Capitolo VIII

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Capitolo VIII


Trovarsi nel traffico dei pendolari che la mattina raggiungevano Roma dalla periferia non era certo uno degli obiettivi della vita di Claudia.
Per questo anche se ci aveva spesso pensato non aveva mai provato a trasferirsi al mare o più in generale fuori dal Raccordo, per quanto amasse le località piccole non era fatta per svegliarsi all'alba e affrontare tutta quella confusione ogni mattina.
Non che la situazione nella capitale fosse migliore, soprattutto per chi come lei non viveva proprio incentro e impiegava molto a raggiungere il posto di lavoro, ma Claudia considerava il traffico cittadino quasi più sopportabile di quello periferico, forse per la varietà di persone e situazioni che si osservavano anche stando fermi tra le macchine con addosso il classico nervosismo da automobilisti.
Quella mattina, oltretutto, era tesa per la visita, e tutta quella confusione non faceva altro che distrarla dal ricordare tutto ciò che avrebbe dovuto dire a Francesco.
Sapeva di essere in una situazione diversa da quella in cui si trovavano altri pazienti, e non solo per il fatto di conoscere il medico con cui stava andando a parlare da molto prima che diventasse dottore.
Da quando la sera precedente aveva spento la telefonata era stata a lungo a meditare su se stessa, ed era giunta alla conclusione di sapere ormai da settimane cosa stesse accadendo al suo organismo, semplicemente, fino a quel momento, non aveva avuto il coraggio di ammetterlo.
Era stata la morte di Oscar a cambiare le cose, inutile negarlo.
Parcheggiò vicino all'ospedale quando mancava un quarto d'ora alle nove, giusto il tempo di arrivare allo studio.
Non aveva fatto colazione, e anche se la fame cominciava a farsi sentire decise di continuare su quella strada, sapendo che essere digiuna poteva farle comodo quella mattina.
Conosceva Francesco Riganase da quando era entrata a medicina.
Lui era al secondo anno e lei lo aveva contattato per comperare alcuni appunti per un esame.
Il commercio di appunti per certi appelli andava alla grande, tanto che più volte lei si era rivolta a lui fino a che non si erano conosciuti così bene da diventare amici.
A quel punto Francesco aveva smesso di farglieli pagare, le passava gli appunti gratuitamente, aveva di certo guadagnato qualcosa di più importante con quella amicizia.
Erano rimasti in stretto contatto fino a che Claudia non era stata eletta, poi la loro amicizia era rimasta forte ma si erano sentiti sempre meno.
Quando la sera prima la donna gli aveva telefonato lui era rimasto non poco stupito, anche perché aveva capito quasi subito che quella non era una chiamata di cortesia ma una richiesta di aiuto fatta da una donna ammalata a un medico.
E lui aveva avuto un terribile presentimento, perché era oncologo.
Leggere il nome della specializzazione dell'amico sulla porta d'ingresso del reparto la fece tremare.

Non poteva essere, continuava a ripetersi, ma sapeva benissimo che no, non era lì solo per semplice scrupolo.
La ricevette quasi subito, ed entrambi preferirono perdere qualche minuto a chiacchierare. Non sarebbero di certo stati quelli a modificare la situazione di Claudia.
- Non ho mnai votato sinistra e non credo lo farò mai.- Aveva detto Francesco mentre parlavano. - Ma devo ammettere che mi faceva sentire orgoglioso essere amico tuo.-
La donna aveva riso, perché non era la prima volta che glielo sentiva dire.
- Sì, ma è stato un periodo molto stancante, forse troppo.- Era stato il commento di Claudia.
E non l'aveva di certo fatto a caso; voleva introdurre lentamente il discorso legato alla sua salute, ma non era ancora pronta del tutto ad ascoltare la verità.
L'uomo, che aveva tutta la sensibilità richiesta a chi faceva il suo lavoro, capì subito le intenzioni dell'amica e la aiutò a gestire la conversazione rispettando i suoi tempi.
- Me lo dicevi ieri sera al telefono. Si vede che sei stanca, non hai il viso riposato di tempo fa.-
- Figurarsi. Oltre al lavoro c'è poi anche la famiglia, e non voglio togliere tempo a mio figlio. Posso immaginare bene come soffra nel vedermi poco, e non credo sia il caso di stare con lui ancora meno solo per riposarmi.-
Dopo quella affermazione le si formò un groppo in gola, perché sapeva che, se i suoi cattivi presentimenti si fossero dimostrati corretti, si sarebbe dovuta allontanare dal suo bambino ancora più a lungo.
