«Acrux! Fatti vedere!»
Draco stava percorrendo per l'ennesima volta il corridoio al settimo piano. Lui doveva essere per forza li. Aveva passato in rassegna ogni minima stanza, aula e passaggio segreto. L'ultimo piano che gli restava da controllare era quello e quindi era certo, o almeno sperava, di trovarlo. «So che sei qui! Esci se ne hai il coraggio!» gridò. Continuava a voltarsi ogni minima volta che sentiva un rumore, ma sfortunatamente, o fortunatamente, dipende dal punto di vista, sembrava che fosse completamente vuoto. Una forte volata di vento però lo fece ricredere da questa ipotesi e una lieve risata gliene diede la certezza. Draco alzò lo sguardo verso l'altro, dove, qualche metro più in alto, in piedi sul parapetto della finestra, c'era l'uomo dagli occhi rossi.
«Girano voci sul fatto che tu mi stia cercando, biondino.» la voce di Dimitri era glaciale. Nessuna emozione sfuggiva dalla sua tonalità, che avrebbe fatto congelare il sangue nelle vene a chiunque, ad eccezione di Draco che bruciava di rabbia. «Che strano, pensavo di essere stato abbastanza chiaro con Hermione sul fatto che, se qualcuno mi avesse infastidito nuovamente, non mi sarei fatto problemi a ucciderlo.» disse questi, senza nemmeno degnarsi di guardarlo.
«Lei non sa che sono qui.» specificò Draco, impugnando, senza farsi vedere, la bacchetta.
Dimitri sbuffò palesemente annoiato. «Posa quel pezzo di legno, Malfoy.» alzò gli occhi al cielo «Non hai speranze contro di me. Almeno evita di metterti in ridicolo. Non hai una qualche reputazione da difendere, per l'amor di Dio?»
Draco però non lo ascoltò; tirò fuori la bacchetta e iniziò a lanciargli contro ogni incantesimo che gli venisse in mente, ma questi li evitava prontamente, sempre in bilico sul parapetto della finestra. In un momento di distrazione, il biondo riuscì quasi a sfiorarlo con uno Stupeficium, riuscendo solo a farlo innervosire. Gli occhi rossi diventarono brillanti come fiamme e la rabbia vi si poteva leggere a miglia. Evidente nemmeno a lui piaceva quando gli si toccavano i capelli. Con uno scatto felino scese dalla finestra e atterrò davanti a Draco, il qualche cercava ancora, invano, di colpirlo. Dimitri con un semplice movimento delle dita però, gli fece volare via la bacchetta di mano, mandandola a sbattere contro il muro alle loro spalle. «Che cosa ti avevo detto, ragazzino? Non puoi battermi.»
Draco intanto, fissava immobile il suo avversario; non si era minimamente scomposto per la perdita della sua unica arma, anzi aveva ancora quel non so che nello sguardo che faceva sembrare che fosse lui ad avere il coltello dalla parte del manico, e non viceversa.
«Beh? Allora? Che cosa aspetti? Uccidimi.» disse «Togli la vita dal mio inutile corpo che non può nulla contro di te. Poni fine alle mia esistenza. Fai di me quello che ti pare. Ma nessuna di queste cose, niente di quello che potresti farmi, cambierebbe la realtà; lei è mia.»
Il sorriso scomparve dal volto di Dimitri per lasciare spazio ad una espressione di puro odio. «Questo è da vedere.»
L'uomo alzò la mano e Draco si piegò su se stesso, in preda al dolore, cadendo sulle ginocchia. Il suo corpo era scosso da forti tremiti e con il capo abbassato, nascondeva la vista del suo volto.
«Sai, ho sempre pensato che fosse sempre stato mio fratello ad essere la persona più stupida, avventata e credulona che esista. Ma tu lo batti di gran lunga.» raccontò Dimitri con una finta aria trasognata.
