37.

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"Noi donne travisiamo sempre le parole degli uomini. Quando ci dicono 'ti amo' noi ci facciamo dei viaggi pazzeschi. Capendo 'ti amo'."
-egyzia.

Per una volta Blaise se ne stava sul divano della sua sala comune, in completo silenzio.
Indossava una camicia bianca, leggermente aperta nei primi bottoni e dei pantaloni neri. Stranamente non era sdraiato in una delle sue solite e contorte posizioni, sedeva tranquillamente, diritto con un braccio appoggiato sul bracciolo. Stava aspettando qualcuno.
Nella stanza entrò un gruppetto di ragazzi del terzo anno, creando un rumore tale da spingere il moro a minacciarli con la sua bacchetta. Subito dopo vi entrò anche quel 'qualcuno' che stava aspettando. Questi però non sapeva che il buon, caro, vecchio Zabini, aveva un forte mal di testa, e quando un Zabini ha il mal di testa, cosa brutte potrebbero cadere.
«Sei in ritardo.» disse gelido, senza nemmeno degnasi di guardare negli occhi il suo interlocutore.
«Oh andiamo Blaise, abbiamo detto alle quattro, e sono le quattro e tre minuti. Non fare il pignolo.» fu la risposta secca della ragazza, che non facendo complimenti si lancio sulla poltrona difronte al giovane.
«Pansy, forse non hai capito la gravità della situazione.» la rimproverò Blaise.
«No, Blaise. Tu non hai capito come funzionano le cose in questa scuola. Ai professori non gli importa un cazzo di quello che ci succede, anzi si alleano con degli sconosciuti. Ed ora, visto che loro non muovono un dito, sono io che devo salvare la mezzosangue?! No Blaise. Io non ci sto.»
«Porxo Merlino, Pansy! Non devi 'salvare' la Granger, chiaro?! Dovevi semplicemente avvertire Draco! È un tuo amico, Salazar! Lo conosci da più di dieci anni!» sbraitò lui, alzandosi improvvisamente in piedi. «Il tuo comportamento non è degno della nemmeno nostra casa! Io... Io non so come hai potuto... Come PUOI restare indifferente a tutto ciò!»
«Cresci Blaise. Questi sono affari di Draco, non nostri. Lui non farebbe per noi quello che tu stai facendo per lui.» rispose Pansy, accavallando le gambe in una posizione tirata.
Blaise ghignò. «Hai ragione Pansy, non lo farebbe per noi. Lo farebbe solo per me.»
Pansy parve cadere come dalle nuvole, ma quando comprese l'insinuazione del suo compagno gonfiò il   petto, stizzita.
Con uno gesto fluido ma veloce, scattò in piedi, dirigendosi impettita verso il suo dormitorio.
Blaise però non avendo alcuna intenzione di concludere così il discorso, senza nemmeno muovere un muscolo, o smettere di guardare fisso davanti a se, disse: «sarebbe un peccato se Draco lo venisse a sapere, non trovi?»
Pansy si fermò a metà scala. «Cosa intendi dire con questo, Blaise?»
«Intendo dire, Parkinson, – marcò il cognome della ragazza, come se fosse un insulto il solo pronunciarlo – che se non glielo dirai tu, lo farò io. E tu sai meglio di me, quanto può essere irascibile il nostro principino.»
«Oh... Non credo tu possa farlo, mio caro, dolce, tenero e ingenuo Zabini.» Anche Pansy, che era ormai giunta di nuovo davanti al ragazzo, marcò il cognome di questi, mettendo in evidenza il fatto che le aveva 'leggermente' dato su i nervi quando l'aveva chiamata Parkinson. 
«E perché non potrei? Sentiamo!» Blaise, che si era nuovamente seduto sul divano, sbatté il bicchiere di whisky che teneva in mano sul tavolino, incrinandolo.
«Rammenti? Due anni fa. Quinto anno...»
Il ragazzo socchiuse gli occhi, guardandola con odio e capendo tutto.
Due anni prima infatti, lui aveva trovato Pansy al limitare della foresta, in pessime condizioni è tutta sporca di sangue. Le aveva chiesto più volte cosa fosse successo, ma lei non voleva saperne di aprire bocca, e visto che in quel periodo Blaise aveva una cottarella per la ragazza dai capelli neri, si offrì ingenuamente di stringere un voto infrangibile con lei, secondo il quale non avrebbe mai raccontato un segreto che gli avesse rivelato. Blaise si diede mentalmente dello stupido. Che incosciente che era stato. Farsi accalappiare così da quella arpia. Per un segreto che non era altro, la stupidità di una sedicenne, che voleva uccidere il gatto rosso di una grifondoro che l'aveva battuta a incantesimi.
«Dalla tua espressione, deduco tu abbia ricordato, giusto?» Ghignò Pansy.
«Muori, Putta*a!» sibilò Blaise, riducendo la bocca a una linea sottile. Un attimo dopo, però, nella mente del moro balenò un idea, e il suo solito ghigno tornò a dipingersi su quelle labbra carnose.
«Cos'è quel sorriso? Già hai dimenticato quanto sei cretino?» ringhiò la ragazza, ma Blaise ormai non l'ascoltava più.
«Forse non potrò dire nulla di quello che so, ma ahi me, deve esserti scappato che ti piace Potter. Ti giuro, Parkinson, se non dirai tutto a Draco entro mezzanotte di questa sera, io ti rovinerò la vita. In tutti i sensi.» detto questo, Blaise si alzò. A testa alta di diresse fuori la sala comune, lasciando Pansy in uno stato di evidente agitazione.

