Spalanco la porta del bagno, lì nel centro della stanza mi sta aspettando un fantastico idromassaggio mentre numerosi piccoli omaggi di shampoo, bagnoschiuma e creme per il corpo son disposti uno accanto all'altro sul mobile del lavandino. Mi giro a guardare Arthur incredula.
- Ti trattano bene i tuoi capi! - esclamo con gli occhi che brillano.
- Devo dedurre che l'albergo ti piace - sorride stringendomi in un abbraccio, poi guarda l'ora e per un attimo si rabbuia - Joe mi sta aspettando in auto, devo andare, il convegno inizierà tra meno di un'ora - mi bacia con trasporto e dopo avermi raccomandato per la milionesima volta di chiamarlo per qualsiasi cosa dovessi aver bisogno, sparisce chiudendosi la porta alle spalle. Mi guardo intorno felice come non mai, apro la finestra che da sul terrazzo e non appena metto piede fuori rimango senza fiato: l'Empire State Building capeggia imponente come non mai di fronte al nostro albergo. Non posso chiedere di meglio, sono a New York con Arthur, mi sento felice e, per la prima volta dopo settimane, riesco a dimenticarmi di Mike e di quel maledetto video. Questi giorni sono per noi, solo e soltanto per noi e io voglio godermeli appieno. Non permetterò a niente e a nessuno di rovinarceli.
Tiro fuori i libri dalla valigia, ho qualche ora per studiare prima che Arthur rientri. Mi accomodo sull'enorme divano del salotto, sistemo i cuscini per stare più comoda ma dopo una decina di minuti inizio nuovamente a guardarmi intorno. Ho bisogno di ripassare, gli esami sono ormai alle porte, ma qui non riesco a trovare la giusta concentrazione. Sistemo tutto il materiale dentro alla borsa e mi avvio alla reception, chiedo una cartina della città e, cercando di orientarmi, mi incammino verso la New York Public Library.
Dopo poco meno di un miglio, vedo la facciata della biblioteca stagliarsi davanti a me. Un via vai di persone anima le scalinate che conducono all'entrata, la quale richiama perfettamente la struttura del classico tempio greco con le colonne in stile corinzio. Salgo le scale in pietra che conducono ai piani superiori e quando entro nella sala di lettura rimango a bocca aperta: lunghi tavoli in legno sono disposti ai due lati della stanza, librerie contenenti milioni di titoli sono addossate ai muri in pietra e disposte su due livelli e la luce del giorno filtra dalle vetrate mentre lunghi lampadari calano dal soffitto barocco. Alcune persone si aggirano tra gli scaffali alla ricerca di un volume, altre sono sedute ai tavoli concentrate nella lettura o nella redazione di qualcosa. Avanzo lentamente nella navata centrale alla ricerca di un posto in cui poter studiare senza essere disturbata, nella stanza si sente solo il rumore dei miei passi, continuo a camminare fino a quando trovo una sedia libera nel settore centrale. Appoggio i libri sul legno levigato del tavolo e, prima di mettermi a studiare, decido di scrivere un messaggio ad Arthur per dirgli dove sono e di non preoccuparsi per me. Passo il resto del pomeriggio con il naso incollato ai libri e solo quando le parole iniziano ad aggrovigliarsi senza un senso, decido di fare ritorno in albergo.
Arthur non è ancora rientrato, perciò mi concedo un rigenerante bagno caldo e, con calma, mi preparo per la serata. Trucco gli occhi con cura, acconcio i capelli in una cascata di boccoli e dedico estrema attenzione all'abbinamento di accessori e colori. Sono ormai le sette passate quando arriva un messaggio di Arthur il quale mi informa che sarà di ritorno tra poco meno di mezz'ora. Guardo un po' di tv giusto per ammazzare il tempo ma non riesco a concentrarmi su nulla, sento l'agitazione avanzare dentro di me, ho le mani sudate e il pensiero che trascorrerò l'intera notte con Arthur, la nostra prima notte, mi preoccupa e mi rende felice al contempo. Il mio pensiero va immediatamente lì, non vorrei ritrovarmi ad avere l'ennesima crisi di panico, non come l'ultima volta, anche perché non potrei di certo scappare a casa. Sono lì a farmi rodere dall'angoscia quando sento la porta della camera aprirsi e il mio ragazzo fare capolino nella stanza. Metto da parte quei velenosi pensieri lanciandomi tra le sue braccia per salutarlo.
- Ehi ti sono mancato? –
- Ogni minuto –
- Faccio finta di crederci – scherza – come è andata alla Public Library? Sei riuscita a studiare un po'? –
- Assolutamente sì, è stato un pomeriggio proficuo. Il tuo corso invece? –
- Interessante, lungo ma interessante. Vedo che sei già pronta – mi squadra dalla testa ai piedi con uno strano luccichio negli occhi – e sei bellissima – si passa la lingua sulle labbra prima di prendere il mio viso tra le mani e baciarmi con trasporto – vado a cambiarmi – annuncia – e poi io e te ce ne andiamo a spasso per New York -.
STAI LEGGENDO
US - storia di noi due (#wattys2017)
RomansaGinevra ha vent'anni, una nuova vita davanti a sé e un segreto che ogni notte continua a torturarla sotto forma di terribili incubi. L'amore è stato bandito per sempre dalla sua vita, o almeno così crede, perché quando conoscerà Arthur, il misterios...