Draco però, incurante del dolore che lo trafiggeva, riuscì a sollevare la testa e guardare dritto negli occhi il suo avversario. Grigio e rosso. Due colori completamente diversi. Il grigio, il colore monotono, banale, calmo, triste, contro il rosso, simbolo della passione, dell'inferno e dell'energia. Mai cose simili prima d'ora vi erano state create, e durante una guerra aperta, entrambi possono sopraffare l'altro.
«Io.... Ti.... Ucciderò....» sibilò il biondo con le ultime energie che possedeva in corpo.
«Oh, questo non lo metto in dubbio.» ghignò Dimitri. «Ma non è questo il momento»
Schioccò le dita e il ragazzo si accasciò sul pavimento, privo di sensi.La McGranitt, in compagnia della sua studentessa più fidata, stava facendo la sua solita ronda serale. Aveva chiesto a Hermione di accompagnarla, così con questa scusa avrebbe avuto l'occasione di farsi raccontare ciò che il signor Malfoy era venuto a urlare nel suo studio. Non che non si fidasse del ragazzo, sia chiaro, ma per comprendere al meglio la situazione aveva bisogno di un'altro punto di vista. Chiacchierando del più e del meno, erano giunte al settimo piano, e l'anziana professoressa, rendendosi conto che il suo turno stava per terminare e che a breve avrebbe dovuto rimandare Hermione al suo dormitorio, si decise a iniziare ciò per cui l'aveva voluta con se.
«Signorina Granger, volevo chiederle...» incominciò la donna, ma le sue parole si tramutarono in un verso di stupore e preoccupazione.
Hermione da prima non capendo cosa stesse sconvolgendo tanto la sua insegnante di trasfigurazione, poi, seguendo il suo sguardo, si ritrovò a fare la sua stessa espressione, solo che a differenza della McGranitt, Hermione scattò immediatamente contro il corpo del ragazzo riverso a terra.
Appena gli fu vicino, gli girò il volto, per confermare l'identità del ragazzo. Dopotutto quello era stato un gesto superfluo. Lei sapeva benissimo chi era. Come non riconoscere quei capelli neri che aveva seguito per sette anni?
Harry.
Il suo bellissimo Harry.
Senza nemmeno rendermene conto, già si era assicurata del battito cardiaco al polso dell'amico e ora lo stringeva come se potesse volatilizzarsi da un momento all'altro.
Poi si sentì un lamento.
Hermione guardò istintivamente Harry, però sapeva che non era stato lui a emettere quel suono. Un'attimo dopo, con il cuore che le batteva a mille e la consapevolezza di sapere chi era stato a lamentarsi, si voltò verso il biondo, disteso a terra, poco più in là, nascosto alla vista, dalla curva del corridoio.
In tre secondi o meno fu vicino a lui e lo abbracciò fortissimo, mentre la McGranitt, ripresasi dallo shock iniziale, accorreva verso di loro. Era rimasta a fissare la sua alunna come se fosse un ricordo guardato da un pensatoio, fisicamente del tutto estranea alla scena, ma mentalmente attenta ad ogni particolare. Perché la ragazza che aveva visto precipitarsi dal suo migliore amico e dal suo ragazzo, non era più Hermione Granger, ma Minerva McGranitt, settimo anno, 1952.
Già, in quel breve momento, nei panni di quella forte e intelligente studentessa, vi si era rispecchiata. Come si suol dire, però, le cose belle giungono alla termine. E quando questo ricordo terminò, la professoressa era ritornata in se e con un incantesimo aveva fatto alzare in volo i due ragazzi, dirigendoli verso l'infermeria.
«Signorina Granger, le consiglio di ritornare al suo dormitorio. Da qui ci penso io. » disse la McGranitt. «Grazie per avermi accompagnata.» E si affrettò a seguire i corpi fluttuanti dei giovani.
Hermione per un attimo rimase in silenzio a fissare la donna che si allontanava, ma poi con la sua solita testardaggine decide di seguirla.
«Professoressa?» la chiamò. «Per favore, posso accompagnarvi?»
La professoressa si voltò, il volto serio. «Le consiglio di ritornare al suo dormitorio.»
«Ma...»