Quella stessa mattina, Hermione stava andando nella serra, per la lezione di erbologia con la professoressa Sprite. Però, per colpa di un certo biondo che non la voleva lasciar vestire, si trovava in perfetto ritardo e dopo aver fatto quasi dieci rampe di scale a perdifiato, non riusciva neanche a muovere un muscolo. Brutto segno per una ragazza che è riuscita a scappare da pericoli  in gente comune avrebbe lasciato la pelle. Forse era stato un banale ritardo, oppure in ogni caso lei quel preciso giorno, in quel preciso momento, in quel preciso luogo, doveva finirci. O forse no. Ma destino volente o destino nolente, Hermione Granger, mentre tutta la scuola era a lezione e nessuno dei professori era presente, si trovava da sola in corridoio con Dimitri. Inizialmente non se ne rese subito conto; una caratteristica di quell'uomo era il passo felpato. Ma quando se lo ritrovò davanti, occhi rossi accesi come da fiamme, si trattenne a stento dall'urlare.
«Oh, suvvia. So di essere più bello della maggior parte degli uomini che frequentate quotidianamente. Non comprendo da dove derivi tutto questo terrore.» biascicò Dimitri, appoggiandosi alla parete di pietra.
«La modestia. Mi terrorizza a morte.» ironizzò Hermione, la quale aveva ripreso il suo spirito combattiero e anche un po' di fiato.
«Eppure, dovreste esserci abituata, mia cara donzella. Il biondo con cui vi vedete.... non credo sia un tipo... di "seconda mano", ecco.»
«Vi riferite a Draco, messere? Perché sapete, lui può permetterselo, a differenza di voi.»
C'era qualcosa di strano in quella conversazione, come se stessero entrambi seguendo un copione. Ambedue preoccupati che l'altro possa uscirne dai margini e rovinarne l'attimo di quiete che si era creato. Era ben risaputo che la conversazione non fosse, su chi tra il biondo e il moro fosse più bello, ma su un argomento così delicato, da essere preso a una certa distanza.
«Oh, signorina. Così mi ferite tremendamente! Non sapete quale immane dolore avete procurato alla mia persona..» Dimitri non sembrava volerne sapere di abbandonare quella messinscena.
«Ora basta.»
Al contrario di Hermione, aggiungerei.
«Se vuoi qualcosa da me, dillo subito chiaro e tondo. Non perdiamo tempo con questi stupidi giochetti, Dimitri.»
L'uomo alzò un sopracciglio, chiaramente colpito dalla N schiettezza della giovane, per poi apristi in un misterioso ghignò.
«Come siamo sgarbate...» con un gesto teatrale della mano, fece finta di essere rimasto deferito dalle sue parole. «Ho sempre ammirato questo tuo caratterino, Hermione Granger. Mi ricordi quando ero giovane.» continuò poi, divenendo serio.
Quando era giovane? Perché adesso cos'era? Vecchio no di certo. Hermione non riusciva a comprendere il significato di quel commento, ma lasciando semplicemente stare, fissò il moro con i suoi grandi occhi marroni. «Io ho lezione.» annunciò, fiera come solo una grifondoro può. «Dimmi quello che mi devi dire, oppure fai quello che devi fare, ma ti avverto, non mancherò a questa lezione. Quindi se hai in programma di rapirmi, colpirmi, tramortirmi, legarmi o uccidermi, ti consiglio di passare tra un'oretta o due.»
Dimitri rise. Sapeva tutto di quella ragazza eppure ogni volta riusciva a colpirlo sempre di più.
«Prima di dirti quello per cui sono venuto, potrei sapere il perché di tutta questa calma? Perché non provi a scappare? A colpirmi... A chiamare aiuto... Perché?» le chiese.
Hermione si appoggiò al muro e, ravvivandosi i capelli con una mano, rispose: «Servirebbe a qualcosa?»
Vedendo l'espressione interrogativa di Dimitri però, con un lungo respiro, si affrettò a spiegarsi. «Ho quasi diciotto anni. Non sono più una ragazzina. So riconoscere quando non ho speranze di vincita in un duello, quindi una mia eventuale fuga o aggressione avrebbe solo peggiorato le cose. Conosco i tuoi poteri come tu conosci i miei. Non credere che non mi sia mai informata su di voi.»
«Su di noi, tesoro. Tu sei come me.» puntualizzò lui. «Comunque, accontentando la tua richiesta, ti ruberò solo un'altro minuto. Sono venuto semplicemente ad avvertirti che se i tuoi amici, interferiranno ancora una volta nei miei piani, non mi farò scrupoli ad ucciderli. È un avviso, tesoro. Tu verrai con noi in ogni caso, perché far morire loro inutilmente?»
Appena finì di parlare, con un solo schiocco delle dita, scomparve. Hermione continuava a fissare il punto dove poco prima c'era l'uomo, consapevole che quello che le aveva detto era la pura verità. Lo sapeva, non c'era scelta per lei, ma almeno poteva scegliere per i suoi amici.

Draco aveva visto tutto. Aveva visto il gioco nel modo di parlare. Aveva visto come la sua Hermione rispondeva a tono anche davanti ad una persona che avrebbe potuto ucciderla in un minuto. E, la cosa peggiore, aveva visto il suo volto dopo l'ultima frase di Dimitri, aveva visto i suoi occhi sgranarsi e le mani stringersi a pugno, ed è stato quello a mandare in tilt Draco. La consapevolezza di Hermione che era tutto vero.
Draco però non corse da lei. Non andò a stringerla tra le braccia per evitarle la caduta, che di lì a pochi secondi, sarebbe stata imminente. Restò fermo a guardare la sua donna crollare sotto il peso di quelle parole e sfogarsi in un pianto liberatorio.
Dove la sua presenza, era certo, sarebbe stata solo di troppo.
Un unico pensiero vagava per la mente del ragazzo, mentre fissava la scena nell'ombra: "Uccidere Dimitri" .

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