Lascio le note qui a inizio capitolo!
Capisco che la prima parte di questo capitolo potrà essere lievemente indigesta per i riferimenti politici, ma avendo cambiato l'intera storia politica degli ultimi dieci anni almeno un breve riepilogo di come l'ho impostata dovevo farlo.
Subito dopo si entra nel vivo, state tranquilli!La carriera universitaria, lavorativa e politica di Claudia è decisamente irrealistica, lo so, ma mi aiuta a darle quel senso di onnipotenza che presto vedremo scemare :3 e poi è bello fingere che ci sia qualcosa di facile nella vita ù.ù
I capitoli sono purtroppo molto lunghi (la storia è stata pensata per Efp e là vi sono già diversi capitoli, ovviamente postati da me, sempre a nome Misslittlesun95, quindi qualche impaziente può andare lì, oppure attendere...!), e attualmente preferisco postarli così come sono, scrivendo meno in quelli che ancora devo finire (dal XX in poi circa, la storia sarà decisamente lunga) e piuttosto rivedendo il tutto dall'inizio solo una volta finita la prima stesura.E... niente, io vi ringrazio ancora e vi abbraccio forte <3
Buona lettura!Capitolo II
Roma, 2014
Si dice che solo gli sciocchi non cambino mai idea e, se questo fosse vero, gli italiani potrebbero essere considerati tra gli esseri umani meno stupidi dell'intero globo terracqueo, soliti come sono a non restare mai più di pochi mesi sulle stesse posizioni.
Da quando Claudia aveva lasciato Oscar, il quartiere e tutto il resto non erano passati neanche dieci anni pieni ma già erano cambiati cinque governi.
Il primo, andato a scadenza naturale, era stato un governo di centro sinistra salito come secondo durante la sua legislatura; aveva la stessa maggioranza dell'altro, ma alla lunga i diversi equilibri interni ai partiti che la formavano avevano obbligato il primo esecutivo ad andare a casa.
Dopo le elezioni, fallimentari per tutti i partiti che avevano governato fino a quel momento, la maggioranza aveva racchiuso l'intero campo delle forze che si definivano di destra, dagli estremisti più duri e puri a quei centristi forse meno idealisti e più poltronari che in passato avevano governato anche con il centrosinistra.
I pochi che avevano sperato che una tale formazione avrebbe garantito stabilità politica per l'intero quinquennio si erano dovuti ricredere non una ma ben due volte, tanti erano stati i cambi di esecutivo.
E la causa era sempre la stessa, differenti rapporti di potere che per questo o quel motivo si creavano e disfacevano tra i partiti.
Si era trattato sempre di governi guidate da uomini e con una scarsa presenza femminile tanto a livello numerico quanto a livello produttivo, come se le poche donne presenti fossero più messe lì a mo' di trofei invece che in quanto personalità capaci di svolgere il loro mestiere.
Malgrado la poca pace interna la maggioranza di destra era riuscita, lasciando tutti sorpresi, a giungere fino alla fine della legislatura senza la necessità di andare prematuramente ad elezioni.
Non erano però stati in grado di soddisfare l'elettorato abbastanza da far ripetere l'esperienza, tanto che, per quanto apparisse incredibile, dalle urne era uscito come primo partito non in coalizione il PcdI, proprio quei comunisti che un tempo facevano tanta paura ma mai troppi voti.
Era stata una sorpresa per tutti, compresi i diretti interessati che mai si sarebbero immaginati di raggiungere tali risultati.
Ovviamente ciò non era bastato a dare all'estrema sinistra la maggioranza in parlamento, ma era nata rapidamente una coalizione con il Psu, Partito Socialista Unitario, e la Usd, Unione Socialdemocratica.
Il governo aveva giurato davanti a un Presidente della Repubblica appena eletto, il conservatore laico Maurizio Gabriele Rigaretti, il giusto ed unico compromesso tra tutte le forze presenti in parlamento.
L'esecutivo era guidato da un socialdemocratico, l'ex professore di Sociologia dell'Università di Bologna Federico Passalacqua, e a fargli da vice erano stati scelti, ovviamente, un rappresentate per ognuno degli altri due partiti di governo; il socialista Lorenzo Cavalleri e il comunista fino al midollo, come amava definirsi, Vincenzo Astori.
I due detenevano inoltre rispettivamente il dicastero della Giustizia e degli Interni.
I restanti Ministeri erano stati spartiti con un minimo di logica, secondo le percentuali elettorali e cercando personalità capaci.
Il Ministero della Salute era andato al PCdI, che era stato l'unico a mettere al governo, proprio in questo dicastero e in quello per le politiche giovanili e familiari, una componente femminile.
Più rara ancora di quella presente nei precedenti governi, insomma, e pensare che i rivoluzionari sarebbero dovuti essere loro, avevano commentato in molti.
Ma certamente si era preferito far leva sulla preparazione delle donne nell'esecutivo più che sul loro numero.
Il Presidente del Consiglio aveva ben scelto le due giovani ministre del suo governo, sicuro che sarebbero state ottime risorse.
Entrambi ancora lontane dal compiere trent'anni si erano dimostrate intelligenti e capaci.
In quel governo così di sinistra e interessato alle politiche sociali era andato a Lucia Menghella, di origine piemontese, il dicastero per i giovani e la famiglia, studiato ad hoc all'inizio della legislatura, mentre per quello della salute si era scelto una neuropsichiatria infantile romana, Claudia Petrolini.
La giovane figlia del libraio aveva fatto carriera in fretta da quando si era iscritta al partito, ed in soli sei anni, ancora ventisettenne, si era trovata a giurare come Ministro al Quirinale, anche lei incredula di come la sua vita sembrasse finalmente appagante.
Benché l'elezione alla Camera e la successiva nomina come membro del governo non le avessero permesso di praticare a lungo come dottoressa si era, nel poco tempo in cui era stata medico all'ospedale infantile della capitale, distinta per la capacità nel mestiere e la rara umanità con si rapportava con tutti; i piccoli pazienti, i loro genitori e i colleghi.
E lo sesso modo di fare l'aveva conservato tra i banchi del parlamento e del governo, dove spesso gli atteggiamenti erano molto più animaleschi.
Era diventata una donna forte e carismatica, indipendente sul lavoro quanto nella vita privata, malgrado tentasse di tenere su questa il più assoluto riserbo.
Aveva sposato davvero Davide nella primavera dei suoi ventidue anni, a un paio di settimane dal giorno in cui, senza neanche poterlo immaginare, cinque anni dopo avrebbe prestato giuramento come Ministro.
A venticinque anni, nel 2008, dopo una gravidanza tranquilla e felice aveva messo al mondo Guido.
Era un giorno di inizio ottobre in cui Roma era ancora immersa in un calore estivo tutto suo, un sabato mattina in cui i parchi brulicavano di bambini e famiglie felici.
Era già autunno, la stagione triste in cui gli alberi perdono le foglie e tutto sembra avere meno vita del solito, eppure alla giovane coppia era piaciuto vedere per la prima volta il loro bambino in una giornata simile.
Guido era nato con parto naturale e senza troppi problemi, anche se mentre le infermiere lo portavano via un brusco calo di pressione aveva, per pochi attimi, fatto temere per la salute della madre. Ma tutto si era poi rapidamente risolto semplicemente con un brutto spavento, per fortuna, e Claudia si era subito ripresa con negli occhi la gioia di tutte le neo-mamme.
Il bambino somigliava molto al padre nei tratti del viso, ma i colori di occhi, pelle e capelli erano quelli chiari e delicati della mamma e del nonno.
Per il signor Oreste si era trattato del terzo dei quattro nipotini che i figli gli avevano dato dopo Tommaso, nato nel 2004, Leonardo, del 2007, e prima della piccola Alice, arrivata nel 2010 e quasi certamente destinata ad essere la più piccola e l'unica femmina di quel gruppo di cuginetti.
Arrivati al terzo figlio, infatti, Gianluca e la moglie avevano deciso che la loro famiglia poteva definirsi completa e Claudia, che pure avrebbe voluto almeno un altro bambino, con l'elezione e il lavoro aveva preferito non tentare l'impossibile ma far semplicemente conciliare gli impegni con la voglia di crescere suo figlio.
Ci riusciva abbastanza bene, nonostante essere ministro non fosse semplice.
Soprattutto perché, pochi mesi prima, dopo tre anni di legislatura, lei e gli altri ministri del suo partito avevano dato in massa le dimissioni togliendo l'appoggio al governo e obbligando il Presidente della Repubblica a sciogliere le camere e indire nuove elezioni.
Non era stata una decisione presa alla leggera, come qualcuno pensava, ma secondo i comunisti erano venuti meno i punti fondamentali dell'alleanza che aveva dato vita al governo guidato da Passalacqua e, dopo alcuni giorni di discussioni interne tra i ministri e i dirigenti del partito la scelta era stata fatta senza possibilità di tornare indietro.
Claudia aveva così passato le ultime settimane dividendosi tra la Camera, dove ancora era deputata, e la campagna elettorale, iniziata almeno ufficiosamente subito dopo la perdita della fiducia del governo e le dimissioni del primo ministro. L'Onorevole Petrolini, vicina al suo trentunesimo compleanno, era una donna in forma fisica eccellente, non esageratamente alta ma con un fisico perfetto che vestiva sempre elegantemente in abiti mai troppo costosi, perché la sobrietà era per lei un punto imprescindibile del suo modo di vivere, a prescindere dal legarla o meno alla sua ideologia politica.
Era, inoltre, una persona molto attiva e tutti i giorni faceva il possibile per fare un poco di sport, a casa o fuori, anche se il minimo di scorta a cui era spesso sottoposta per via del suo ruolo risultava, il più delle volte, un grosso impedimento.
Nonostante questo l'ultimo periodo prima delle elezioni, quel periodo che stava vivendo, era stato per lei esageratamente faticoso, tanto da farle seriamente domandare se valesse davvero la pena di continuare con quella vita o non fosse meglio lasciar prendere e cercare il modo di tornare a fare il medico, occupazione che aveva abbandonato – e non solamente messo in pausa come i più erano soliti fare – quando era stata eletta tre anni prima.
Ma si trattava di pensieri che lasciavano il tempo che trovavano, la politica era la sua vita e finché avrebbe potuto avrebbe continuato in quella direzione.
Solo che la stanchezza si faceva sentire prepotente, durante quelle settimane, tanto che più di una volta si era vista costretta ad abbandonare l'aula di Montecitorio ben prima della fine della seduta, perché non si reggeva in piedi o iniziava a non comprendere più nulla di quello di cui si stava discutendo.
Per lei quella era una situazione scomoda; un po' perché amava quello che faceva e detestava lasciare le cose a metà, ma anche perché stavano iniziando a girare su di lei voci ed affermazioni poco carine che la dipingevano come una donna assetata di potere e legata ala poltrona soprattutto quando questa era di una certa importanza, in quanto rarissime erano state le sue assenze ai tempi del governo – qualcuna dal tutto fisiologica essendo le madre di un bambino piccolo – ma dal momento in cui era tornata una semplice deputata il suo scranno era vuoto non poi così saltuariamente.
Non si considerava un'assenteista, Claudia Petrolini.
Anzi, faceva il possibile per sfruttare le sue forze fino all'ultima in quei momenti tanto convulsi, ma il problema era proprio che le sue forze, quelle su cui aveva da sempre fatto affidamento a ragione, stavano venendo meno.
Il peggio, poi, era accaduto circa una settimana prima, ad un mese esatto dalle elezioni.
Mancavano poco alle dieci di sera e in aula si stava protraendo una discussione che durava dall'inizio del pomeriggio ed era più sterile di un ibrido.
Non si facevano mai profonde e fondamentali discussioni a così poco dalle e elezioni e con il parlamento sciolto, era logico, era di prassi e forse era pure scritto in modo ufficiale da qualche parte. Ma dire una parola in più o in meno, in campagna elettorale, poteva essere importante per spostare qualche migliaio di voti che si sarebbero potuti dimostrare vitali.
Claudia ascoltava annoiata quella discussione che rimbalzava dal centro destro dell'emiciclo a quella sua stessa estremità per far capire ancora una volta che la mega coalizione che aveva governato per cinque dei dieci anni precedenti non sarebbe risorta dalle sue ceneri come l'araba fenice.
Non quella volta, almeno.
La deputata, ogni tanto, lanciava occhiate compassionevoli al presidente di turno che, probabilmente, seguiva la faccenda con meno interesse di lei.
Per il resto del tempo faceva di tutto per tenersi sveglia.
Dalle otto, ora in cui aveva preso qualcosa per cenare, aveva già bevuto due caffè e tentanto di non addormentarsi giochicciando col suo tablet, leggendo le mail e addirittura provando a dare un senso alle parole dei contendenti del dibattito, ma era stato tutto inutile, stava banalmente morendo di sonno.
Si alzò per andare in bagno a guardarsi allo specchio quando per la seconda volta in pochi minuti fu scossa da un brivido di freddo, un brivido troppo fuori luogo essendo inizio maggio.
Alla toilette delle signore vide nel pezzo di vetro riflettente un volto – il suo – di un bianco cadaverico molto lontano dal potersi definire in salute.
In automatico si portò la mano destra alla fronte mentre con la sinistra si reggeva al lavabo, improvvisamente spaventata dall'idea di poter cadere svenuta lì, nei bagni di Montecitorio.
Era bollente.
Almeno per quella sera tutta la stanchezza che era solita attribuire allo stress del periodo o alla primavera poteva essere semplicemente spiegata dal febbrone da cavallo che era quasi del tutto certa di avere.
Sospirò e tornò in aula per raccogliere le sue cose e andarsene a casa prima di trovarsi in condizioni tali da non reggersi neanche in piedi.
Un paio di colleghi a lei vicini la notarono mentre sistemava la borsa e rimasero stupiti da questo, perché a differenza di molti altri conoscevano il vero amore della donna per il suo lavoro e sapevano che solitamente era tra gli ultimi a lasciare la seduta anche quando questa andava avanti fino a parecchio dopo il tramonto.
- Già te ne vai, Claudia? Guarda che questi secondo me tra un po' iniziano a picchiarsi e la cosa diventa divertente.- Aveva scherzato il primo.
La giovane donna aveva accennato un sorriso debole come era lei in quel momento. - Lo immagino, ma temo che vi toccherà raccontarmi di questo imperdibile finale domani. Sono distrutta, se non vado a casa adesso finirà che qualcuno dovrà raccogliermi con un cucchiaino.-
Sorrise di nuovo.
Ma l'altro collega, quello che ancora non aveva parlato, aveva capito che qualcosa nella donna non andava. - In effetti sei pallidissima, sicura di stare bene? Avvicinati un po'.- Disse facendo il gesto di allungare la sua mano verso la fronte di Claudia.
La ritrasse subito dopo averla sfiorata, con i sensi quasi sconvolti da quell'incontro col fuoco.
- Ma tu scotti! Vuoi un passaggio fino a casa?- Claudia fece segno di no con la testa. - No, mi appoggio in un appartamento qui vicino, dovrei riuscire ad arrivarci benissimo da sola, voi continuate pure a godervi lo spettacolo, ci vediamo domani.- Li salutò mentre un ennesimo brivido le correva lungo il corpo.
- Facciamo anche dopodomani, lascia perdere le dicerie che si sentono in giro e vedi di riposare.- Le rispose il secondo che, conoscendola un poco anche a livello umano oltre che professionale, sapeva benissimo quanto fossero fastidiose per lei le accuse di assenteismo.
La donna annuì e li salutò nuovamente per poi abbandonare l'aula e il palazzo il più rapidamente possibile.
Fuori la notte romana era tiepida, l'estate pareva non volersi far attendere troppo, ma lei, ovviamente, continuava ad avere sempre più freddo.
Solitamente viveva in un bell'appartamento a Viale Marconi insieme al marito ed il figlio.
Davide Margiotta, il suo grande amore, era magistrato e avrebbe preferito trasferirsi in zona Prati, più vicino alla procura, ma sapeva che la moglie era molto legata a quella casa dove erano arrivati appena prima della nascita di Guido.
Quando era stata eletta aveva comprato un piccolissimo monolocale, una soffitta, vicino a Montecitorio, ed era lì che andava a riposare quando finiva di lavorare troppo tardi.
Non era stato economico come acquisto, ma pazienza, si era sempre rivelato utile e i soldi non erano per loro un così grande problema.
Claudia, come altri colleghi, aveva rinunciato allo stipendio da ministro e percepiva solo quello da deputata – ovviamente privo di ogni indennità visto che viveva a Roma – mentre il marito aveva il suo da procuratore ed era logico che se la cavassero bene anche con un bambino da crescere.
Erano poi una famiglia molto sobria, che non amava ostentare il suo denaro ma anzi preferiva vivere con il giusto e mettere via il resto per non avere paura del futuro o levarsi qualche sfizio più o meno necessario.
Come quell'appartamento vicino alla Camera dei Deputati in cui, quella sera, Claudia arrivò con appena la forza di tirare fuori dall'armadietto dei medicinali il termometro e la Tachipirina che teneva lì per ogni evenienza assieme ad altri farmaci generici.
La febbre era alta, l'apparecchio segnava un 39,7 che non lasciava spazio a dubbi.
Assunse una pastiglia di paracetamolo e cercò un ultimo briciolo di energie per chiamare il marito.
- Da'...- Sussurrò al telefono.
- Claudia! Ti senti male?- Rispose l'uomo preoccupato dal tono di voce della moglie.
- Sì... sono a casa qui in centro... ascolta, ho la febbre e anche abbastanza alta... domattina dopo aver portato Guido all'asilo, prima di...- Respirò affannosamente e capì di essere stremata. - Di andare a lavoro... puoi passare?-
- Certo, ma sicura che tu non abbia bisogno di qualcosa stanotte?-
- No.. no stai tranquillo, ho preso la Tachipirina e ora dormo. Non dire niente né a Guido né a mio padre se per caso ti chiama... buonanotte amore... ti amo...-
Davide rimase stupito dalla rapidità con cui lei aveva posto fine alla conversazione, ma capì benissimo che doveva essere molto debole.
Così si limitò a rassicurarla e ricambiare il suo ti amo, anche se poi ci mise parecchio a prendere sonno, preoccupato dall'idea che durante la notte potesse accaderle qualcosa.
Claudia, invece, si era rapidamente addormentata in biancheria e coperta appena da un lenzuolo, perché malgrado il freddo che continuava a sentire sapeva che presto avrebbe iniziato a sudare.
E non solo a causa della febbre, visto che erano parecchie notti che si svegliava completamente zuppa.
La mattina seguente, ovviamente, Davide la trovò in un bagno di sudore e ancora con la temperatura elevata, anche se meno alta della sera prima.
Non avendo grossi impegni di lavoro si prese un giorno di ferie per farle compagnia.
Claudia non era stata affatto bene per quasi tutto il giorno; malgrado i farmaci la febbre era scesa poco o niente e la donna non aveva fatto altro che dormire, ma al marito tenerla stretta mentre riposava era bastato.
Verso sera, quando finalmente lei aveva dato i primi segni di miglioramento, lui l'aveva convinta ad avvisare il padre.
Il signor Oreste non sapeva ancora nulla.
Come al solito aveva passato la giornata in libreria, anche se con l'avanzare degli anni vi stava sempre meno, e poi era andato a prendere Guido all'asilo per portarlo a casa della figlia.
A differenza dei nipoti avuti da Gianluca, che come la moglie faceva orari lavorativi che gli consentivano di andare a prendere i ragazzini a scuola tutti i pomeriggi, il bambino di Claudia era affidato al nonno materno fino al rientro serale dei genitori.
E spesso i due, per un motivo o per un altro, tardavano.
Per questo motivo neanche le otto di sera l'uomo si era stupito vedendo la casa vuota, immaginando che fossero impegnati uno in un'aula di tribunale e l'altra in quella di Montecitorio.
Anche Guido non aveva fatto particolarmente caso all'assenza dei genitori. Durante la settimana era abituato a vederli poco, ma aveva capito che quando erano a casa, nei weekend o nei giorni di vacanza, erano tutti per lui.
Rispose al telefono fisso controvoglia, Oreste Petrolini, perché non gli andava di rischiare di dover fare le veci della figlia scoprendo dall'altra parte della cornetta qualche suo collega, ma qualcosa, forse l'istinto di padre, gli disse che quello squillare non aveva a che fare né con le istituzioni né con il lavoro di Claudia in generale.
E in fatti si ritrovò a parlare proprio con la sua bambina, come affettuosamente ancora la chiamava.
- Claudia! Che succede? Ancora a lavoro sia te che Davide?- Le domandò subito.
La donna, che aveva ancora la voce indebolita, rispose cercando di rassicurare il padre.
- No papà, ieri sera sono venuta via da lavoro prima perché non stavo bene e sono venuta a stare qui, nell'appartamento che abbiamo in centro. Stai tranquillo, si tratta solo di una brutta influenza fuori stagione, ma ho avuto la febbre alta e tutto oggi Davide è rimasto qui con me. Volevamo chiederti se te la senti di stare con Guido per questa notte, così io non sto sola ma neanche il mio piccolo, e questo mi pare molto più importante.-
Il signor Oreste deglutì. Anche se la figlia gli aveva detto di stare tranquillo, che non le era accaduto nulla di grave, a lui l'idea che potesse non stare bene terrorizzava.
Ma decise di non riempirla di domande ed ansie inutili e di accettare la sua richiesta di buon grado.
