Capitolo XX

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Capitolo XX




Zoe attraversò l'uscita degli arrivi col cuore che le batteva a mille. Camminava un po' storta, trascinandosi dietro una valigia abbastanza pesante e il bagaglio a mano; finì quasi addosso a un signore in completo scuro che aveva visto all'ultimo. In verità era tanto distratta da non riuscire a vedere quello che le succedeva a un palmo dal naso: avanzava con lo sguardo puntato oltre la massa di passeggeri del suo volo, cercando, al di là delle barriere, l'unica faccia che volesse veramente vedere, quella di Giacomo.

Si fermò di colpo, onde evitare di investire un bambino che l'aveva superata per correre incontro al padre, così facendo si ritrovò a frenare troppo in fretta e la valigia le sbatté sulla caviglia, traditrice. Imprecò a mezza voce e riprese a camminare, leggermente zoppicante a causa della botta, maledicendosi per la propria goffaggine. Sbuffò e si guardò il piede, e quei tre secondi in cui si era distratta a causa del bimbo fecero sì che il suo cuore saltasse ancora più in alto quando, alzando lo sguardo con aria rassegnata, incontrò senza preavviso quello castano e sorridente di Giacomo, qualche metro più avanti. Castano, sorridente e un po' agitato, notò bloccandosi, o almeno così sembrava, ma poteva pur essere una sua impressione dettata dal fatto che lei, sì, era decisamente agitata. Si rese conto di essere di nuovo ferma in mezzo alla gente che si muoveva in ogni direzione, quindi, col cuore che le ballava la rumba più o meno all'altezza della gola, si mosse in avanti.

Quello di cui Zoe non si accorse fu che, nonostante l'emozione e l'agitazione evidenti, appena aveva visto Giacomo anche a lei si era formato un sorriso spontaneo sulle labbra, sorriso che, seppur fioco e timido, non si spense neppure quando raggiunse il ragazzo e si fermò di fronte a lui, indecisa sul da farsi.

"Ciao," gli disse allora, restando immobile a guardarlo, con la mano che ancora impugnava saldamente il trolley.

"Ciao ragazzina, bentornata," rispose lui, sempre con quel mezzo sorriso appiccicato addosso.

Dopodiché, passati i primi attimi di incertezza, le si avvicinò cautamente e le lasciò un bacio leggero sulla guancia. Infine prese la valigia più grande, che lei aveva abbandonato al proprio fianco, e si incamminò verso l'uscita.

Zoe lo seguì, confusa e leggera, frastornata anche solo dal fatto di aver finalmente visto Giacomo e dal suo innocuo bacio sulla guancia. Non sapeva cosa dire e non sapeva nemmeno se dire qualcosa, alla fine si decise ad aprire bocca, sentendosi assolutamente stupida nella sua incertezza.

"Sei venuto davvero," fece, affiancandosi al ragazzo.

"Già. Ottimo spirito d'osservazione."

Zoe sbuffò. "Non ne ero così certa."

"Quasi quasi speravi che non mi presentassi, di' la verità."

Lei si limitò a scuotere la testa, ridacchiando.

Giacomo allora sorrise saputo. "In realtà non vedevi l'ora di vedermi."

"Sempre il solito: insicuro e modesto."

Lui la guardò, continuando a camminare.

"No, è che per me era esattamente così," rispose, lasciandola spiazzata, poi, siccome lei non sapeva come rispondere, continuò. "Non vedevo l'ora di venire a prenderti, negli ultimi giorni ero insopportabile. A detta di Niccolò, almeno," aggiunse infine, alzando le spalle.

Zoe scrollò nuovamente la testa, senza parole, come solo Giacomo sapeva lasciarla. Lo seguì alla macchina e vi salì, continuando a chiacchierare del più e del meno. Verso la fine del viaggio Giacomo cominciò a fare domande un po' più specifiche sulla sua permanenza a Milano.

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