«Le consiglio di ritornare al suo dormitorio.» ripeté per la terza volta, intransigente.
Quello di certo non era un consiglio. Era un ordine bello e buono.
Però non si è amici del prescelto da sette anni senza aver imparato qualcosa da lui, no?
Sette anni a infrangere divieti.
Sette anni a impicciarsi di affari di cui non avrebbero dovuto sapere l'esistenza.
Sette anni di rischi di morte, o peggio, espulsione.
Sette anni di tutto questo e Hermione oramai non si sarebbe più lasciata fermare da un semplice divieto.
Silenziosamente si inoltrò nel corridoio dove poco prima era scomparsa la McGranitt. Facendo sempre il meno rumore possibile, si nascose in un passaggio segreto celato da un quadro, nei pressi dell'infermeria, poiché la professoressa era uscita dalla stanza con una strana fretta. Hermione, mentre entrava furtivamente al suo interno, si trattenne a stento dall'urlare in faccia al ragazzo che si era ritrovata difronte, il quale prontamente le aveva premuto una mano sulla bocca.
«Fa silenzio.» le sussurrò all'orecchio. «Non vorrai farci scoprire.»
Pur essendoci un gran buio dietro al quadro, la cosa che impedì a Hermione di scagliare il tizio lontano da se, fu la sua voce. L'avrebbe sempre riconosciuta, non importa quanto tempo sarebbe passato.
«George!» urlò, saltandogli sopra e allacciandogli le braccia al collo. .
Il rosso si aprì in una roca risata e prendendo in braccio la ragazza, stringendola a se, la fece roteare in un abbraccio.
«Cos'è che non hai capito della parte "Fai silenzio"?» scherzò lui.
Hermione sorrise imbarazzata «Scusa, è che sono così felice... Per Godric, George! Che cosa ci fai qui? È da tantissimo tempo che non ti vedo.»
George si appoggiò alla parete sporca e umida, con fare disinvolto. «Esperimenti.» disse.
«Esperimenti? Di che genere?» chiese la giovane grifondoro, interessata.
«Mi spiace, è un segreto. Sappi solo che è una cosa pazzesca.» le spiegò, lasciandola talmente incuriosita che dovette farsi forza per non incombergli in una pioggia di domande.
«Ne sono certa, George.»
Il rosso le fece l'occhiolino e si sporse per riaprire il quadro da dove erano entrati.
«Piuttosto...» incominciò, facendola passare per prima attraverso il passaggio. «Come sta la mia futura cognata?»
Hermione sbiancò. Era proprio vero. George non poteva sapere nulla, lui aveva lasciato Hogwarts anni fa, e di conseguenza lui era all'oscuro di tutto quello che le era successo in quell'anno. Draco compreso.
«Ehm..»
Il sorriso di George si spense, dando posto a un'espressione preoccupata.
«Senti, domani è sabato, quindi che ne dici di vederci a Hogsmeade per parlare? Sono successe tante, troppe cose, e mi farebbe bene parlare con un amico.» disse Hermione. «Ti racconterò tutto.»
George, dapprima confuso, si riscosse per poi annuire vigorosamente.
«Perfetto!» trillò. «Ora scappo, a domani, Prefetto Perfetto.» e richiamando a se la sua scopa, si alzò in volo, scomparendo alla vista della ragazza dopo aver varcato la finestra.
Ora chi gliel'avrebbe detto a George che non era più un prefetto?Quando Draco Malfoy aprì gli occhi non era più al settimo piano e nemmeno nel suo bellissimo letto verde-argento, bensì in uno scomodo materasso dell'infermeria. Si guardò un po' intorno, notando per prima cosa una valanga di capelli ricci e marroni.
Hermione.
Lei ancora non si era accorta che il biondo fosse sveglio e lui ne capì mediamente il perché. Era seduta su una sedia affianco al letto di Potter, intenta a parlare con lui a bassa voce. Chiuse immediatamente gli occhi, mentre la gelosia si impossessava di lui. Voleva proprio sentire di cosa stessero bisbigliando, così stirò l'orecchio e finse di dormire, mentre udiva tutta la conversazione.
