Family Portrait

179 6 0
                                    

I pescatori se ne stavano in panciolle, con una birra fresca in una mano e una canna nell'altra, cercando di prendere ciò che non erano riusciti a pescare la settimana prima. Il sole era alto nel cielo e l'atmosfera pacifica.

«Ehy, Marv. Scommetto che tra poco ti tiro su un pesce così!»

«Sì, certo Spence. Dal pescivendolo. Come l'ultima volta.»

«Aspetta e vedrai! Questa volta mi sento fortunato!»

Mentre ancora battibeccavano, uno sciacquio indefinito attirò la loro attenzione. Non era il rumore di un pesce, ma di qualcosa di grosso sicuramente.

Si voltarono e scoprirono che una zattera li stava raggiungendo a passo di lumaca. A bordo sembrava esserci qualcuno.

«Accidenti, Marv! Ma che diavolo è?»

I due pescatori cercarono di tirare la zattera vicina e quando scorsero l'unico superstite lo trasportarono sulla barca, cercando di farlo riprendere.

«Ragazzo! Sveglia! Spence, chiama un'ambulanza!»

«Dannazione! Non sarà morto, vero?»

«Chiama la maledetta ambulanza!»

«Sìsì, va bene..»

L'uomo si affrettò a cercare il cellulare, e mentre l'amico scuoteva leggermente quel ragazzone dai vestiti sbrindellati si accorse che il suo cuore batteva ancora. Lentamente, il giovane dai capelli scuri schiuse le palpebre e riversò due occhi verde smeraldo su di lui.

«Ehy! Come ti senti? Come ti chiami? Cos'è successo?»

Lui deglutì a fatica, poi afferrò con le poche forze che aveva il colletto della camicia di Marv.

«La... sciatemi... morire...»

L'uomo si sorprese di quelle parole e si scambiò un'occhiata preoccupata con il suo compare che era già in contatto con le autorità.

«Sono... morti... per col... pa... mia...» balbettò ancora allo stremo delle forze.

«Chi? Chi è morto?»

Il giovane deglutì ancora, poi lo lasciò andare come se avesse speso tutte le energie che aveva a disposizione. «Tutti...» sussurrò appena.

Subito dopo, i pescatori misero in moto lo scafo e tornarono al molo. Quando arrivarono, l'ambulanza e lo sceriffo li stavano già aspettando.

Il ragazzo fu subito messo su una barella e caricato a bordo. Non riuscirono a trovargli né documenti né qualcosa che indicasse da dove poteva provenire. In ospedale, fu sottoposto a una miriade di esami e messo sotto osservazione. Quando finalmente si riprese, lo sceriffo andò a trovarlo e si fece spiegare tutto quanto. In un primo momento, pensò che il giovane fosse solo sotto shock. Poi, man mano che la sua storia andava avanti, si convinse che fosse semplicemente pazzo e magari evaso da un qualche manicomio. Dubitò addirittura del suo nome, dal momento che non risultava in nessun database esistente.

Un paio di giorni dopo il suo ritrovamento, una nuova chiamata lo costrinse a ritornare nei pressi del lago. Un paio di teen-ager avevano trovato tre corpi. L'ambulanza lo raggiunse sulla riva e quando si resero conto che tutti e tre respiravano ancora, sebbene con difficoltà, li portarono con urgenza in ospedale. Si trattava di una ragazza e di due bambini. Uno sembrava avere poco più di un anno. Li sistemarono tutti e tre in terapia intensiva e lo sceriffo si chiese se per caso non c'entrassero qualcosa con il loro ultimo ospite.

Esame dopo esame, il ragazzo fu inserito nel sistema e nonostante avesse raggiunto già la maggiore età, fu affidato ai servizi sociali che a loro volta lo sistemarono in una casa-famiglia. Lo sceriffo tornò spesso a fargli altre domande su quel villaggio da cui diceva di provenire ma nonostante le molte ricerche non riuscì a trovare nessuna cittadina con quello strano nome: Fabula.

FabulaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora