Capitolo III

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Capitolo III




Zoe scese dal treno, fece qualche passo verso il sottopassaggio, dopodiché si fermò, si aprì la giacca leggera e si stiracchiò soddisfatta, ricevendo qualche occhiata divertita dalle persone attorno a lei. Aveva più di venti minuti prima che arrivasse la sua coincidenza.

Mentre estraeva dalla tracolla una bottiglietta d'acqua e beveva, constatò felice che la primavera era decisamente cominciata. Era inizio aprile e perfino in stazione a Mantova, luogo solitamente grigio e confusionario, gli uccellini cantavano e il sole splendeva tiepido.

Dopo quelle considerazioni sul tempo, Zoe si buttò nel sottopassaggio e si fermò davanti a un tabellone per controllare verso che binario doveva muoversi, dal momento che il suo treno non era ancora segnalato sullo schermo delle partenze.

Una persona le si fermò accanto e lei, più per riflesso spontaneo che per reale interesse, si voltò a guardarla distrattamente prima di tornare con gli occhi alla ricerca del binario.

Ma cosa...? pensò la ragazza voltandosi di nuovo per guardare meglio chi le stava vicino.

"Oh mio dio!" esclamò esterrefatta, sbiancando. "Non è possibile."

Richiamato dall'imprecazione, Giacomo si girò proprio in quel  momento, e incrociò lo sguardo stupito della ragazza. Per qualche secondo rimase anche lui immobile, con la bocca socchiusa dalla sorpresa e la fronte aggrottata, poi si riprese e sul suo volto si formò un sorriso che Zoe successivamente avrebbe definito a metà tra il soddisfatto e il manipolatore.

"Oh! Ciao!" disse il ragazzo usando un tono fin troppo entusiasta. "Noto con piacere che non ti sei dimenticata di me."

La ragazza, in effetti, sembrava aver perso parecchio colore.

"E come potrei averti dimenticato..." sospirò, pensando vaga che sua sorella Viola ancora le rinfacciava il suo gigantesco errore.

"Bene!" esclamò lui battendo le mani. "Quindi non servono presentazioni. Allora, questo famoso caffè?"

"Ho il treno tra un quarto d'ora," ribatté lei mettendosi subito sulla difensiva.

Giacomo continuò a sorridere e arricciò il naso. "Quest'obiezione l'avevi già fatta... Quand'è che era? Due mesi fa?"

"Ehm... Sì, più o meno."

"Beh, comunque non mi interessa un bel niente della tua coincidenza. Mi avevi promesso un caffè e avrò il mio caffè. Ci sarà un altro treno più tardi, no?"

Vedendo che la ragazza non rispondeva, Giacomo decise di prendere l'iniziativa e acciuffò la valigia di lei avviandosi al primo binario per andare poi verso il bar.

Zoe rimase un attimo ferma, ancora esterrefatta, dopodiché si decise a seguirlo, come minimo per recuperare il proprio beneamato trolley.

"Ehi, aspetta!" disse raggiungendolo. "Dove credi di andare con la mia valigia?"

"Al bar," rispose semplicemente lui.

"Perché?" domandò lei, rendendosi subito conto della stupidità della domanda.

Giacomo la guardò infatti alzando le sopracciglia e parlò come se avessi di fronte una persona un po' fuori di testa.

"Per il caffè," scandì con chiarezza.

Zoe sbatté appena le palpebre, restando immobile e titubante, così Giacomo decise di insistere.

"Dai su, andiamo. Te lo pago io, se vuoi," concesse, aprendosi poi in uno di quei sorrisi scintillanti che di solito, in base alla sua esperienza, mietevano qualche vittima qua e là.

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