«Harry Potter! Tu! Stupido, cretino, incosciente che non sei altro! Tu... Tu e quell'altro scemo, mi avete quasi fatta morire di paura! Dio. Vi credevo morti! Non puoi nemmeno immaginare come mi sono sentita quando vi ho visti accasciati a terra! Ero terrorizzata! Ho temuto di perdervi!» cercò di bisbigliare lei, ma usando un tono tre volte più alto del normale. «Come ti salta in mente di prenderti a schiantesimi con Draco!?! Se hai dei problemi sul fatto che tra me e lui adesso c'è qualcosa, mi farebbe piacere che ne parlassi con me, Harry. So che sei arrabbiato con me per tutto, e che non ci parliamo da troppo tempo, ma non riesco più a far finta che tu non esista. Sei il mio migliore amico. Sai che ti amo come un fratello, sai che sei l'unico dopo Valentine. — si passò una mano sul volto, stropicciandosi gli occhi arrossati — Ho perso lui, non voglio perdere anche te.»
Harry istintivamente l'abbracciò, dopotutto era ancora la sua migliore amica e volendole un mondo di bene, non riusciva a vederla in quello stato. Era pur sempre vero però, che quello che aveva fatto era sbagliato e ancora non era riuscito a mandarlo giù, così, nemmeno un secondo dopo, si ritrasse di scatto, accomodandosi meglio contro lo schienale del letto, il più lontano possibile da lei.
Hermione abbassò lo sguardo, ferita da quel gesto e si risedette sulla sedia.
«Non ci siamo presi a schiantesimi, Granger.»
Draco, che era stato in silenzio tutto il tempo, si era deciso a uscire allo scoperto e di conseguenza, quando parlò, per poco Hermione non cadde a terra dallo spavento.
«Ehy, non credevo di farti addirittura così paura da tentare il suicidio.» ghignò Draco, cercando di nascondere la gelosia che ormai gli scorreva nelle vene come droga, non sfuggendo però allo sguardo inquisitore della riccia, che già aveva capito tutto.
«Da quanto sei sveglio?» chiese infatti.
«Da quanto basta.» rispose il biondo, seriamente.
Hermione si alzò per raggiungere il biondo, ma venne fermata da una mano che le si era serrata attorno al polso.
«Posso dimenticare tutto.» disse Harry, fissandola con i suoi bellissimi occhi verdi. «Io, Ginny, Ron, possiamo farlo. Possiamo far ritornare tutto come era prima, ma resta qui. Non andare da lui. Sei ancora in tempo, Hermione. Aggiusteremo tutto, sei mia sorella, io ti voglio ancora un mondo di bene. Torna da noi, scegli... Noi.»
Hermione ritrasse il braccio come se quel contatto l'avesse scottata. Harry aveva parlato ad alta voce è sicuramente anche Draco aveva udito, infatti la ragazza si sentiva i suoi occhi gelidi puntati addosso. Guardò il moro negli occhi, con disgusto. Come poteva chiederle una cosa del genere? Di scegliere. L'attimo dopo, si voltò verso Draco, la quale espressione era indecifrabile. Nei suoi occhi grigi era ricomparso il muro e lei non riusciva più a capire se stesse provando rabbia, tristezza, paura, gelosia o un semplice disinteresse. Ma no, disinteresse no. Quello lo sapeva. La fissava con troppa intensità per non provare nulla.
Hermione si mise al centro tra i due letti; due paia di occhi la fissavano. I primi erano stati la sua casa, il suo conforto la sua speranza e il suo coraggio, per molto tempo. I secondi erano la sua vita, il suo sorriso, la sua forza, il suo amore e la sua unica paura.
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Aveva scelto.
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Together
FanfictionIl destino di Hermione è segnato. Dovrà fare conti con la sua natura di strega "speciale" e con quella pietra rinchiusa nel suo anello, che la lega a un certo ragazzo dagli occhi color tempesta. Tutta colpa loro o di quell'anello e di quel medaglio...