Si inventarono una storia per il bambino, che rimase felicemente assieme al nonno dopo aver salutato al telefono i genitori, e si diedero la buonanotte.
Claudia e il marito tornarono a casa il pomeriggio successivo, e la donna si ristabilì completamente in una paio di giorni, riuscendo a tornare a lavoro entro la fine della settimana.
Il sabato sera successivo tutto era ormai un ricordo lontano, tranne per il piccolo Guido che avrebbe passato nuovamente la notte col nonno materno ma, questa volta, a casa di quest'ultimo.
Il motivo però era molto più felice, perché i genitori erano andati a passare una bella serata in compagnia di alcuni colleghi della donna.
Niente di politico, una semplice cena tra amica alla quale Claudia aveva partecipato vestita e truccata con la sua solita eleganza, quella che la contraddistingueva anche nelle occasioni ufficiali.
Erano tornati a casa molto tardi ma ancora con la voglia di chiacchierare, soprattutto perché la maggior parte dei presenti a quella cena non era mai stata conosciuta prima da Davide se non tramite la televisione o i giornali.
Si stavano preparando per andare a riposare e Claudia era in bagno a struccarsi, sciogliendosi finalmente i lunghi capelli castani che, come sempre, aveva raccolto per bene in uno chignon abbellito per l'occasione serale da qualche forcina e molletta luccicante.
- Dovresti smetterla di tenere i capelli legati, ti invecchiano.- Rise il marito guardandola nello specchio.
- Mi invecchiano di quanto, scusa? E poi meglio, no? Qualcuno potrebbe pensare male se si sapesse quanto sono giovane e quante cose ho già fatto. Aveva riso lei, che spesso scherzava su quanto davvero fosse stata assurda la rapidità con cui aveva fatto carriera.
Davide entrò nel bagno e la strinse alla vita baciandole il collo.
Si guardarono nello specchio così, abbracciati.
Malgrado i dieci anni di matrimonio, il bambino sempre più vicino all'iniziare le elementari e i loro ruoli si vedevano sempre giovani ed innamorati come a vent'anni.
Era vero che Claudia con i capelli legati sembrava più vecchia, ma era anche vero che quando erano sciolti le incorniciavano un viso dolce con dei lineamenti ancora infantili, quel viso che solo Davide poteva ammirare e che agli altri era vietato comprendere nel profondo proprio perché la donna faceva il possibile per eliminare quella cornice naturale raccogliendo la sua chioma in code e chignon per mostrare al mondo sempre e solo il suo volto, truccato ed elegante proprio com'era lei.
Rimasero abbracciati a lungo guardando il riflesso del loro amore.
Poi, in modo totalmente naturale, si staccarono e tornarono a cambiarsi per la notte.
Avrebbero voluto fare l'amore ma erano stanchi, troppo anche per amarsi.
Si sarebbero addormentati abbracciati come sempre accadeva in quelle serate fisicamente devastanti, magari scherzando ancora una volta su questo o quell'altro collega della donna.
In fondo erano così giovani, ce ne sarebbe stato ancora parecchio di tempo per stare insieme.
Appena prima di coricarsi, passando distrattamente una mano dietro al collo Claudia sentì una sporgenza e si affrettò a lasciar cadere sulle spalle la chioma castana per evitare che il marito se ne accorgesse.
Non era la prima volta che la sentiva e non fu neanche la prima volta che la ignorò.
Era giovane, dopo tutto, giovane e oltremodo impegnata.
Ci sarebbe stato anche tempo per capire cosa fosse quello, malgrado già sorridesse pensando che potesse essere un difetto fisico venuto a dirle che Davide aveva ragione.
Glielo sussurrò appena mentre lui già dormiva.
- Forse non ti sbagli, dovrei sciogliere più spesso i capelli...-
Non cercò neanche di capire se l'avesse sentita o meno.
Sprofondò tra le braccia di Morfeo dimenticandosi anche di quel bozzo all'inizio della schiena che, in qualche angolo remoto del cervello, per qualche assurda ragione, le faceva anche paura.
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Ricordati di guardare il tramonto
ChickLitClaudia ha poco più di trent'anni ed è gravemente malata. E lo sa. Lo sa solo lei, e lo sa perché è laureata in medicina, non perché abbia fatto visite o analisi di alcun tipo. Per quelle non ha tempo, tra la famiglia, il lavoro in politica, la cam...