- Già, tuo figlio. Guido, vero? Quanti anni ha adesso?-
- Cinque e mezzo, quasi sei, a settembre inizierà la prima elementare.-
Francesco sorrise. - Mamma mia come passa il tempo, credo ne avesse due o tre l'ultima volta che l'ho visto.-
Un lieve sorriso comparve anche sulle labbra di Claudia.
Fu quando non ebbero più nulla di bello da raccontarsi che l'uomo le fece capire che era arrivato il momento di andare al punto.
- Non sto bene, da mesi, forse da prima che cadesse il governo.-
- Ed è la prima visita che fai? Non hai sentito neanche il medico di base?-
- No, non ho fatto nulla. Ma magari ho fatto bene, sarà solo stress.-
Il dottor Riganese scosse la testa.
La conosceva troppo bene per credere a quelle parole, sapeva che se era lì era perché aveva smesso di credere che la causa dei suoi malori fosse lo stress.
- Va beh... non ti dico nulla perché credo dovresti sapere ciò che stai facendo, ma dimmi più nel dettaglio qual è la sintomatologia.-
Claudia si sistemò sulla sedia e si sfregò le mani sudate una contro l'altra.
Era agitata, agitatissima.
- Ho perso peso, appetito, forza. Sudo molto la notte e in due settimane ho avuto due volte la febbre, cosa alquanto strana per me.-
- Claudia...- Se fino a quel momento il medico aveva ancora sperato che la situazione fosse diversa ora i sintomi lasciavano davvero pochi dubbi.
- Aspetta, non è tutto.- Aggiunse la donna raccogliendosi i capelli con le mani.
Si alzò e andò oltre la scrivania, vicino all'amico.
- Circa un mese fa ho scoperto questo.- Disse indicando il bozzo che aveva sul collo
Riganese lo sfiorò con due dita e sospirò.
- Se un medico, dannazione. Una persona qualsiasi sarebbe addirittura corsa in pronto soccorso con sintomi simili, e tu stai male da mesi fingendo che non sia nulla di importante?-
La deputata si irrigidì.
- Forse una qualsiasi altra persona non sarebbe stata impegnata con la fine di un governo e la successiva campagna elettorale, forse.-
Il suo tono era tra l'infastidito e l'ironico, e il medico sospirò ancora.
Non voleva offenderla, ma non poteva credere al modo in cui aveva lasciato perdere la sua salute per stare dietro al lavoro.
- Immagino che la tua famiglia si sia accorta della situazione e tu abbia fatto il possibile per tranquillizzarli.-
- Sì, anche se dubito abbiano smesso di preoccuparsi davvero. In ogni caso ora sono qui e questo è l'importante, no?---
Il medico lasciò perdere.
No, non era quello l'importante.
Aveva detto chiaramente che le sue condizioni si stavano aggravando da molto tempo, e non era positivo.
Francesco Riganese ebbe improvvisamente voglia di affidare l'amica ad un collega, non voleva essere lui a sapere cosa le stesse accadendo.
Si riprese dopo un attimo, però, e lasciò perdere quei pensieri perché sapeva che lei, in quel momento, ancora più che di un medico aveva bisogno di un amico.
- C'è altro?-
Claudia annuì. - Dolori al fianco, alla schiena e difficoltà a respirare, talvolta forti.-
- Quale fianco?-
- Il sinistro.- Rispose a voce bassa.
Francesco le si avvicinò e le alzò la maglia per tastarglielo.
- Splenomegalia, la milza si tocca fin troppo bene, spero solo non ci sia bisogno di asportarla in futuro. Per quanto riguarda la schiena e le difficoltà respiratorie, invece, iniziamo con delle lastre e se necessario procederemo poi con altri accertamenti più specifici. Ora faccio un paio di telefonate e cerco di capire se abbiamo possibilità di iniziare subito le analisi.
Ci sarebbero inoltre da fare emocromo completo e biopsia del linfonodo.-
- Sarebbe meglio un agoaspirato.- Commentò la donna. - In questi giorni non sono a casa e forse dopo una biopsia guidare fino ad Ostia è più complesso.-
Il medico annuì, poi rimasero in silenzio mentre lui chiamava in giro per l'ospedale alla ricerca di un posto dove poter fare questo o quell'altro esame.
Sapevano entrambi che ciò che stavano facendo era molto discutibile da un punto di vista legale, senza contare il poco rispetto verso chi per fare quegli esami aspettava settimane o mesi, ma non gli importava molto.
