PROLOGO (Zoe 1)

373 10 0
                                    

PROLOGO (Zoe 1)




Sono sempre, costantemente, in ritardo. E non è che sia una bella cosa. Perché un conto è essere in ritardo all'appuntamento con la tua migliore amica, che al massimo– santa donna – ti guarda comprensiva quando arrivi, ché ti conosce da anni e aveva preventivato di aspettarti quei dieci minuti buoni, un conto è sbagliare a calcolare i tempi quando devi prendere il treno.

A me capitano spesso entrambe le situazioni sopraelencate.

Nello specifico, questa mattina di inizio febbraio sto correndo per prendere quel maledetto treno e, diciamocelo, non è che io sia una centometrista: sono abbastanza bassa, pigra in maniera spropositata, quindi poco propensa all'attività fisica; oltretutto in questo esatto momento mi sto portando appresso un non comodissimo trolley mezzo pieno.

Corro su per le scale del sottopassaggio col trolley che mi sbatte simpaticamente sulla gamba e salgo sul treno proprio un attimo prima che si chiudano le porte e riparta in perfetto orario, cosa che accade sempre quando avresti bisogno che fosse un po' in ritardo e che non succede mai in tutti gli altri casi esistenti.

Sorrido debolmente a una signora di mezza età che mi guarda piuttosto preoccupata mentre ansimo appoggiata al muro, sfiato piano un "Stia tranquilla, se non corro non sono contenta" che la fa ridacchiare di gusto e mi incammino per il corridoio mezzo pieno della seconda classe alla ricerca di un qualche buco per me e la mia valigia.

Mi guardo intorno e lo trovo sulla sinistra a metà vagone circa. A questo punto, soddisfatta per aver compiuto l'impresa anche stavolta, mi accingo ad alzare il mio trolley arancione per riporlo sul portavaligie alla mia destra prima di sedermi e godermi il viaggio in tranquillità. In effetti, come ho già detto, sono piuttosto bassa e di solito alzare il bagaglio sopra la mia testa mi è difficile. Non impossibile, però.

Forza Zò, puoi farcela!

Contando che credo proprio di aver già scontato la mia parte di figure di merda per stamattina e di potermi permettere un calo di attenzione, faccio ciò che devo, sollevando quel mezzo quintale di vestiti, libri e cianfrusaglie.

Errore di valutazione.

Mi accorgo tardi che ho perso leggermente l'equilibrio e indietreggio di un passetto presagendo già la catastrofe e i successivi anni della mia giovinezza spesi in carcere con l'accusa di omicidio colposo e porto d'armi non autorizzato.

Merda merda merda merda!

Sto per uccidere qualcuno, me lo sento. Percepisco, e succede tutto in due secondi netti, una persona che si alza dietro di me appena in tempo per impedirmi di cadere e spingere con facilità l'oggetto contundente sul ripiano soprastante mentre io, da vera principessa, esclamo un accorato "Cazzo!" a mezza voce senza mettere il filtro cervello-voce – sempre che il primo ci sia davvero, da qualche parte sotto tutti questi capelli.

Solo adesso mi rendo conto che, sì, ho appena scampato il pericolo per un pelo, tutto perché mi ha salvato l'intervento semi divino di qualcuno che sposta ora dalla mia schiena la sua santa mano, quella con cui mi ha impedito di cadere con la mia grazia da ippopotamo. Mormoro una specie di ringraziamento alla persona alle mie spalle ancora prima di avere il coraggio di girarmi e guardarla in faccia.

Take some patienceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora