Capitolo 7 - Sketch

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-Benvenuti, croccanti grissini con semi di zucca! Oh oh, nessun bel manzo oggi? Che peccato...-


BLACK POV

«Dove...dove sono?» sento la mia voce come un flebile sussurro. Sono debole. Troppo debole.

I pensieri sono ovattati dal silenzio che mi circonda. Provo a respirare, lentamente. Apro gli occhi. Il buio elettrico dell'aria mi infiamma le iridi. Le urla di dolore mi muoiono in gola.

Ho sentito una voce poco fa, ne sono sicura. Eppure non mi è familiare.

Riprovo a sollevare le palpebre, per vedere di chi si tratti. Questa volta delicatamente. Il mio sguardo abbraccia l'oscurità, lasciando il tempo alla mia mente di abituarsi. Calci e pugni battono contro le pareti.

«Men-te? Pa-re-ti?» lo dico piano. Come per allontanare la paura di una certezza.

Spalanco gli occhi e quello che vedo mi lascia i brividi sulla pelle.

Sono nei labirinti della mia mente. Un tremore, diverso dai precedenti, scuote le mie membra. Sento gli organi contorcersi.

«Le mie ali nere non ci sono. Non qui. Sono sola.» la mia tenacia allontana le preoccupazioni. Devo essere caduta in trance dopo aver visto le gabbie dorate al Santuario. Non posso restare qui, non a lungo. Devo muovermi.

Provo ad alzarmi, ma qualcosa mi trattiene. Fasci di nervi bluastri mi hanno immobilizzata, costringendomi a guardare in un'unica direzione. Vogliono che io vada laggiù. Le sinapsi cercano di farmi rialzare.

Le gambe tremano quando muovo i primi passi verso il centro della mia mente. So cosa c'è lì. So cosa devo affrontare per tornare indietro. O meglio, chi.

Ed eccolo, finalmente. Lo specchio nero. Una grande cornice dorata circonda il vetro scuro.

«Da quanto tempo non mi perdevo?» lo chiedo in un sussurro, mentre mi avvicino.

Sto quasi per toccarlo. Le mie dita si fermano a un soffio dal vetro, quando mi accorgo di altre tre figure dormienti. Mi dirigo verso di loro. Nervi elettrostatici le imprigionano, tenendole sospese nel vuoto della mia mente. Sono tre ragazze, ma che ci fanno qui?

«Povere piccole... non avrei voluto trascinarvi qui» la voce rotta dalla colpa.

Non ho le ali, qui. È vero. Ma la mia fedele katana, sì. Recido lentamente i fasci bluastri che le incatenano.

Le guardo da vicino, per non svegliarle. Due sono more e una è bionda. Proprio lei è stata trascinata via dal sonno. Lo deduco dalla veste da notte che indossa. Mentre mi fermo ad ammirare i suoi bellissimi capelli, sento che due iridi rosse mi si conficcano nella schiena. Una delle due ragazze more si è svegliata.


ARIMAS POV 

Lancio un'occhiataccia alla ragazza che si è appena voltata a guardarmi con curiosità. È piuttosto simile a me, constato stupita; è minuta, ha corti capelli neri e occhi color nocciola. Sarebbe identica a me... se non fosse per l'enorme spada che stringe in pugno.

«Che caspita è quella?»

La ragazza abbassa lo sguardo sull'arma, l'espressione mortificata.

«Ti sei appena svegliata in un luogo che non conosci e ti preoccupi di questa? È una katana. Mio padre mi ha insegnato ad usarla. Mi aveva addestrata ad usare ogni sorta di arma. Dai pugnali, alle spade, alle pistole, alle armi orientali. Diceva sempre che sono le armi a scegliere a chi appartenere. E così è stato la prima volta che le mie piccole dita da bambina hanno toccato la lama lucente e letale di questa meraviglia orientale.»

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