Non importava a Claudia, che pur dispiaciuta per quel "privilegio" ottenuto sapeva di non poter attendere oltre, e non importava a Francesco, che prima ancora delle regole rispettava la missione che aveva come medico, ovvero fare tutto il possibile per salvare vite umane.
Fu una mattinata lunga e pensante.
Claudia da anni non era più abituata a fare la paziente, e pur conoscendo bene nella teoria le analisi a cui si stava sottoponendo si sentiva in soggezione, quasi più spaventata da quelle che dai possibili risultati.
Chiese esplicitamente all'amico di non fare commenti né espressioni di nessun genere mentre le eseguivano le lastre, perché desiderava sapere poi tutto insieme, anche se immaginava già che, almeno in parte, l'esito di quegli esami sarebbe stato il bisogno di nuovi approfondimenti.
Quando fu pomeriggio i due si fermarono a mangiare qualcosa alla caffetteria dell'ospedale.
Per Claudia era il primo pasto della giornata, e fu contenta di frenare in qualche modo il brontolio del suo stomaco e i giramenti di testa.
- Inutile dire che se si fosse trattato di un'altra persona avrei ordinato il ricovero immediato.- Aveva detto Francesco mentre si accomodavano.
- Sì, sì lo so, infatti ti ringrazio. E ti chiedo di fare il possibile affinché non escano notizie di alcun genere.-
- Neanche a dirlo, stai tranquilla. Piuttosto mi lascia perplesso il tuo essere sola ad Ostia e l'aver deciso solo adesso di farti visitare.-
La donna fece un leggero sbuffo e tamburellò con le dita sul tavolo gettando lo sguardo altrove, alla ricerca di qualcosa di meglio della sua via, ma era difficile trovare felicità nel bar di un ospedale.
- Li segui i telegiornali? Non dico le notizie di politica o di economia, paro della cronaca.-
- Sì, non tutto ma abbastanza, perché?-
- E hai sentito di quell'uomo che si è tolto la vita la scorsa settimana buttandosi da un palazzo in costruzione?-
- Sì, qualcosa la ricordo. L'ennesimo suicidio di un disoccupato che ha perso le speranze di una vita migliore, così mi pare abbiano detto.-
- La versione ufficiale è sempre quella, e pazienza se le cose stavano davvero così o meno. In ogni caso non è questo il punto... il fatto è che quell'uomo era il mio migliore amico, o almeno lo è stato fino a che non mi sono iscritta al partito dieci anni fa.
Non lo sentivo da così tanto tempo... eppure la notizia mi ha lasciata completamente sconvolta.-
Francesco la guardò con occhi quasi compassionevoli e le prese le mani.
- Oh, Claudia... sono terribilmente dispiaciuto...-
La donna si asciugò gli occhi umidi di lacrime e riprese a parlare. - Dopo il funerale ho pensato di aver bisogno di stare qualche giorno da sola, e ieri sono partita per Ostia. La solitudine mi ha portato a riflettere, e unita al fatto che domani sarà il decimo anniversario della scomparsa di una donna malata di linfoma lascio a te le conclusioni.-
Il medico annuì, lei abbassò di nuovo lo sguardo.
Era tragico pensare che per accettare quello che stava accadendo al suo corpo era dovuta passare per la morte del suo migliore amico, anche se una parte di lei le diceva che quello era stato il suo particolarissimo modo di salutarla ed aiutarla.
- Per giovedì dovremmo avere i primi risultati, riesci a tornare?-
- Naturalmente.-
- Allora ci vediamo dopodomani, hai bisogno di qualcosa?-
- No... no, sto bene, nessun problema.-
- Mh, ok...- Rispose l'uomo poco convinto. - Mi raccomando però, se ti senti male corri in ospedale. So che vuoi evitare che la notizia si sappia in giro, ma non puoi rischiare. Anche se non abbiamo ancora i risultati delle analisi è ormai innegabile il fato che tu sia ammalata, e non puoi fingere ancora.-
La donna annuì.
Parlavano sempre in modo ipotetico, ma ormai era certa che di lì a poco la sua vita sarebbe cambiata.
Si salutarono che erano le cinque del pomeriggio.
Il dottor Riganese aveva perso l'intero martedì, giorno che quella settimana aveva libero, ma non pensava si trattasse di uno spreco.
Provava solo una grande tristezza nel sapere del grosso ostacolo che si era posto sulla strada della vita dell'amica.
Una vita così bella, la sua, da non poter ammettere un dramma simile.
Claudia, invece, cercò di pensare ad altro, dopotutto erano settimane che sapeva.
Tornò a casa e chiamò il marito.
Sentì lui e il figlio per telefono, poi chiamò il padre ed in fine si fece una doccia.
Si comportò esattamente come quando era via da casa per lavoro, e quando mancava poco alle otto uscì di casa per andare a cena al ristorante di Andrea e Roberto.
Come d'accordo non pagò, ma vista la stanchezza non riuscì a fermarsi a chiacchierare con i due.
Il giorno seguente lo passò con la loro famiglia a casa dell'uomo più giovane.
Durante la mattinata vi erano solo lui e il padre, e quando Claudia arrivò stavano iniziando a cucinare.
Senza neanche farlo apposta il discorso, per ovvie ragioni, cadde su Angela, la moglie di Roberto, e soprattutto sulla malattia che l'aveva strappata alla vita e all'amore dei suoi cari.
- Spesso sogno ancora che sia vicino a me, ma negli ultimi momenti, quando ormai la situazione era precipitata.- Aveva gli occhi lucidi, l'uomo, e il figlio lo abbracciò leggermente.
Claudia fece un mezzo sorriso molto dolce.
- Scusa,non dovrei metterti tristezza con questi discorsi.- Aveva sospirato guardandola, e la donna aveva risposto di non farsi problemi, di stare tranquillo e contare su di lei se avessero avuto bisogno di parlare, era lì anche per quello.
Nessuno dei due sapeva o poteva immaginare cosa Claudia stesse attendendo, e dal canto suo lei non aveva intenzione di parlarne.
Senza neanche volerlo fu però proprio la donna a spostare la discussione sulla malattia e le condizioni di Angela in quel periodo.
Solo quando erano rincasati Sonia e i figli, all'ora di pranzo, gli animi si erano un po' distesi, spostando le chiacchiere su argomenti più leggeri.
Nel pomeriggio avevano fatto quattro passi sulla spiaggia, e poi Claudia li aveva salutati poiché si erano mossi per andare al cimitero e non voleva intromettersi in un momento così privato.
Aveva passato la serata come quella precedente, rispondendo con poca voglia a un messaggio di Francesco che le chiedeva come stesse.
Non aveva cenato, la fame quel giorno le era passata subito dopo pranzo, ed era agitata, benché non fosse quella la causa della sua assenza di appetito.
Si era coricata presto, non erano neanche le dieci e mezza, ma aveva ugualmente impiegato molto tempo ad addormentarsi.
La mattina del giovedì aveva però avuto comunque difficoltà ad alzarsi, anche se era stupita di come fosse riuscita a riposare tranquilla.
Lasciò perdere le lenzuola, era ormai abituata a tutto quel bagnato, e scrisse un sms di buon giorno al marito come se andasse tutto bene.
Si era poi messa in macchina esattamente come due giorni prima, pronta ad affrontare il viaggio verso Roma.
Era partita con un leggero anticipo, così una volta parcheggiato si era potuta fermare a fare una buona colazione.
Qualcosa l'aveva già presa a casa appena sveglia, perché non mangiava da diverse ore e dubitava di poter guidare ancora una volta a stomaco completamente vuoto, ma si volle concedere qualche minuto di completo relax al tavolino di un bar in compagnia di cappuccino e cornetto.
Solo dopo aver pagato si sentì pronta per prendere il coraggio a due mani e andare dritta verso l'ingresso dell'ospedale senza voltarsi indietro.
Salì fino al piano del reparto di Oncologia e rimase alcuni istanti ferma a fissare quella parola, sentendo dentro gli stessi brividi di due giorni prima.
Dicevano sempre tutti, là fuori nel mondo, che non si pensa mai a come certe cose potessero accadere loro in prima persona.
Perché i drammi della vita si raccontavano, commentavano, giudicavano e compativano, ma non si vivevano mai.
Solo qualcuno ammetteva che non era sempre così e che se mai gli fosse capitato qualcosa lo avrebbe accettato e affrontato.
Accettare, affrontare, non avere paura e sperare.
Ma soprattutto vivere e respirare, prima, durante e dopo il dramma.
Perché per lei era ormai scontata l'idea di esserci in mezzo, ma non dubitava in nessun modo del fatto che ci sarebbe stato un dopo felice.
Respirò, fece il suo ultimo respiro del prima, e bussò.


Ricordati di guardare il tramontoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora